Aymeric Christensen.
Due immagini sono particolarmente evocative della riapertura di Notre Dame de Paris», spiega Aymeric Christensen, direttore del glorioso e autorevole settimanale cattolico La Vie. «La prima immagine è rappresentata dal nuovo gallo posto sulla cima della guglia di Viollet-le-Duc. Ha ali in fiamme, che ricordano una fenice, l’animale mitologico che rinasce dalle proprie ceneri. Inoltre, la Pietà situata nel coro della cattedrale conserva ancora un residuo di piombo fuso nella mano destra del Cristo, lasciato volutamente per ricordare l’incendio del 2019. Questi dettagli simboleggiano che, anche se ricostruita rispetto all’originale, Notre-Dame non sarà mai esattamente la stessa. Questo episodio ha solo aggiunto un nuovo capitolo alla sua lunga e ricca storia. Personalmente passando da lì (la redazione de La Vie non è molto distante) mi piaceva osservare il progredire dei lavori e non vedo l’ora di entraci con i miei figli»
Quale significato simbolico assume la riapertura della cattedrale per voi francesi?
«È innanzitutto una grande gioia per l’intero Paese, come un ritrovarsi con un caro amico che non si vedeva da tempo. Notre-Dame di Parigi è, in un certo senso, la cattedrale di tutta la Francia: non solo un luogo di culto, ma il simbolo di grandi eventi storici. Mentre la cattedrale di Reims è associata ai re (la maggior parte dei quali è stata incoronata lì), Notre-Dame appartiene al popolo. Questo legame profondo si è manifestato chiaramente la sera dell’incendio, quando migliaia di persone si sono radunate spontaneamente, molte pregando affinché le fiamme non distruggessero completamente l’edificio».
Per i cattolici francesi la gioia è ancora più grande, si immagina …
«Certamente. Paradossalmente, quel dramma, avvenuto all’inizio della Settimana Santa, è stato percepito come un segno da molti fedeli, specie alla luce dei tanti scandali che hanno coinvolto la Chiesa cattolica. Ha anche rappresentato un momento di consolazione, mostrando l’attaccamento popolare verso questo luogo e il fervore con cui si è subito iniziato a pensare alla sua ricostruzione. Oggi, la resurrezione della cattedrale è un segno che, lavorando insieme, è possibile non solo ricostruire ma anche rendere tutto più luminoso»
La riapertura di Notre-Dame è un successo per il presidente Macron, alle prese con il periodo più critico della sua epserienza politica, o lo è solo per la comunità cattolica francese?
«Più di ogni altra cosa è un successo per gli artigiani che hanno lavorato direttamente alla sua restaurazione in tempi così brevi. Macron ha giocato un ruolo importante, fissando, la sera stessa dell’incendio, un termine di cinque anni per la riapertura e creando le condizioni per rispettare questa sfida un po’ folle. Tuttavia, bisogna ricordare che lo Stato non ha finanziato questo restauro: sono state le donazioni, giunte da tutto il mondo – sia da grandi mecenati che da centinaia di migliaia di persone anonime e fedeli – a rendere possibile questo progetto».
Un po’ come alle origini, quando le cattedrali venivano finanziate dalla pietà popolare, oltre che da principi e re…
«Da questo punto di vista, il successo della ricostruzione rappresenta un attaccamento popolare quasi universale: nessuno voleva vedere scomparire Notre-Dame. Per quanto riguarda i cattolici e il diocesi di Parigi, sono stati molto discreti, quasi in secondo piano, durante questo periodo. Per loro, la vera sfida inizia ora: far sì che la cattedrale torni a essere un luogo di fede viva, e non solo un monumento da visitare.»
La restaurazione è stata definita un’impresa straordinaria, anche sotto il profilo della collaborazione tra Stato e Chiesa.
«Ciò che ha permesso di superare gli ostacoli – legali, tecnici e altro – sono state innanzitutto le somme colossali di donazioni arrivate spontaneamente: oltre 800 milioni di euro in pochi giorni. Grazie a queste risorse, è stato possibile mettere in campo tutto il necessario per ricostruire l’edificio. Per quanto riguarda le relazioni tra Stato e Chiesa, temo che non siano state così armoniose come potrebbe sembrare. Certo, la collaborazione per un obiettivo comune ha permesso di avanzare senza incidenti importanti, ma non sono mancati i punti di tensione. Ma nelle settimane precedenti la riapertura si è assistito a un vero braccio di ferro tra l’Eliseo e il diocesi per decidere a chi spettasse “l’appartenenza” della riapertura. In Francia, le cattedrali sono proprietà dello Stato, ma la diocesi ha diritti particolari come ente assegnatario. Per un luogo di culto, teoricamente, la vera riapertura dovrebbe essere una Messa. Tuttavia, Macron voleva ovviamente essere al centro dell’evento. Ci sono state discussioni anche sul fatto che il presidente potesse o meno pronunciare un discorso all’interno della cattedrale – in nome della laicità francese – o solo sul sagrato. Alla fine, ha fatto entrambe le cose: una visita ufficiale al cantiere il 29 novembre, con un discorso all’interno, e la cerimonia ufficiale, dove parlerà all’esterno».
Del resto i discorsi sono la cosa che a Macron riesce meglio …
«Sì, questo è molto tipico della sua personalità. Un altro punto di tensione, ancora aperto, è quello relativo all’accesso alla cattedrale. Lo Stato vorrebbe approfittare dell’afflusso di visitatori nei prossimi anni per introdurre un biglietto d’ingresso, finanziando così il restauro di altre chiese».
Lo ha detto la ministra della Cultura Rachida Dati, si parla di un ticket da 5 euro o più …
« La Chiesa cattolica è fermamente contraria, insistendo sul principio di libero accesso ai luoghi di culto, che non sono musei ma spazi per pregare e incontrare Dio. Questa questione resta irrisolta e riflette una preoccupazione più ampia della diocesi di Parigi: il rischio di essere spossessati della propria cattedrale dallo Stato».
Crede che la riapertura di Notre-Dame, accompagnata da un discorso alla nazione, possa aiutare Macron a superare l’attuale crisi politica?
«Macron ci spera sicuramente! Nel suo primo discorso, la scorsa settimana, ha affermato che questo progetto eccezionale è “una metafora della vita della nazione”. Il messaggio implicito è che anche nelle peggiori difficoltà possiamo fare grandi cose. Tuttavia, il contrasto tra la ritrovata magnificenza di Notre-Dame e il caos del dibattito politico è così evidente che non è certo che questo aiuterà Macron a superare la crisi di governo. Proprio nella stessa settimana, l’Assemblea Nazionale non è riuscita a votare un bilancio, portando alla caduta del governo».
Il premier Michel Barnier ha detto che è stato più facile ricostruire Notre Dame che approvare la legge di bilancio…
«Sul lungo termine, i francesi probabilmente si ricorderanno di più questi fallimenti politici rispetto al successo della cattedrale.»
Che impatto ha avuto la chiusura di Notre-Dame sulla comunità cattolica e sui fedeli nel mondo?
«È stato soprattutto un impatto simbolico. Notre-Dame non è un luogo di culto qualunque. La sua assenza ha creato un vuoto, ma il cantiere stesso, con il suo costante progredire, è stato un segno di speranza. Ora c’è una grande attesa per il suo ritorno.»
Notre-Dame rimane un simbolo globale, ma come bilanciare turismo e spiritualità?
«La risposta è farne un luogo vivo, dove la fede si manifesta quotidianamente. Solo così potrà sfuggire alla museificazione e restare fedele alla sua vocazione spirituale. Si parla di 15 milioni di turisti all’anno, 40.000 al giorno. Facendo un rapido calcolo, si tratta di circa 5.000 persone all’ora, quindi più di una al secondo che entrerebbe a Notre-Dame. Un tale afflusso sarebbe senza precedenti e rappresenta una grande sfida. Tuttavia, questo successo riflette un attaccamento universale che va ben oltre l’aspetto religioso. C’è una dimensione culturale evidente nell’aura mondiale della cattedrale, basta pensare al romanzo di Victor Hugo, che ha contribuito ad accrescere la sua leggenda. La curiosità e l’attesa attorno alla sua riscoperta rendono questo momento ancora più significativo».
Oggi molte cattedrali in Europa attirano lunghe file di turisti, ma i banchi durante le messe rimangono spesso vuoti. Come si potrebbe invertire questa tendenza e far sì che Notre-Dame torni a essere un centro di spiritualità?
«L’importanza del turismo è uno degli argomenti principali per discutere il ritorno alla gratuità dell’accesso alla cattedrale per tutti. Questo problema è legato alla diminuzione generale della pratica religiosa, ma anche al tessuto delle parrocchie, che fa sì che molti credenti preferiscano frequentare chiese più vicine a casa, piuttosto che andare in una grande cattedrale, specialmente in città come Parigi. Probabilmente, si è lasciato che si creasse una distanza tra la dimensione religiosa e quella culturale. Tuttavia, le cattedrali rimangono luoghi verso i quali molte persone convergono spontaneamente nei momenti di grandi eventi, spesso tragici, come gli attentati, per pregare e raccogliersi. Non ci sono molte strade per far tornare le cattedrali a essere veri luoghi di preghiera: devono essere, prima di tutto, spazi di fede vivente, dove i credenti pregano e accolgono, dove l’Evangelo viene vissuto attraverso la testimonianza e la fraternità. È questo, insieme al fatto che la bellezza artistica sia offerta a tutti, che differenzia una cattedrale da un museo.»
Guardando al futuro, quali progetti o iniziative sono previsti per la cattedrale, sia sul piano liturgico che culturale?
«Il percorso di visita è stato completamente ripensato per integrare una dimensione catechetica. Il nuovo reliquiario della Corona di Spine mira a valorizzare la devozione popolare verso le reliquie della Passione di Cristo. Vedremo se questa iniziativa darà i suoi frutti. Inoltre, la statua della “Vergine del Pilastro”, spesso considerata miracolosamente preservata dall’incendio, ha fatto ritorno a Notre-Dame con una processione molto seguita per le strade di Parigi. Era già un elemento centrale per i fedeli legati alla cattedrale, ma ha acquisito una nuova importanza e potrebbe diventare un punto focale per un rinnovamento della devozione mariana. La diocesi potrà finalmente riappropriarsi del luogo per grandi eventi liturgici, come ordinazioni, celebrazioni solenni e altro. L’organo e il coro torneranno a vivere nella cattedrale, donando nuova forza alla preghiera. Questo ricorda che il modo migliore per apprezzare Notre-Dame è viverla per ciò per cui è stata costruita: avvicinarsi a Dio, specialmente durante la messa.»