Lo puoi vedere percorrere, a grandi falcate, le vie del Vaticano. Oppure, attraverso scale seminascoste e scorciatoie, affacciarsi alle balconate della basilica di San Pietro, da cui fa ancora più impressione il fiume di pellegrini pronti a varcare la Porta Santa che scivola lento, riempiendo via della Conciliazione.
Col saio bigio dei Francescani conventuali, la barba folta e il sorriso aperto su due guance rubiconde, fra Agnello Stoia è sempre in movimento: dialoga con le suore che svolgono il proprio servizio nell’ufficio parrocchiale di San Pietro, dove lui è parroco da tre anni; saluta tutti i lavoranti e gli addetti alla sicurezza del più piccolo Stato del mondo, in questi giorni chiamati a un compito sovrumano con fedeli che arrivano da ogni angolo della cristianità; ha una buona parola per gli anziani in pellegrinaggio alla tomba dell’apostolo; si intrattiene con i giovani e benedice i bambini. «Le relazioni sono importanti», ci dice, «nascono nella preghiera e aprono strade».
Nato 57 anni fa a Pagani, in provincia di Salerno, da una famiglia semplice e numerosa («Con sei figli, mia madre ha avuto un bel po’ da fare», confida), la sua vocazione è maturata all’ombra del convento francescano di Nocera Inferiore. Dopo gli studi a Benevento e a Roma, diviene sacerdote: «Ho ricevuto una grazia», racconta, «perché i miei superiori mi hanno destinato a un convento dove non voleva andare nessuno, il santuario di San Francesco a Folloni, fondato proprio dal “giullare di Dio” nel 1222 tra le montagne dell’Irpinia: proprio in quelle zone remote, però, ho potuto attuare con la mia fraternità progetti pastorali bellissimi, soprattutto per i giovani. In quella terra dei lupi, questo Agnello è cresciuto bene»…
(Foto di Luigi Narici/agf)
Leggi l’intervista completa a fra Agnello Stoia sul numero di Credere in distribuzione nelle edicole e nelle librerie religiose da giovedì 16 gennaio e nelle parrocchie da sabato 18 gennaio. Oppure acquista una copia digitale www.edicolasanpaolo.it/scheda/credere.aspx