Dopo 467 giorni di guerra, dopo oltre 46.000 morti palestinesi e 1.700 morti israeliani, dopo incessanti bombardamenti e devastazioni, finalmente è stata annunciata la tregua fra Israele e Hamas. L’annuncio è arrivato nella serata del 15 gennaio, prima con un annuncio trionfalistico tutto in maiuscole del presidente americano eletto Donald Trump (che entrerà in carica il 20 gennaio), poi con una conferenza stampa del primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdul Rahman Al Thani, infine con una dichiarazione del presidente americano Joe Biden.
Il primo ministro qatariota ha spiegato che manca ancora l’approvazione formale sia da parte di Hamas che da parte del governo israeliano. “Speriamo che questa sia l’ultima pagina della guerra e che tutte le parti si impegnino ad attuare tutti i termini di questo accordo”, ha dichiarato Abdul Rahman Al Thani. In ogni caso l’accordo entrerebbe in vigore da domenica 19 gennaio. E anche dopo l’annuncio della tregua ci sarebbero stati, secondo fonti palestinesi, almeno 27 morti a Gaza provocati dai bombardamenti israeliani.
La prima fase dell’accordo prevede una tregua di 42 giorni, durante i quali 33 ostaggi israeliani – tra cui bambini, tutte le donne prigioniere, malati e anziani – saranno liberati in cambio di prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e di un drastico aumento delle consegne di aiuti umanitari a Gaza (si parla di almeno 600 camion al giorno).
Quindi le due parti inizieranno a negoziare la seconda fase entro il 16° giorno della tregua. Durante questo periodo, gli ostaggi rimanenti, compresi i soldati maschi, dovrebbero essere rilasciati in cambio di altri prigionieri palestinesi. Se pienamente attuata, la seconda fase porterebbe anche a un cessate il fuoco permanente e al ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza. La fase finale comporterebbe la restituzione di tutti i corpi degli ostaggi morti e la ricostruzione di Gaza, sotto la supervisione di Egitto, Qatar e Nazioni Unite.
La notizia dell’accordo è stata accolta con scene di giubilo a Gaza e da parte delle famiglie degli ostaggi israeliani.
Israele ritiene che siano 94 ostaggi gli ostaggi ancora trattenuti da Hamas dal 7 ottobre del 2023. Di questi 94, 34 sono presumibilmente morti. Inoltre, ci sono quattro israeliani rapiti prima della guerra, due dei quali sono morti.
Il piano ricalca in gran parte quello che l’amministrazione Biden aveva presentato nel maggio scorso, ma che le due parti avevano rifiutato rinfacciandosi l’accusa del sabotaggio. Biden e i suoi collaboratori hanno continuato a lavorare su quel piano, ma un’accelerazione è arrivata anche grazie a Donald Trump, che aveva promesso di “scatenare l’inferno” se non ci fosse stato il rilascio degli ostaggi israeliani prima del suo ingresso alla Casa Bianca. Un messaggio, quello di Trump, minaccioso prima di tutto per Hamas, ma rivolto anche a Netanyahu. Nei giorni scorsi l’inviato di Trump per il Medio Oriente, l’imprenditore ebreo Steve Witkoff, aveva voluto a tutti i costi un incontro con Netanyahu, costringendolo a male parole a violare il riposo dello Shabbat.
Oggi il New York Times sottolinea la “notevole collaborazione tra il presidente Biden e il presidente eletto Donald J. Trump, che hanno temporaneamente messo da parte l’astio reciproco per raggiungere un obiettivo comune. I due presidenti hanno incaricato i loro consiglieri di lavorare insieme per spingere Israele e Hamas a superare il traguardo di un accordo per la cessazione dei combattimenti”.
L’accordo dovrebbe essere approvato dal governo israeliano, forse già giovedì mattina, nonostante l’opposizione dei partner della coalizione di estrema destra di Netanyahu. Per i ministri più estremisti come Ben Gvir, ministro della sicurezza nazionale, è difficile digerire un accordo che vede comunque Hamas come interlocutore e che non porta alla immediata liberazione di tutti gli ostaggi.
All’inizio della guerra Netanyahu aveva promesso la distruzione totale di Hamas, ma l’obiettivo non è stato certamente raggiunto. Hamas è indebolita, ma non domata. È significativo che le Guardie della rivoluzione iraniana abbiano accolto il cessate il fuoco a Gaza tra Israele e Hamas come una “vittoria” per i palestinesi e una “sconfitta” per Israele. Le incognite sul futuro restano perciò ancora molte, ma come ha detto il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, “la priorità ora deve essere quella di alleviare le tremende sofferenze causate da questo conflitto”.