La mia bambina di 9 anni frequenta il catechismo e quest’anno riceverà la Comunione. Quando c’è da andare a Messa è un dramma. Pianti e lacrime, per poi comunque andare e uscire dalla Messa avendo ascoltato invece con attenzione la predica. E talvolta, il pomeriggio, mi ripropone delle riflessioni su quel che ha ascoltato riferendole addirittura alla sua vita. Inoltre, davanti all’edicola in cortile io, lei e il fratellino ci rivolgiamo a Maria, prima di salire a casa per un saluto, per ringraziarla per le cose belle e gli incontri che abbiamo vissuto.
Ogni domenica mi chiedo se sia giusto costringerla.
MARTA
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– Cara Marta,
se lasciassimo decidere ai bambini se andare a Messa la domenica, in base al loro desiderio, dubito che ne troveremmo molti lì seduti. Andare in chiesa non è attraente, secondo la logica oggi imperante della gratificazione istantanea. Ti obbliga a stare composto, in silenzio e in ascolto. C’è un copione, nell’ora della Messa, che è già scritto e che non prevede che si reciti a soggetto. In chiesa devi imparare a regolare i tuoi stati emotivi, gestire la noia, fermare tutto per un’ora.
L’esperienza della funzione domenicale dovrebbe essere un rito familiare. I figli, fin da piccoli, vedono mamma e papà che alla domenica hanno una priorità diversa da ciò che accade nel tempo delle loro vite consuete. Non si corre, si medita e si prega con altri, si ascolta qualcuno che ti fornisce indicazioni etiche, morali e spirituali. Insomma, domenica dopo domenica, i bambini imparano che nella vita c’è il visibile e l’invisibile, il materiale e lo spirituale, il bene e il male. È un insegnamento di importanza fondamentale. La tua bambina tutte le domeniche si ribella a qualcosa che le appare come poco attraente.
Pensaci su: anche andare a scuola, dal dentista o dal pediatra spesso scatena reazioni oppositive nei nostri figli, ciò nonostante non ci poniamo il dubbio: “Faccio bene o male a forzarla?”. Andare a Messa alla domenica dovrebbe trovarci, come genitori, tranquilli rispetto a decidere che i bambini vengono con noi, anche contro voglia. Significa costruire insieme, incarnandolo nelle abitudini familiari, il valore di cose che la società del “tutto e subito” tende a considerare senza valore.
Va coltivata la spiritualità individuale anche contro voglia per non perdere il valore dell’immanente. Lo racconta molto bene pure B. Marchica nel suo libro Intelligenza spirituale (Mondadori) che invita a non smettere mai di cercare una felicità nell’aldiqua e nel nostro quotidiano.