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INVITO AL CONCLAVE CON DELITTO

Nei giorni di imminenza di un conclave ricorre il detto “chi entra Papa, esce cardinale”. Venire indicato tra i favoriti al soglio pontificio, in effetti, risulta spesso essere un ostacolo invece che una spinta all’elezione. Se poi ci si mette anche la voce contraria di qualche collega porporato, difficilmente si raggiungerà il quorum di voti richiesto.

Tra i casi “da manuale” finì, suo malgrado, il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro (1843-1913), superfavorito alla successione di papa Leone XIII ma vittima dello ius exclusivae o diritto di veto, antico privilegio di alcuni sovrani cattolici europei di proibire per fini politici l’elezione a pontefice di una persona non gradita.

Nato in Sicilia da nobile famiglia palermitana, Rampolla del Tindaro il 1° giugno 1887 divenne Segretario di Stato di Leone XIII e, per ruolo e carisma, grande favorito alla sua successione. Come effettivamente andarono le cose nel conclave seguente ci viene raccontato da don Guido Colombo, sacerdote vicario provinciale della congregazione paolina, nonché pronipote del cardinale Rampolla.

 «Per spiegare l’andamento di quel conclave faccio riferimento a due fonti: la prima è un testo edito pochi mesi fa dall’Achivio Apostolico Vaticano a firma dello storico francese Jean-Marc Ticchi; la seconda sono gli studi condotti dalla mia stessa cugina Ida Rampolla del Tindaro. Incrociando le informazioni, possiamo stabilire che il cardinale guardava con grande favore alla Francia per stabilire relazioni culturali oltre che politiche, quasi sicuramente il permesso che Papa Leone XIII concesse al francese di riavvicinarsi alla Repubblica fu favorito dallo stesso Rampolla. Questo riavvicinamento però fu particolarmente inviso alla Triplice Alleanza, soprattutto a Italia e Austria. Fu lo stesso Vittorio Emanuele III a leggere questi movimenti del cardinale in chiave anti-italiana e a pressare l’imperatore d’Austria affinché ponesse il veto attraverso il cardinale Puzyna, arcivescovo di Cracovia. Quindi l’origine del veto in realtà non è tanto austriaco, quanto italiano».

Perché Rampolla del Tindaro era considerato il favorito in quel conclave?

«Sicuramente il ruolo di Segretario di Stato lo metteva in grande risalto, ma il suo valore era superiore a questo incarico. Ricordiamo anche il suo incarico da Nunzio apostolico in Spagna, dove risolse la controversia politica delle isole Caroline, oggi Canarie. Fu una grandissima figura diplomatica che ebbe come allievo prediletto Giacomo Dalla Chiesa, che poi sarebbe diventato Papa col nome di Benedetto XV. Si può dire che l’elezione di Dalla Chiesa a Papa è come una piccola e bonaria vendetta che Rampolla si prese dal paradiso…».

Tornando al conclave del 1903, quali furono le dinamiche di voto prima e dopo il veto posto dal cardinale Puzyna?

«Le prime votazioni erano state favorevoli a Rampolla, anche se non sufficienti a farlo eleggere, il veto ovviamente fece diminuire il numero di voti negli scrutini successivi fino all’elezione del patriarca di Venezia Giuseppe Sarto col nome di Pio X. Vi fu anche chi protestò per quella ingerenza politica, in particolare l’arcivescovo di Milano, cardinale Andrea Ferrari».

Quale fu invece la reazione al veto del cardinale Rampolla?

«Si fece da parte in modo signorile rivolgendosi ai cardinali: “Mi addolora profondamente la grave ferita inferta alla libertà della Chiesa. Per quel che mi riguarda, non poteva accadermi niente di più gradito e di più desiderabile”. Ricordo che mio nonno, riportando il fatto, aggiungeva: “…e il cardinale in quell’occasione insegnò a tutti l’educazione”».

Si chiede mai cosa sarebbe successo alla Chiesa se non ci fosse stato il veto e fosse stato eletto Rampolla del Tindaro al posto del patriarca Sarto?

«Forse la svolta antimodernista impressa alla Chiesa da Pio non ci sarebbe stata o sarebbe stata più soft. Alcuni storici sono dell’opinione che, se non fosse morto nel 1913, al conclave successivo del 1914 sarebbe stato eletto Papa. Chissà».

Vede delle analogie con la situazione di oggi? Nel conclave non esiste più il diritto di veto, ma forse le dinamiche si ripresentano simili…

«La situazione oggi è sicuramente diversa, ma c’è una logica non dissimile, In effetti traspare il desiderio dei poteri civili e dei poteri politici internazionali di insinuarsi e influenzare i lavori del conclave. C’erano guerre allora come ci sono oggi, c’erano Capi di Stato autoritari allora come ci sono oggi, quindi secondo me questo desiderio di condizionare il conclave è ravvisabile anche oggi».





Dal sito Famiglia Cristiana

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