La guerra siriana, che da quasi 14 anni insanguina il Medio Oriente, segna un nuovo punto di svolta con l’annuncio della “storica” vittoria del gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS) sulla città strategica di Homs. Il leader del gruppo, Ahmed al-Sharaa, noto come Abu Mohammed al-Jolani, ha celebrato il momento in un video su Telegram: «Stiamo vivendo gli ultimi momenti della liberazione della città di Homs. È un evento storico che distinguerà la verità dalla menzogna».
L’avanzata di HTS, partita dieci giorni fa dalla regione nord-occidentale di Idlib, ha travolto postazioni governative e alleate, compresi i bastioni di Aleppo e Hama. Ora, gli insorti sono alle porte di Damasco, mentre il destino del presidente Bashar al-Assad appare sempre più incerto. Fonti internazionali indicano che Assad potrebbe trovarsi a Teheran o a Mosca, in cerca di un esilio sicuro. Nonostante le smentite del suo ufficio, l’ipotesi di un raìs in fuga sembra guadagnare credibilità.
Mosca e Teheran: alleati indeboliti
Gli storici sostenitori del regime siriano, Russia e Iran, appaiono ora fiaccati dalle proprie difficoltà economiche e militari. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, durante una riunione a Doha, ha ribadito la necessità di difendere l’integrità territoriale della Siria, pur denunciando il controllo di HTS come una violazione degli accordi internazionali. Tuttavia, l’azione concreta di Mosca sul terreno è sembrata limitata, con un rallentamento dei raid aerei e un generale disimpegno militare. Anche l’Iran si mantiene cauto, evitando di inviare truppe sul campo e preferendo il sostegno attraverso milizie come Hezbollah, che ha annunciato l’invio di duemila uomini per difendere Homs. Il contrasto tra le dichiarazioni e l’azione effettiva rivela le difficoltà di Teheran e Mosca nel salvare il regime di Assad senza compromettere ulteriormente le proprie risorse.
La posta in gioco: transizione politica e nuovi equilibri regionali
A livello internazionale, si moltiplicano gli sforzi diplomatici per avviare un processo di transizione politica che possa scongiurare il collasso dello Stato siriano. Un incontro cruciale è atteso a Ginevra, dove si cercherà di coinvolgere sia esponenti del regime non legati direttamente ad Assad sia rappresentanti delle forze ribelli, inclusi gruppi vicini a HTS. La possibile caduta del regime alawita potrebbe portare conseguenze geopolitiche di vasta portata. La Russia rischia di perdere la sua base strategica di Tartus, unico sbocco sul Mediterraneo, mentre l’Iran potrebbe vedere ridimensionata la sua influenza nella regione a favore dell’Arabia Saudita. Quest’ultima, da tempo rivale di Teheran, potrebbe trarre vantaggio da un potenziale spostamento del potere religioso in Siria verso il sunnismo. Nel frattempo, il popolo siriano rimane ostaggio di una guerra senza fine. Le prigioni di Adra e Saydnaya, simboli di repressione e violenza, sono ora sotto il controllo degli insorti, che hanno scoperto migliaia di prigionieri politici, molti dei quali scomparsi da anni. Un capitolo buio che riemerge in una nazione ancora alla ricerca di pace e giustizia.
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