I migranti siamo noi. Noi italiani. Se scorriamo l’ultimo rapporto Migrantes 2024, infatti, più che le invasioni dall’estero dovrebbero preoccuparci le evasioni, soprattutto dei giovani. Mentre gli italiani in Italia calano, gli italiani all’estero superano i 6 milioni. Molti giovani, molti con bambini, per mettere su famiglia se ne vanno in un altro Paese. Arricchiranno con il loro vigore, la loro intelligenza, un altro Paese.
Partono da piccole cittadine di provincia, destinate allo spopolamento, alla scomparsa. Partono da attività commerciali che chiudono, fagocitate dagli stores. Partono per trovare il lavoro, e un lavoro più remunerato, per permettersi di affittare o addirittura comprare un alloggio. Da noi i prezzi nelle grandi città sono proibitivi, ingiusti, un furto. Così rigettiamo il futuro, spingendolo verso altri lidi più intelligenti e accoglienti, che offrono opportunità di lavoro, supportano i più giovani a mettere su casa, a scegliere un figlio che non sia un lusso per pochi abbienti.
Così questo Paese è sempre più soltanto per vecchi. Certo, lo slancio di un ventenne per conoscere il mondo, e altri coetanei nel mondo, è stato favorito dagli scambi scolastici, universitari, dai voli low cost, dall’abolizione delle frontiere all’interno dell’Unione Europea. Sempre che nuove barriere non tornino e non facciano tornare al passato, come il Regno Unito ha deciso.
Certo, se dai a un ragazzo il mondo da attraversare, sceglie lo slancio, l’avventura, i confini aperti e i loro affascinanti rischi. Restare è faticoso, perdente, desolante, quando senti i tuoi amici che guadagnano il doppio, le tue amiche con tre figli e l’asilo nido garantito, i pannolini gratis, la settimana in smart working e pure di quattro giorni.
Per carità, poi non sono sempre rose e fiori. L’Italia manca tantissimo, vuoi per il clima, vuoi per il carattere della sua gente, per i pregiudizi che ci accompagnano, perché da lontano tutti i mali che attribuiamo alla nostra politica, tutte le criticità che ci sembrano eterne e irrisolte sbiadiscono, e vividamente appaiono i mali di un altrove che è più pesante da vivere, senza sentirsi a casa.
Poi, e qui gioco d’azzardo, c’è il senso di appartenenza a una patria, che potrebbe spingere a restare e fare qualcosa per questa patria. C’è il senso di responsabilità per un Paese che i nostri padri hanno costruito, rischiando, perdendo e poi vincendo, che chiede nuove generazioni altrettanto coraggiose.
So che il martirio non può essere preteso e non tutti possono accogliere la sfida. So che la politica non può darsi alibi e che a costo di scontentare qualcuno, meglio scontentare le pensioni d’oro e le grandi imprese che i giovani, scegliendo di indirizzare a loro non solo le briciole.
Ma sogno dei giovani che scelgano di restare. Di far crescere i propri bambini qui, nel «bel paese là dove ’l sì suona»