Estrema cura nel dettaglio, maestria nella resa della luce, colori brillanti e raffinata eleganza. Sono le cifre che ammiriamo nella pittura fiamminga del Quattrocento e non solo, le ritroviamo nella mostra aperta a Milano fino al 31 gennaio alla Galleria Orsi, visitabile gratuitamente negli orari di apertura della Galleria, dedicata ai pittori italiani che con le Fiandre hanno dialogato lasciandosene ispirare e contaminare. Solo una questione di luce. L’Italia e il fascino delle Fiandre tra Quattro e Cinquecento è il titolo dell’esposizione che racchiude una raffinata selezione di tavole che hanno come filo conduttore l’ispirazione artistica dei maestri nordici, a cura di Mauro Natale che ne ha curato il catalogo scaricabile in pdf sul sito della galleria.
Tra le opere in mostra la Presentazione di Gesù al Tempio di Donato de’ Bardi, un’opera cardine della pittura italiana della prima metà del Quattrocento. L’artista aveva conosciuto la del nord Europa, tramite gli esemplari presenti a Genova nella prima metà del secolo. La pulitura, eseguita da Barbara Ferriani, durante in restauro del 2007, ha restituito alla superficie pittorica la sua originaria trasparenza luminosa, consentendo di cogliere pienamente le raffinatezze tecniche dell’esecuzione, la preziosa finitezza delle rifiniture in oro dei bordi delle vesti e delle aureole e la definizione minuta dei tratti dei volti e delle pieghe dei tessuti, che suscitano nella cura del dettaglio l’ammirazione di chi si accosta a questo tipo di pittura.
La mostra è l’occasione da un lato di rivedere anche la Resurrezione di Cristo di Ambrogio da Fossano, noto come il Bergognone (1453 circa – 1523), che non viene esposta al pubblico dal 1998, identificata di recente come l’elemento centrale dell’ordine superiore di un grande polittico su due registri eseguito da Bergognone per la chiesa dei Santi Stefano e Domenico a Bergamo nel secondo decennio del Cinquecento, fu probabilmente una delle ultime grandi commissioni pubbliche dell’artista.
Dall’altra di conoscere due dipinti parte di un polittico di Zanetto Bugatto, che ritrovati di recente arricchiscono il patrimonio della pittura lombarda del Quattrocento. Pittore di corte degli Sforza per una ventina d’anni, Zanetto Bugatto è stato a lungo una figura sfuggente e misteriosa, oggi gli studiosi sono propensi a identificarlo con il Maestro della Madonna Cagnola. La sua pittura risente, come quella di Donato de’ Bardi, degli esempi della pittura fiamminga che conobbe durante un periodo di studio nella bottega di Rogier Van. Si pensa che si sia formato a Genova nei primi anni ’50 e che sia stato influenza da Donato de’ Bardi tanto da far pensare che sia cresciuto nella sua bottega.
A queste opere tutte orbitanti nel contesto lombardo si aggiungono i quattro dottori della Chiesa Antonio da Viterbo, pittore che ha operato nel Lazio nel terzo quarto del XV secole e che ha in comune con gli altri le caratteristiche comuni all’ispirazione fiamminga. Alle tavole che ne costituiscono il cuore, la mostra unisce tre miniature, iniziali decorate su pergamena, del Maestro del Salomone Wildenstein (forse identificabile ma la questione è controversa con Protasio Crivelli, apprendista miniatore presso il milanese Marco d’Oggiono, attivo in Lombardia, tardo XV – inizi XVI secolo), una di esse dedicata all’Adorazione dei Magi si presta particolarmente al periodo natalizio che coincide con l’esposizione.