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Roberto De Simone e quell’amore per il presepe

L’intellettuale napoletano è deceduto lo scorso 6 aprile all’età di 91 anni. Teatrante, compositore e musicologo di fama internazionale, la sua opera ha raccontato e rivelato Napoli e le sue tradizioni. Per Vatican News il ricordo dello scrittore Ruggero Cappuccio, suo amico da trent’anni: “Genio leonardiano. Ha riscoperto la musica del Seicento e Settecento napoletano, come Schliemann le mura di Troia”

Eugenio Murrali – Città del Vaticano

Di Roberto De Simone, compositore, musicologo, scrittore, regista, artista dai mille talenti, non resterà solo la celeberrima favola in musica La gatta Cenerentola, del 1977. Le sue ricerche e intuizioni, nell’officina instancabile della sua creatività e dei suoi studi, hanno dato vita a testi come La canzone napolitana, la riscrittura de Il cunto de li cunti di Giambattista Basile, La Cantata dei pastori, ma un’opera colpisce per l’affezione che l’intellettuale dimostra nei confronti del presepe. È un testo uscito nel 1998 per Einaudi con il titolo Il presepe popolare napoletano e illustra, nella sua costruzione e nei suoi contenuti, tutta l’originalità di De Simone e la sua attenzione verso le tradizioni e il sacro: “Sarebbe impensabile, oggi, pretendere di leggere compiutamente i segnali correlati alla tradizione più autentica del Natale, dal momento che molti di essi appaiono degradati a sbiadito retaggio di una cultura alla quale, nel lento scorrere del tempo, si è sostituito tutto un mondo di segni e valori diversi dal Natale così come era sentito e vissuto una volta”, leggiamo all’inizio del volume. Nel presepe prodotto dagli artigiani napoletani, “nella sua tradizionale fattura”, trovava ancora “un sentimento di autentica religiosità”. E tornano alla mente le parole di Papa Francesco, che nella lettera apostolica Admirabile signum scrive: “Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia. Rappresentare l’evento della nascita di Gesù equivale ad annunciare il mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio con semplicità e gioia. Il presepe, infatti, è come un Vangelo vivo, che trabocca dalle pagine della Sacra Scrittura“.

Intervista allo scrittore Ruggero Cappuccio

Lo Schliemann della musica napoletana

“De Simone ha rappresentato un processo straordinario di consapevolezza”, afferma ai nostri microfoni lo scrittore e regista Ruggero Cappuccio. “Quest’uomo ha riscoperto la musica del Seicento e del Settecento napoletano come Schliemann riscoprì le mura di Troia”. Le rivalutazioni e riattualizzazioni dello studioso non hanno riguardato solo la musica, ma hanno coinvolto anche la letteratura, la lingua, l’antropologia, la religione. Continua Cappuccio: “Lo stesso Eduardo, quando vide La gatta Cenerentola, provò uno straordinario sbalordimento, perché si ritrovò di fronte un mondo totalmente nuovo, non naturalistico, una lingua ignorata da molti napoletani”. Attraverso le operazioni culturali e artistiche di De Simone, i napoletani hanno potuto “riscoprire i loro antenati”. Non un merito solo folklorico, tuttavia, ma internazionale, perché De Simone ha saputo ricollegarsi alla grande stagione musicale che vedeva Napoli protagonista nel mondo, con ben quattro conservatori. “È una figura leonardiana De Simone”, precisa Cappuccio, che vede anche nella capacità di coniugare i diversi sapere uno dei meriti del suo grande amico.

La sacralità in ogni cosa

“De Simone, come chi le parla, ritiene che non ci sia nulla di non religioso al mondo. Tutti gli esseri umani sono religiosi”, sostiene Cappuccio, secondo cui l’intellettuale cercava il sacro ovunque, in tutte le sue attività. “Le nostre ultime telefonate, per esempio, vertevano su Giovanna d’Arco, figura cui era legatissimo”, spiega. Nell’immaginario del compositore avevano grande spazio santi, sante, storie della devozione popolare. Lo studioso inseguiva il sacro anche al di fuori delle strade canoniche delle religioni, lo interessava moltissimo l’istinto popolare, “quella parte semplice del cuore che intercetta la spiritualità”. 

Il dono della meraviglia

Racconta Cappuccio: “Roberto era una persona molto generosa, che aveva due coordinate fondamentali: era un mistico e un adolescente entusiasta, era saggissimo ma aveva anche il dono di sapersi meravigliare sempre”. Frequentarlo, per Cappuccio, determinava “un annientamento del tempo”. Il mondo di De Simone, la sua narrazione, erano in grado di mandare in corto circuito l’ordinaria concezione del passato, del presente e del futuro. E aggiunge lo scrittore: “Aveva una grande capacità di ascolto e sapeva insegnare senza insegnare, in modo anticonvenzionale. Aveva il coraggio della ricerca, senza confini consolatori. Frequentarlo significava capire che ‘nulla è come sembra’ “.

I funerali del maestro Roberto De Simone si svolgeranno il giorno 9 aprile nel duomo di Napoli, la cattedrale metropolitana di Santa Maria Assunta, e saranno celebrati dal cardinale Domenico Battaglia. Nel giorno delle esequie il sindaco ha proclamato il lutto cittadino.



Dal sito Vatican News

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