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Padre Paolo Dall’Oglio, la memoria che non finisce

Quella Porta Santa aperta dentro al carcere di Rebibbia fa rumore: papa Francesco simbolicamente apre la porta al cuore, alla speranza e alla comprensione dove è difficile trovarle.

Tre concetti cardine che sono stati la benzina con cui padre Paolo Dall’Oglio, rapito a Raqqa nel 2013 e mai più ritrovato, ha messo in moto la prolifica macchina del dialogo interreligioso, sua grande “battaglia” di civiltà.

Il docufilm sulla vita straordinaria del gesuita romano, andato in onda sulla Rai lo scorso novembre e ancora visibile su RaiPlay, ha dato il via a forum di discussione itineranti in tutta Italia: il primo in Lombardia si terrà a Monza, il 15 febbraio, alle ore 21, all’oratorio della parrocchia San Biagio, per riflettere, dopo la sua proiezione, sulle interconnessioni fra mediazione, educazione alla relazione e dialogo interreligioso.

Monsignor Umberto Oltolini, responsabile della Comunità pastorale Ascensione del Signore di Monza, dà un forte segnale di chiesa che incontra e dialoga con la sua comunità su temi urgenti e radicali, ma al tempo stesso sfidanti sul valore profondo della mediazione.

Nel prestigioso parterre dei relatori, la saggista Maria Martello, autrice del libro “Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia” (Giappichelli), che trent’anni fa ha ideato il modello di mediazione filosofico-umanistico, il regista Fabio Segatori e Immacolata “Machi” Dall’Oglio, una delle sorelle di padre Paolo.

Un evento pensato non come caso isolato, ma prodromico di un percorso di approfondimento formativo che si inserisce nell’anno santo appena inaugurato e che si snoderà in tre incontri parrocchiali sul tema mediazione e giustizia.

Cosa resterà dei valori su cui padre Paolo Dall’Oglio nei primissimi anni ’90 ha fondato la comunità monastica Deir Mar Musa? >, commenta Maria Martello. Rilanciamo padre Paolo, da mito a modello. Anche lui ne sarebbe contento, perché vedrebbe che le sue scelte continuano a convertire altre persone, ad avere altri figli e proprie gambe su cui camminare. La santità dovrebbe essere l’obiettivo di ciascuno di noi, la fatica del vivere quotidiano di ogni cattolico>>.

Mediare è responsabilità di tutti? Monsignor Umberto Oltolini richiama all’attenzione la figura del cardinal Martini, mediatore di fede e umanità, che ha levato frequentemente la voce contro ogni conflitto. Come non ricordare la sua omelia nella veglia per la pace organizzata dai giovani di A.C. in occasione della Guerra del Golfo, dove il cardinale ha riflettuto sul significato profondo della parola “intercedere”: In proposito troviamo nella Bibbia una pagina illuminante. Nel momento in cui Giobbe si trova, quasi disperato, davanti a Dio che gli appare come un avversario, con cui non riesce a riconciliarsi, grida: “Chi è dunque colui che si metterà tra il mio giudice e me? chi poserà la sua mano sulla sua spalla e sulla mia?” (cf Gb 9,33-39, vers. spec.). Non dunque qualcuno da lontano, che esorta alla pace o a pregare genericamente per la pace, bensì qualcuno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare. È il gesto di Gesù Cristo sulla croce…>>.

>, commenta monsignor Oltolini. >.

C’è anche chi padre Dall’Oglio lo ha conosciuto. >, racconta Sergio Cavasassi, membro del consiglio pastorale. >.

La mediazione da ancella povera e deflattiva del processo diventa – finalmente! – principessa.

 

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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