All’udienza generale Francesco riprende il ciclo giubilare su “Gesù Cristo nostra speranza” e sviluppa la sua catechesi sull’ascolto e la disponibilità di Maria all’annuncio dell’angelo Gabriele. Da lei che si è lanciata “nella missione più grande che sia stata mai affidata, a una donna, a una creatura umana” impariamo ad avere fiducia nel Signore: “Ricordiamo a tutti e per sempre che non è l’uomo a salvare, ma solo Dio”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Maria, che ha ascoltato l’annuncio dell’angelo Gabriele e ha fatto spazio a Dio abbandonandosi a Lui, che ha accolto “il Verbo nella propria carne” lanciandosi “nella missione più grande che sia stata mai affidata a una donna, a una creatura umana”, si è messa “al servizio” dell’Onnipotente. All’udienza generale tenutasi oggi, 22 gennaio, nell’Aula Paolo VI, riprendendo il ciclo giubilare sul tema “Gesù Cristo nostra speranza”, nella seconda catechesi dedicata a “L’infanzia di Gesù”, il Papa sviluppa la sua riflessione su “L’annuncio a Maria. L’ascolto e la disponibilità” e si sofferma sugli “effetti della potenza trasformante della Parola di Dio” e su tutto quello che la Vergine, chiamata ad essere la madre del Messia, ci insegna.
Impariamo da Maria, Madre del Salvatore e Madre nostra, a lasciarci aprire l’orecchio dalla divina Parola, ad accoglierla e custodirla, perché trasformi i nostri cuori in tabernacoli della sua presenza, in case ospitali dove crescere la speranza
La grazia di Dio in Maria
Andando a ritroso lungo i secoli, il Papa riflette su quanto è accaduto nel piccolo villaggio di Nazaret, nella Galilea, “alla periferia di Israele, zona di confine con i pagani e le loro contaminazioni”. In questo luogo, all’epoca sconosciuto ai più, “l’angelo reca un messaggio dalla forma e dal contenuto del tutto inauditi, tanto che il cuore di Maria ne viene scosso, turbato”, fa notare il Pontefice, aggiungendo che Gabriele non la saluta con il classico “pace a te”, ma “si rivolge alla Vergine con l’invito ‘rallegrati!’, ‘gioisci!’”, quello stesso usato dai profeti nell’annunciare “la venuta del Messia” e che “Dio rivolge al suo popolo quando finisce l’esilio”.
Inoltre, Dio chiama Maria con un nome d’amore sconosciuto nella storia biblica: kecharitoméne, che significa «riempita dalla grazia divina». Maria è piena della grazia divina. Questo nome dice che l’amore di Dio ha già da tempo abitato e continua a dimorare nel cuore di Maria. Dice quanto lei sia “graziosa” e soprattutto quanto la grazia di Dio abbia compiuto in lei una cesellatura interiore facendone il suo capolavoro: piena di grazia.
“Non temere”
Le parole dell’angelo turbano Maria, che subito viene rassicurata, “Non temere!”.
Sempre la presenza del Signore ci dà questa grazia di non temere e così lo dice a Maria: “Non temere!”. “Non temere” dice Dio ad Abramo, a Isacco, a Mosè, nella storia: “Non temere!”. E lo dice anche a noi: “Non temere, vai avanti; Non temere!”. “Padre io ho paura di questo”; “E cosa fai, quando…”; “Mi scusi, padre, le dico la verità: io va dallo strega…”; “Tu vai dalla strega!”; “Eh sì mi faccio leggere le mani…”. Per favore, non temere! Non temere! Non temere! È bello questo. “Io sono il tuo compagno di cammino”.
A Maria Gabriele annuncia la missione di Cristo, spiega Francesco, che il bambino di cui sarà madre “sarà re ma non alla maniera umana e carnale, ma alla maniera divina, spirituale”.
Il suo nome sarà “Gesù”, che significa “Dio salva”, ricordando a tutti e per sempre che non è l’uomo a salvare, ma solo Dio.
Fidarsi di Dio
La giovane Maria, chiamata ad una “maternità assolutamente unica”, “cerca di comprendere, di discernere ciò che sta capitando” e “non cerca fuori ma dentro”, conclude il Papa, e “nel profondo del cuore aperto e sensibile, sente l’invito a fidarsi di Dio”.