È stato partigiano, sacerdote paolino e solido mariologo (tra i primi a esprimersi favorevolmente sulle apparizioni a Medjugorje nel 1981), ma è universalmente conosciuto come esorcista e fondatore dell’Associazione mondiale degli esorcisti. Don Gabriele Amorth nasceva a Modena il 1° maggio di 100 anni fa.
Raggiunse la popolarità grazie a innumerevoli programmi radio e Tv, libri di successo, articoli (anche su Famiglia Cristiana) sulla vita spirituale e sull’azione ordinaria e straordinaria del demonio, di cui è stato a lungo il massimo esperto mondiale, contribuendo, con la sua dote di grandissimo comunicatore, a sdoganare presso il grande pubblico una materia ritenuta uno scomodo retaggio medievale da una mentalità figlia del razionalismo. Ma bastava incontrare i suoi “clienti”, affetti da vari disturbi spirituali (possessione, ossessione, vessazione), per capire il dolore e la solitudine che affligge quella piccola ma dolente porzione di popolo di Dio che lui curava.
Don Gabriele poteva sembrare un uomo schivo per quel modo secco e senza fronzoli di parlare in pubblico. Eppure era un uomo sensibile, perfino a tratti burlone. Soprattutto quando, ricevendo la persona posseduta nella stanza in cui praticava gli esorcismi, le chiedeva come era andata dall’ultima volta, per poi stemperare la tensione con una battuta. Quindi, dopo un momento di silenzio e recitata una preghiera insieme ai suoi assistenti, indossava la stola viola, serrava la mascella e, impugnato il rituale con una mano e l’aspersorio con l’acqua santa nell’altra, si metteva in assetto di battaglia per il corpo a corpo con il Nemico.
Avendolo incontrato da vicino, mi sono spesso sorpreso di quanta energia avesse in corpo per un’attività così faticosa e pericolosa che ha portato avanti fino all’età anziana. La risposta sta nella forza della sua fede. Soprattutto contava nell’aiuto di Maria, che lui sentiva vicina da quando, in giovanissima età, ritenne di essere stato da Lei protetto durante i mesi trascorsi con i partigiani sugli Appennini emiliani grazie a un voto che don Alberione aveva fatto per tutta la Famiglia Paolina e che estese a lui e alla sua famiglia in un incontro avvenuto a Roma qualche mese prima della fine della guerra. Incontro da cui scaturì la sua decisione di farsi paolino alla fine del secondo conflitto mondiale.
Don Amorth era molto rigoroso nella vita di preghiera, che conduceva nel segreto della sua camera e nella cappella della comunità di via Alessandro Severo a Roma. Lo incontravo ai pasti nei primi anni Duemila, quando ero in formazione, nel refettorio della comunità. Vestiva sempre in talare, aveva un’andatura decisa, anche se i segni dell’età anziana già si vedevano. Era schivo, ma allo stesso tempo cordiale e colloquiale con tutti. Spesso mancava da casa per i tanti impegni di predicazione e per praticare gli esorcismi in qualche chiesa di Roma.
Al primo incontro con lui per una confessione e un consiglio spirituale mi ha ricevuto nella sua piccola camera, la stessa (ma lui ha sempre negato!) da cui si raccontava provenissero nella notte “rumori strani”. Nei nostri incontri aveva sempre consigli utili per chi come me si trovava in un cammino di formazione sacerdotale. Era, nei limiti dei suoi impegni, sempre pronto a “perdere” tempo con me.
Verso la fine dei miei studi teologici gli ho chiesto di poter assistere a qualche sessione di esorcismo. Le prime volte ne sono uscito molto provato. Ho capito grazie a lui che la forza di Cristo supera ogni avversità e ogni azione avversa del Nemico e che nulla dobbiamo temere. A una mia precisa domanda sull’importanza della fede per chi pratica esorcismi, mi rispose: «È fondamentale, senza fede non posso fare nulla. Senza fede nessun cristiano può fare nulla. Con Dio, invece, tutto possiamo».