In Vaticano e a Roma due concerti dedicati al Papa


L’Auditorium Chamber Orchestra, gruppo musicale d’archi formato da ragazzi di età di compresa fra i 12 e i 25 anni, esegue oggi, 19 luglio, e domani, nella parrocchia di Sant’Anna e nella basilica di Sant’Agostino “Tardi ti amai” e “De musica”, repertorio di brani che include composizioni ispirate agli scritti del vescovo di Ippona. L’iniziativa, pensata in occasione del Giubileo dei giovani, vuole essere un simbolico dono al Pontefice agostiniano

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Quindici giovani musicisti omaggiano con due concerti Leone XIV eseguendo composizioni musicali agostiniane. Si tratta dell’Auditorium Chamber Orchestra APS che oggi e domani si esibisce in Vaticano e a Roma in due parrocchie affidate alla cura pastorale dei religiosi dell’ordine di Sant’Agostino. Gli eventi, ad ingresso gratuito, sono stati organizzati in occasione dell’imminente Giubileo dei giovani e vogliono essere un simbolico dono “agostiniano” al Pontefice proprio da parte di un gruppo di giovani.


Alcuni giovani musicisti

Gli appuntamenti musicali

Il primo appuntamento con l’orchestra d’archi composta da ragazzi di età compresa fra i 12 e i 25 anni e diretta dal maestro Danilo Lo Presti è oggi, 19 luglio, alle 18, nella parrocchia di Sant’Anna, nello Stato della Città del Vaticano, dove viene animata la celebrazione della Messa e al termine, alle 19, si svolge Tardi t’amai, intrattenimento musicale che include brani tratti dagli scritti di Sant’Agostino, con Biancamaria Targa al pianoforte, Alessandra Juvarra al violoncello e il soprano Giorgia Cavaliere. Il secondo appuntamento è domani, 20 luglio, alle 17, nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, a Roma, dove i giovani musicisti saranno protagonisti del De Musica, concerto con 14 brani – fra musica sacra e celebri colonne sonore – come l’Ave Maria di Caccini, C’era una volta in America di Morricone, e Creati per te di Pesare, ispirato alle Confessioni del vescovo di Ippona.

L'Auditorium Chamber Orchestra durante una serata

L’Auditorium Chamber Orchestra durante una serata

L’idea “agostiniana”

L’Auditorium Chamber Orchestra APS, che ha sede a Selvazzano, in provincia di Padova, nasce nel 2021 con alcuni studenti violinisti che terminate le scuole secondarie di I grado ad indirizzo musicale nutrivano il desiderio di proseguire lo studio dello strumento musicale. Ben presto l’orchestra, sotto la guida del maestro Lo Presti, direttore artistico, si è strutturata coinvolgendo, oltre ai violini, viole, violoncelli e contrabbasso e ha cominciato ad esibirsi in diverse regioni italiane. L’idea dei due concerti in omaggio al Papa è del maestro Lo Presti, originario di Palermo, che da adolescente ha frequentato una parrocchia retta dai religiosi dell’ordine di Sant’Agostino. La formazione agostiniana ricevuta dal suo padre spirituale – che ha vissuto gli anni preparazione al sacerdozio insieme al confratello Robert Prevost a Roma, nel Collegio internazionale Santa Monica – ha fatto maturare in lui i tratti più caratteristici della spiritualità del vescovo di Ippona: la convivialità, la condivisione, la preghiera comunitaria, la ricerca di Dio insieme agli amici. “Quando Leone XIV è stato eletto è nato in me, spontaneo, il desiderio di offrire la musica dell’Auditorium Chamber Orchestra nella sua sede vescovile – dice ai media vaticani il maestro Lo Presti -. Ricordo la familiarità con la quale il mio padre spirituale mi parlava di lui, raccontandomi che al Collegio Santa Monica lo chiamavano Bob. Ora con i ragazzi che dirigo – continua Lo Presti – i due concerti che ho pensato, vogliono essere, con i brani nati dagli scritti del vescovo di Ippona inseriti in scaletta, una preghiera agostiniana per il Papa”.

Il maestro Danilo Lo Presti

Il maestro Danilo Lo Presti

Il curriculum dell’Auditorium Chamber Orchestra

Dalle prime esibizioni in parrocchia, oggi il gruppo di musicisti ha all’attivo una sessantina di concerti realizzati on Veneto, Sicilia, Abruzzo e Marche. L’orchestra affronta repertori originali che toccano tutte le epoche: barocco, classico, pop, colonne sonore e arrangiamenti originali. Crescere insieme, dibattere, divertirsi e diventare musicisti talentosi è la sua mission, volta anche ad  offrire la possibilità ai giovani musicisti di esibirsi in diversi palcoscenici italiani, di viaggiare e conoscere contesti storico-culturali di rilievo per far vivere da protagonisti esperienze formative e artistiche significative. L’Auditorium Chamber Orchestra APS ha vinto il primo premio al Concorso Internazionale “Lazlo Spezzaferri” di Verona, ha suonato presso l’Abbazia di Pomposa di Codigoro (FE) per le giornate Europee del patrimonio; nella sala “Rossini” del Caffè Pedrocchi di Padova; al Museo della Bonifica di Ca Vendramin per il Festival dello Sviluppo Sostenibile (RO); nel Castello dei Conti di Alcamo (TP); al Museo Villa Bassi di Abano Terme (PD); nell’Abbazia di Sant’Apollinare in Classe (RA); e ha anche collaborato con enti locali e associazioni che si occupano di temi sociali importanti, come la violenza di genere e l’ecosostenibilità, tenendo concerti gratuiti a sostegno delle loro campagne.

L'Auditorium Chamber Orchestra durante un momento di prove

L’Auditorium Chamber Orchestra durante un momento di prove



Dal sito Vatican News




Comece, Crociata: dialogo e diplomazia, uniche vie per la pace in Ucraina

Di ritorno da una missione ufficiale a Leopoli, il vescovo presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione Europea racconta di un popolo provato ma che non ha perso la speranza: “Non si è lasciato abbattere, demoralizzare. Per essere protagonista nel processo di pacificazione, l’Ue deve ritrovare la sua perduta unità”

Federico Piana – Città del Vaticano

«È stato un incontro con un popolo vivo che vuole continuare ad esistere, nonostante la guerra e le sofferenze». Trasuda emozione monsignor Mariano Crociata. Quando il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno fa un bilancio della missione ufficiale che la Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), della quale è presidente, ha compiuto nella città ucraina di Leopoli dal 16 al 18 luglio, la sua voce ad un certo punto si incrina.

Evento toccante

Accade esattamente quando il presule riavvolge il nastro dei ricordi e ai media racconta di un evento non previsto dal fitto calendario di appuntamenti della delegazione composta anche da padre Manuel Barrios Pietro, segretario generale della Comece, e da Marek Mišák, consigliere per le relazioni esterne: «Nella chiesa greco-cattolica dei santi Pietro e Paolo abbiamo partecipato al funerale di un soldato ucciso in un combattimento. È stata un’esperienza toccante. Quello che mi ha particolarmente colpito è stato anche il senso di intima partecipazione della gente più diversa, mi ha commosso vedere che molti si sono addirittura inginocchiati in strada».

Portare solidarietà

La missione della Comece ha avuto principalmente un obiettivo: portare un segno visibile e concreto della solidarietà dei vescovi europei ad una popolazione che, afferma Crociata, «non si è lasciata abbattere, demoralizzare, ma con tenacia vuole portare avanti la propria vita».

Ascolta l’intervista a monsignor Mariano Crociata

Incontri profondi

Gli incontri con i membri della Chiesa greco-cattolica e con quelli della Chiesa latina, con le strutture di solidarietà che si occupano di sostenere ed aiutare quanti stanno soffrendo per il conflitto e con i responsabili dell’Università cattolica locale hanno caratterizzato l’agenda della delegazione che ha colto l’occasione anche per discutere del ruolo che l’ecumenismo potrà giocare nel prossimo futuro del Paese. «In questo senso — spiega il presidente della Comece — c’è uno sforzo molteplice delle Chiese. Il primo riguarda la vicinanza e l’assistenza alle vittime. Abbiamo visitato un centro dedicato ai veterani nel quale abbiamo raccolto testimonianze che lacerano il cuore. Un secondo ambito è la messa in campo di una pastorale ordinaria. Infine, uno sforzo del dialogo ecumenico, basato soprattutto sulla pace, che oggi riveste un ruolo enorme non solo per le stesse Chiese ma anche per l’intera società». 

Unità europea

Ma lo scopo di questa missione è stato anche un altro, di sapore più “politico”: ribadire all’Unione europea la necessità di continuare a sostenere l’Ucraina nel lungo percorso di ricostruzione e riconciliazione. Monsignor Crociata è chiaro:  «In piena sintonia con Leone XIV, la nostra invocazione è quella di esortare a cercare vie diplomatiche di incontro. In questo senso, salutiamo positivamente tutti gli sforzi diplomatici che permettano alle parti in conflitto di arrivare a sedersi intorno ad un tavolo.Per incidere su questo processo, però,  l’Unione europea, al proprio interno, deve assolutamente ritrovare l’unità perduta».



Dal sito Vatican News




Sudan, il Kordofan nuovo epicentro del sanguinoso conflitto

Oltre 450 civili, tra cui 35 bambini e due donne in gravidanza, sono stati uccisi nei giorni scorsi in «orribili attacchi» nelle comunità intorno alla città di Bara: la denuncia dell’Unicef torna ad accendere i riflettori della comunità internazionale sulla guerra che da quasi due anni e mezzo lacera il Paese africano causando la più grave crisi umanitaria al mondo

Valerio Palombaro – Città del Vaticano

La regione del Kordofan è diventata nelle ultime settimane il nuovo epicentro della guerra in Sudan. Un conflitto che da quasi due anni e mezzo sta insanguinando il vasto Paese africano, lacerato dagli scontri tra esercito sudanese e Forze di supporto rapido (Rsf). Oltre 450 civili, tra cui 35 bambini e due donne in gravidanza, sono stati uccisi nei giorni scorsi in «orribili attacchi» nelle comunità intorno alla città di Bara, nello Stato del Kordofan settentrionale: questa denuncia della direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, ha riacceso i riflettori della comunità internazionale sulla «nuova terrificante escalation di violenza» in Sudan segnata da «un totale disprezzo per la vita umana, per il diritto internazionale umanitario e per i più elementari principi di umanità».

L’offensiva su El Obeid e l’assedio di El Fasher

Le ultime morti tra i civili giungono in concomitanza con le preoccupanti notizie secondo cui le Rsf si stanno mobilitando per un’offensiva su El Obeid, capoluogo del Kordofan settentrionale, nel centro del Paese. Nelle ultime settimane l’esercito ha lanciato alcuni raid per interrompere i collegamenti tra il Kordofan e il Darfur, che per ampie parti sono roccaforti sotto il controllo delle Rsf.  Proprio il Darfur, in particolare la parte settentrionale della regione, è un altro fronte segnato da una nuova escalation dei combattimenti. Il capoluogo El Fasher, assediato da diversi mesi dalle Rsf, è stato nei giorni scorsi oggetto di un attacco che avrebbe causato diverse vittime civili. Almeno cinque bambini, come denunciato da un portavoce dell’Onu, sono morti durante un bombardamento lo scorso mercoledì. E l’organizzazione umanitaria Coopi lancia l’allarme: il 97% della popolazione di El Fasher si trova al di sotto degli standard minimi di accesso all’acqua. 

Il valore strategico del Darfur

«Un’escalation delle ostilità nel Darfur settentrionale e nel Kordofan non farà che aggravare ulteriormente i già gravi rischi per i civili e la terribile situazione umanitaria in un conflitto che ha già causato indicibili sofferenze al popolo sudanese», ha dichiarato l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk. La guerra in Sudan ha già provocato la più grave crisi umanitaria di sfollati al mondo con oltre 14 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case. La capitale Khartoum è stata riconquistata dall’esercito sudanese a fine marzo dopo violenti scontri. Ma invece di essere sconfitte, le Rsf hanno concentrato le loro forze nel Darfur dove si ripete il copione tragico dei massacri di oltre vent’anni fa. Il controllo di queste regioni minerarie è strategicamente importante in quanto permette di alimentare il conflitto. Mezzo milione di sfollati nell’area — in gran parte donne, bambini e anziani — sono intrappolati e senza via di fuga. In particolare dopo la conquista da parte delle Rsf del vasto campo profughi di Zamzam avvenuta ad aprile.

Una disastrosa crisi umanitaria

La crisi umanitaria ha assunto proporzioni catastrofiche. Secondo l’Onu 30 milioni di sudanesi sono bisognosi di aiuti e almeno 3 milioni di bambini a rischio di morte per fame. Il sistema sanitario è al collasso con il 70% della popolazione che non ha accesso a cure mediche e l’80% degli ospedali quasi completamente fuori uso. Il Sudan è sempre più stremato e frammentato da un conflitto che ha interrotto il processo di transizione democratica iniziato nel 2019, mentre all’orizzonte non si intravedono soluzioni diplomatiche in grado di riaprire le porte della riconciliazione nazionale e della speranza per il martoriato popolo sudanese.  



Dal sito Vatican News




La Russia lancia oltre 300 droni e 30 missili contro l’Ucraina

Un’altra notte di attacchi. Si contano vittime nel Donetsk e a Odessa. L’Ue vara nuove sanzioni contro Mosca

Guglielmo Gallone – Città del Vaticano

Oltre 300 droni e più di 30 missili: è questa la portata degli attacchi russi lanciati nella notte in varie aree dell’Ucraina. Lo ha riferito il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, aggiungendo che negli attacchi sono state colpite dieci regioni. Tra queste, quella di Donetsk, dove nella sola giornata di ieri sono morte cinque persone, e la città di Odessa, dove si registrano un morto, sei feriti, tra cui un bambino, e un edificio in fiamme. Le truppe russe hanno poi lanciato un massiccio attacco a Pavlohrad, nella regione ucraina di Dnipropetrovsk, come riferito dal governatore regionale, Serhiy Lysak.

La reazione ucraina

La reazione ucraina non si è fatta attendere. Il ministero della Difesa di Mosca ha fatto sapere che nella notte ha intercettato e distrutto 71 droni ucraini, 24 nella regione di Rostov, 16 nella regione di Mosca, di cui 13 diretti nella capitale, 11 nella regione di Briansk e tre in quella di Kursk. A supporto delle Forze armate ucraine è arrivata anche la consegna del primo lotto di carri armati M1A1 Abramas, 49 in totale, decisa nell’ottobre dello scorso anno da parte dell’Australia. «I carri armati M1A1 Abrams aggiungeranno mobilità e potenza di fuoco alle forze armate ucraine e daranno un contributo significativo alla lotta dell’Ucraina contro l’aggressione russa», ha dichiarato il ministro della Difesa australiano, Richard Marles.

Il supporto americano

Nel frattempo, anche la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato a larga maggioranza la prosecuzione degli aiuti militari all’Ucraina, con 353 voti favorevoli e 76 contrari. Il disegno di legge, che ora passa al Senato, autorizza l’invio di nuovi armamenti e, se approvato, sarà sottoposto alla firma del presidente. Durante un incontro con il segretario generale della Nato Mark Rutte, il presidente Donald Trump aveva annunciato che l’Ucraina avrebbe ricevuto “armi per miliardi di dollari”. Il provvedimento, promosso dai senatori Lindsey Graham e Richard Blumenthal e sostenuto da 85 senatori, prevede inoltre la possibilità per il presidente Usa di imporre dazi punitivi di almeno il 500% su importazioni da Paesi come Cina, Brasile e India che mantengano rapporti commerciali con la Russia. Secondo il Wall Street Journal, l’amministrazione Usa ridistribuirà inoltre le forniture di armi agli alleati, preparandosi in futuro a dare priorità ai Paesi che sono disposti a fornire armi a Kyiv, compresi i sistemi di difesa aerea Patriot provenienti dalle loro scorte. Tra questi, l’amministrazione ha inserito al primo posto della lista la Germania.

Le sanzioni europee

Anche l’Unione europea continua il suo sostegno verso Kyiv: è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il diciottesimo pacchetto di sanzioni varato da Bruxelles. Tra i provvedimenti adottati dall’Ue si prevede una diminuzione del tetto del prezzo del petrolio russo a circa 47,6 dollari al barile, restrizioni contro 22 banche moscovite, sanzioni al regista Karen Shakhnazarov e ad altre nove personalità russe considerate vicine al presidente russo, Vladimir Putin. Al price cup sul petrolio si è aggiunto anche il Regno Unito. Infine, sono state  colpite 18 aziende appartenenti ad Azerbaigian, Cina, India, Mauritius, Singapore ed Emirati Arabi Uniti.  



Dal sito Vatican News




Il Vescovo incontra i gruppi AGESCI: confronto e sinodalità


Nelle serate del 16, 17 e 23 giugno scorso, S.E. R. Mons. Fernando Filograna, insieme all’Assistente di Zona don Giuseppe Calò e ai Responsabili di Zona AGESCI Lecce Ionica Ivan Trono e Ilaria Simone, nelle parrocchie di Maria SS. Annunziata in Tuglie, San Gerardo in Copertino, SS. Giuseppe da Copertino e Pio da Pietrelcina in Casarano, ha incontrato gli Assistenti Ecclesiastici e gli animatori spirituali dei Gruppi scout della diocesi Nardò-Gallipoli e i relativi Capi gruppo per un momento di confronto autentico e sincero alla fine dell’anno associativo e pastorale appena concluso.

Dal confronto sono emersi punti di forza e fragilità dei cammini dei Gruppi: gli assistenti e i capi gruppo presenti hanno raccontato di come e quanto i Gruppi sono inseriti e camminano all’interno delle comunità parrocchiali, dei percorsi di fede nelle comunità capi e del servizio di accompagnamento ai sacramenti e educazione alla vita cristiana che svolgono o che vorrebbero iniziare a fare, verificandosi con sincerità e ponendosi gli obiettivi giusti per ripartire al meglio il prossimo anno.

Questo momento di confronto ci ha ricordato quanto sia importante vivere concretamente la sinodalità. Camminare insieme, condividere esperienze, ascoltare e sostenere i giovani e le comunità parrocchiali sono passi fondamentali per rafforzare il nostro cammino di fede e di servizio.

È essenziale che, nel prossimo anno, continuiamo a coltivare questa dimensione di comunione e collaborazione, ponendo al centro l’ascolto reciproco e l’unione di intenti. Solo così potremo costruire Gruppi scout e comunità parrocchiali sempre più coese, capaci di accompagnare i giovani nel loro percorso di crescita cristiana, facendo della sinodalità non solo una parola, ma un modo autentico di vivere e testimoniare la nostra fede.



Dal sito della diocesi




Il cordoglio di Leone XIV per le vittime di un grave incendio in Iraq

Appresa la notizia del rogo divampato in un centro commerciale di Kut, nel quale sono morte 61 persone, in un telegramma a firma del cardinale Parolin, il Papa esprime vicinanza alle persone ferite e alle famiglie in lutto e affida le anime dei defunti alla misericordia di Dio, assicurando preghiere per quanti sono impegnati nei soccorsi

Vatican News

“Rattristato nell’avere appreso dell’incendio” che, in un centro commerciale a Kut, in Iraq, “ha causato numerose vittime e feriti”, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, Leone XIV assicura la “sua solidarietà spirituale” a quanti “hanno subito gli effetti di questa tragedia”. Il pensiero del Pontefice va “specialmente” alle “persone ferite” e alle “famiglie in lutto”.

Il Papa, inoltre, “affida le anime dei defunti all’amorevole misericordia dell’Onnipotente, offre le sue preghiere per il personale di emergenza che continua a fornire assistenza” e su tutti “invoca le benedizioni divine di forza, consolazione e pace”.

Morte 61 persone

L’incendio nella città di Kut, a circa 160 km a sud-est di Baghdad, è divampato nel centro commerciale Hyper Mall nella tarda serata di ieri. Le vittime accertate sono 61, ha informato il ministero degli Interni, e in gran parte hanno perso la vita soffocate nei bagni. Tra loro 14 corpi carbonizzati che devono ancora essere identificati, ha specificato il ministero in un comunicato. Ancora sconosciute le cause del rogo che si sarebbe originato al primo piano Le ambulanze hanno continuato a trasportare le vittime fino alle 4 del mattino. Sono stati dichiarati tre giorni di lutto nella provincia ed è stato reso noto che le autorità locali intraprenderanno azioni legali contro il proprietario dell’edificio e del centro commerciale, che pare sarebbe stato inaugurato qualche giorno fa.



Dal sito Vatican News




Ricorso contro Salvini. Perché si chiede alla Cassazione di intervenire

 

Nessun accanimento, ma la richiesta di chiarimenti definitivi sull’interpretazione del diritto. La procura di Palermo, con il cosiddetto «ricorso per saltum», cioè direttamente in Cassazione, chiede un «vaglio di legittimità». Vale a dire, essendo comunque accertati i fatti storici, i pm del pool coordinato dal procuratore aggiunto Marzia Sabella, si rivolgono alla Suprema Corte per sapere, sul caso che vede protagonista il vicepremier Matteo Salvini e per altri futuri casi analoghi, qual è la corretta interpretazione delle norme.

Facciamo un passo indietro. I fatti accertati sono quelli che riguardano l’impedimento allo sbarco per i 147 migranti a bordo della Open Arms dal 14 al 20 agosto 2019. La decisione di non assegnare un porto sicuro (pos) per tutti quei giorni fu di Salvini accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. In data 20 dicembre 2024 Salvini viene assolto perché il tribunale, pur riconoscendo la verità dei fatti, ritenne che l’Italia non aveva il dovere di assegnare il porto sicuro alla nave battente bandiera spagnola.

Nella sentenza si chiarisce che è vero che i naufraghi, giunti in acque territoriali italiani furono trattenuti contro la loro volontà a bordo della nave, ma si esclude la responsabilità dell’allora ministro dell’Ibterno.

La procura di Palermo chiede, con il ricorso il Cassazione, che sia data la giusta interpretazioni alle leggi italiane e internazionali. «La ritenuta estraneità del ministro dell’Interno, quale autorità nazionale deputata a rilasciare il Pos, rispetto ai tre eventi di salvataggio avvenuti in acque internazionali, è stata sostenuta in ragione del fatto che, secondo il Tribunale, in base alla vigente normativa, l’Italia non poteva essere qualificata né Stato di bandiera né Stato di primo contatto né Stato competente sulla regione Sar (ricerca e soccorso in mare n.d.r.) in cui avvennero i soccorsi». Ma, secondo i ricorrenti «il sistema delle c.d. leggi del mare non prevede, né può prevedere, vuoti di tutela, ancor meno per i soccorsi operati dai, meno attrezzati, natanti privati (che le Convenzioni, facendo continuo riferimento ai “comandanti di navi”, ovviamente includono)». L’Italia, inoltre ha sottoscritto le tre Convenzioni sul soccorso in mare (Solas, Sar, Unclos), che si fondano «su quel principio consuetudinario, frutto “delle più antiche tradizioni marinare secondo cui nessuna richiesta di soccorso in mare deve restare senza risposta”» introducendo così «come imprescindibile corollario, il dovere di solidarietà e sussidiarietà tra gli Stati che, pertanto, sono tenuti a intervenire in caso di inerzia, rifiuto o assenza degli altri».

In sostanza con il ricorso si chiede alla Cassazione di verificare la correttezza da parte del giudice di primo grado, dell’applicazione delle norme e delle procedure senza entrare nel merito della causa ma dando, anche per l’avvenire, una corretta applicazione della legge.

 





Dal sito Famiglia Cristiana




Parolin: situazione insostenibile a Gaza, si distrugge e affama la gente


In un’intervista al Tg2 Post, andata in onda venerdì sera, 18 luglio, il segretario di Stato vaticano ha parlato di telefonata opportuna da parte del premier israeliano Netanyahu al Papa, esortando però a fare chiarezza sul raid che ha colpito la chiesa della Sacra Famiglia di Gaza. L’invito è di far seguire i fatti alle parole. Sulla mediazione della Santa Sede nei conflitti in corso, Parolin ricorda che “ci vuole volontà politica per finire la guerra”, “i costi sono terribili per tutti”

Vatican News

“Una guerra senza limiti”: è il giudizio su quanto sta accadendo a Gaza da parte del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, intervistato telefonicamente ieri sera, venerdì 18 luglio, dal Tg2 Post, approfondimento della Rai. Il porporato parla di “limiti superati” e di “uno sviluppo drammatico”, invoca chiarezza su quanto accaduto giovedì scorso nell’attacco militare alla chiesa della Sacra Famiglia di Gaza che ha causato 3 morti e 10 feriti, tra cui il parroco, padre Gabriel Romanelli. Riguardo alle tante guerre in corso, ricorda che la Santa Sede è sempre aperta alla mediazione ma “la mediazione – afferma – vige soltanto nel momento in cui le due parti l’accettano”. Si sofferma poi sulla telefonata intercorsa ieri tra il Papa e il premier Netanyahu.

Come considera la telefonata di Netanyahu al Papa?

Credo che è stata opportuna, non si poteva non spiegare al Papa, non informare direttamente il Papa di quanto è successo, che è di una gravità assoluta. Quindi trovo la telefonata positiva, trovo la volontà del primo ministro israeliano di parlare direttamente con Papa Leone positiva. Adesso, credo, ci sono tre cose da attendersi a mio parere da questa telefonata a Papa Leone o dopo questa telefonata: prima di tutto che veramente si facciano conoscere i risultati reali dell’inchiesta che è stata promessa. Perché la prima interpretazione che è stata data è quella di un errore, però è stato assicurato che ci sarebbe stata una indagine al riguardo: quindi che veramente si faccia questa indagine con tutta serietà e che si conoscano, si portino a conoscenza i risultati. E poi, dopo tante parole, finalmente si dia spazio ai fatti. Io spero davvero che quanto detto dal primo ministro possa realizzarsi nel più breve tempo possibile perché la situazione di Gaza è una situazione davvero insostenibile.

La sensazione è che siamo di fronte a una guerra senza limiti…

Certamente è una guerra senza limiti da quello che si è potuto vedere: come si può distruggere e affamare una popolazione come quella di Gaza? Già molti limiti erano stati superati. D’altra parte lo abbiamo detto sin dall’inizio come diplomazia della Santa Sede: la famosa questione della proporzionalità. Per quanto riguarda questo episodio, se va nel senso che lei ha appena descritto, è uno sviluppo drammatico. Io ritorno a dire: diamo tempo per quello che è necessario perché ci dicano effettivamente cosa è successo: se è stato veramente un errore, cosa di cui si può legittimamente dubitare, o se c’è stata una volontà di colpire direttamente una chiesa cristiana, sapendo quanto i cristiani sono un elemento di moderazione proprio all’interno del quadro del Medio Oriente e anche nei rapporti tra palestinesi ed ebrei. Quindi, ci sarebbe ancora una volta una volontà di far fuori qualsiasi elemento che possa aiutare ad arrivare ad una tregua perlomeno e poi ad una pace.

Sono tanti i fronti di guerra aperti: cosa può fare di più la Santa Sede in termini di mediazione diplomatica?

Noi restiamo aperti, anzi ci proponiamo, è stato già fatto in varie occasioni. Aldilà di questo, veramente io vedo difficile fare ulteriori passi, anche perché se usa la parola “mediazione” in termine tecnico, la mediazione vige soltanto nel momento in cui le due parti l’accettano: ci deve essere disponibilità dalla parte di ciascuno dei due contendenti, delle due parti in conflitto, dei due Paesi o delle due popolazioni in conflitto ad accettare questa mediazione della Santa Sede. Noi continueremo ad insistere come abbiamo sempre fatto senza perdere la speranza, però tecnicamente è molto difficile. D’altra parte lei ha visto quante mediazioni esterne al Vaticano non hanno funzionato finora. Ci vuole volontà politica per finire la guerra sapendo che i costi di una guerra sono costi terribili per tutti in tutti i sensi.

Lei questa volontà non la vede?

Purtroppo … non vorrei essere troppo negativo … io spero. Lei mi citava le parole di Netanyahu che la tregua sarebbe vicina: io vorrei crederlo.



Dal sito Vatican News




Mattarella: Falcone e Borsellino, esempi per l'oggi



«Le vite di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone sono testimonianza e simbolo della dedizione dei magistrati alla causa della…




Dal sito Famiglia Cristiana




Alla parrocchia di Gaza tornano a suonare le campane dopo l’attacco israeliano


Tre vittime e 11 feriti, è il bilancio del raid israeliano di ieri sulla chiesa cattolica della Sacra Famiglia di Gaza. Il parroco, leggermente ferito, sta bene. Stamani sono tornate a suonare le campane della parrocchia danneggiata. “Profondamente addolorato” il Papa, che rinnova l’appello per “un immediato cessate il fuoco”. L’esercito israeliano parla di ‘errore’ e annuncia un’indagine. Israele non abbandona i piani militari anche in Siria in difesa dei drusi

Marco Guerra e Paola Simonetti – Città del Vaticano

Le forze di difesa israeliane parlano di “un errore di tiro” di un carro armato, il premier israeliano Netanyahu esprime profondo rammarico è annuncia un’indagine su quello che definisce un incidente.

Parole che non placano però lo sdegno e la condanna di tutta la comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha chiamato Netanyahu “per chiedere spiegazioni dell’attacco”. Ferma condanna e solidarietà ai cristiani di Terra Santa è arrivata dal presidente francese Macron, da numerosi altri leader occidentali, del Medio Oriente e di tutto il resto del mondo. In una nota il patriarcato latino di Gerusalemme ricorda che circa 500 persone in fuga dalla guerra hanno trovato accoglienza nella parrocchia di Gaza, sperando almeno risparmiare le loro vite.

Padre Romanelli suona le capane a Gaza 

Questa mattina è tornato a farsi sentire padre Gabriel Romanelli, ferito nell’attacco di ieri, con un video in cui mostra le campane della Chiesa della Sacra famiglia che, alle prime luci dell’alba, sono tornate a suonare, malgrado la struttura sia danneggiata. E Papa Leone XIV ha assicurato vicinanza al parroco di Gaza. Il Pontefice ha quindi rilanciato un appello per “un immediato cessate il fuoco” ed espresso profonda speranza di una “pace durevole”.

Nuovi attacchi nella Striscia

Intanto nella Striscia anche questa mattina si sono registrati nuovi attacchi, almeno otto persone sono morte e altre sono rimaste ferite, all’alba, in un bombardamento israeliano su Khan Yunis. Sono circa 100 i palestinesi uccisi dai raid israeliani nelle ultime 24 ore, secondo il ministero della Salute di Gaza.

La situazione in Siria

Resta turbolento anche lo scenario siriano. Israele smentisce la notizia di un ennesimo attacco a Suweida circolata nelle ultime ore, ma solo ieri, in un video messaggio, il premier Benjamin Netanyahu aveva dichiarato: “Non permetteremo che i drusi vengano colpiti. La nostra politica è chiara: demilitarizzare l’area a sud di Damasco”. Dunque, l’esecutivo israeliano chiarisce una volta di più la sua posizione in Siria, dove da domenica scorsa si sono consumati violentissimi scontri fra drusi e beduini con il pesante bilancio di almeno 350 morti.

Le accuse del governo siriano

Violenze per le quali il governo siriano punta il dito contro la comunità drusa, colpevole secondo l’esecutivo di aver violato il cessate il fuoco che ha portato al ritiro delle forze governative dalla provincia nel sud del Paese e di “orribili atti” contro i civili, “compresi – affermano le autorità- crimini che minacciano direttamente la pace civile e spingono verso il collasso della sicurezza”.

Nuovi attacchi in Libano

Israele, intanto, torna a colpire anche il fronte libanese: quattro le persone uccise ieri in due nuovi raid nel sud del Paese che hanno preso di mira posizioni e membri di Hezbollah, nonostante un cessate il fuoco concluso a novembre.



Dal sito Vatican News