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La vita di papa Francesco dall’adolescenza al pontificato


Stasera su Canale 5 va in onda a miniserie in due puntate sulla vita di Jorge Mario Bergoglio, dal titolo  Chiamatemi Francesco, il Papa della gente. e diretta da di Daniele Luchetti, così come il film omonimo dallo stesso titolo che era uscito pco prima nelle sale. Voluta da Pietro Valsecchi e prodotta per Taodue film, e realizzata nel 2015, meno di due anni dopo l’inizio del pontificato di Bergoglio, fu realizzata in  sedici settimane di riprese fra Argentina, Germania e Italia, con un cast di attori internazionale e oltre 3 mila comparse. Bergoglio giovane è interpretato dall’attore argentino Rodrigo de la Serna, mentre il cileno Sergio Hernández veste i panni del Bergoglio più maturo. Riproponiamo l’intervista che Famiglia cristiana fece al regista Daniele Luchetti all’epoca  della prima uscita in Tv.

II regista Daniele Luchetti


II regista Daniele Luchetti



 «La storia parte esattamente da dove partiva nel film. Jorge Mario Bergoglio lascia Buenos Aires per andare al Conclave e comincia a ripensare al suo passato», spiega il regista romano.

Luchetti, la serie televisiva che cosa avrà di diverso rispetto al film?

«Rispetto alla pellicola cinematografica nella fiction racconto due cose in più. La prima è il periodo in cui Bergoglio è stato insegnante di Letteratura nel collegio di Santa Fe, e in particolare mi soffermo su quando Bergoglio invita e ospita lo scrittore Jorge Luis Borges. Il secondo episodio è quando, subito prima di partire per il Conclave, si vede la vita quotidiana del vescovo di Buenos Aires, alle prese con i problemi della gente che vive nei quartieri poveri della città, le “villa miseria”. Non si tratta di episodi lunghi, ci sarà una versione internazionale della serie su Net‡ix un po’ più lunga e approfondita, mentre quella italiana è più asciutta e concisa».

Dal punto di vista della tecnica di regia, cambia qualcosa tra il film e la serie televisiva?

«La televisione dà più tempo per esplorare le relazioni fra i personaggi, ma non ho pensato il film come diretto a due tipi diversi di pubblico. Non credo, come spesso si pensa, che il pubblico televisivo sia più distratto, il pubblico è uno e io uso una sola lingua».

Anche nella serie televisiva lei ha tenuto fede al suo proposito di non fare di Bergoglio “un santino”?

«Assolutamente sì. La mia non vuole essere e non è l’agiografia di un uomo che fin da bambino ha la premonizione di quello che gli accadrà nella vita. Non si vede un destino annunciato fin dall’inizio. Jorge Mario Bergoglio è un uomo, e poi un prete, un vescovo e un cardinale del tutto normale, a cui poi un giorno capita di essere un Papa eccezionale».

Può fare un esempio di quella che per lei è questa “eccezionalità” di papa Francesco?

«Pochi giorni fa, visitando una parrocchia di Testaccio, il prete mi ha detto che papa Francesco manda dei soldi per aiutare i bisognosi della parrocchia e chiede che alla fine della giornata le casse siano vuote. Mi ha colpito molto aver visto il Papa entrare così nella vita dei bisognosi romani. Anche a Roma Bergoglio ha portato quel lavoro che faceva sulla strada nella capitale argentina».

Abbiamo visto il Papa immortalato in centinaia di selfie. Come giudica il rapporto di papa Francesco con la sua immagine?

«C’è chi dice che Francesco è un Papa molto attento all’immagine, tanto che ogni gesto sarebbe studiato anche per l’effetto che produrrà. Io penso che forse solo in parte può essere così. Se certe immagini e certi gesti colpiscono la gente, è anche perché alla base di quei gesti e del suo atteggiamento in generale c’è una grande spinta spontanea, di autenticità».

Come giudica il pontificato di Bergoglio?

«Mi aspettavo che le parole così dirompenti che papa Francesco ha usato all’inizio del pontificato avessero un effetto più potente. Mi aspettavo che tutta la Chiesa lo avrebbe seguito di più, invece vedo molte resistenze, mentre c’è grande attenzione e simpatia da parte dei laici. Ad esempio, pensavo che l’enciclica Laudato si’ sarebbe diventata una specie di manifesto contemporaneo di tutti. Forse Francesco è troppo all’avanguardia per una realtà come la Chiesa, abituata a passi molto lenti. Il Papa ha dato uno spintone, ma come risposta c’è stato solo un movimentino».

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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