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Il regime militare del Myanmar, finora isolato, chiede aiuto al mondo che si mobilita

Una catastrofe che si svela in tutta la sua tragedia con il passare delle ore. I morti accertati finora a causa del terremoto di magnitudo 7.7 di venerdì mattina in Myanmar sono oltre mille e i feriti più del doppio, ma data la sua intensità e la devastazione che ha provocato si pensa che il numero effettivo sia molto maggiore.

La situazione è così disastrosa che già venerdì la giunta militare al governo aveva chiesto l’intervento di altri paesi per fornire aiuti tempestivi: è un fatto eccezionale, anche perché dal colpo di stato del febbraio 2021 il Myanmar è un paese isolato e con pochissimi rapporti internazionali.

Più paesi hanno già cominciato ad attivarsi, a partire da Cina e India, che confinano rispettivamente a est e a ovest con il Myanmar. A dare l’idea dell’immane catastrofe è stato l’inusuale appello all’aiuto internazionale lanciato dalla giunta militare birmana, isolata dal colpo di stato del 2021. Il premier e capo della giunta, Min Aung Hlaing, ha invitato «qualunque Paese, qualunque organizzazione» ad accorrere, assicurando di aver «aperto tutte le vie agli aiuti stranieri».

E ha ricevuto l’immediata disponibilità dell’India, che ha inviato squadre di soccorritori e medici, dell’Unione europea, che ha stanziato 2,5 milioni di euro per gli aiuti iniziali, e degli Stati Uniti di Donald Trump, mentre l’OMS ha annunciato di aver attivato il suo sistema di gestione delle emergenze.

L’agenzia di stampa statale cinese Xinhua ha detto che una squadra di 37 persone provenienti dallo Yunnan è arrivata con droni, rifornimenti e altri strumenti utili ai soccorsi a Yangon, nel sud del Myanmar. Il ministero russo che si occupa delle emergenze invece ha fatto partire due aerei con 120 soccorritori, medicinali, rifornimenti e cani per cercare i dispersi, ha scritto l’agenzia statale Tass. Ha inviato squadre di soccorritori e medici anche il governo indiano, mentre il ministero degli Esteri della Malesia, che confina con il sud della Thailandia, ha detto che invierà 50 persone domenica.

«Il dramma è che i soccorsi scarseggiano o sono del tutto assenti», ha detto all’Agenzia Fides una fonte, che vuole restare anonima, della comunità cattolica di Mandalay, vicina a Sagaing, dove il terremoto ha fatto più danni, «vediamo tanta solidarietà tra la gente, ma registriamo l’assenza completa dello stato. L’area di Sagaing, epicentro del terremoto, è una di quelle dove sono più forti gli scontri per la guerra civile in corso. Nell’instabilità generale non ci sono soccorsi organizzati per le vittime. Nelle zone che non sono sotto il controllo dell’esercito, le cosiddette ‘zone liberate’, non vi sono istituzioni civili funzionanti, dunque tutto è affidato alla buona volontà della gente o all’organizzazione delle comunità e degli eserciti delle minoranze etniche. Nelle zone controllate dalla giunta, alcuni corpi di vigili del fuoco sono impegnati nella capitale Naypyidaw e a Mandalay, dove sono crollati diversi edifici a più piani, ma tanti altri territori sono del tutto abbandonati a loro stessi. Lo stato si disinteressa del tutto dei cittadini, della loro condizione e del loro benessere».

Diverse chiese cattoliche a Mandalay hanno subito danni: quella maggiormente colpita è la chiesa di san Michele, mentre 20 persone sono morte nel crollo di una moschea a Mandalay. Danneggiata anche la cattedrale di San Giuseppe nella città di Taunggyi, nello stato Shan. Molte chiese, a Mandalay, Naypyidaw , Yangon, Taunggyi, hanno interrotto le celebrazioni liturgiche e mobilitando i fedeli attivando gesti di solidarietà per chi si è ritrovato senza casa.

Le scosse di magnitudo 7.7 e 6.4 hanno colpito il centro del Myanmar, con epicentro a 16 km a nordovest della città di Saigang, lungo l’omonima faglia che attraversa il Paese da nord a sud, e a soli 10 km di profondità. E si sono propagate per migliaia di chilometri, raggiungendo la vicina Thailandia, la Cina, fino al Laos e al Vietnam.

Oltre alla migliaia in Myanmar, diverse vittime anche a Bangkok, dove è crollato un grattacielo di 30 piani ancora in costruzione, seppellendo decine di operai. «In alcune zone sono crollati dei palazzi», ha detto Min Aung Hlaing in visita a un ospedale della capitale Naypyidaw dove i morti accertati sono al momento 96. Qui i feriti sono arrivati «in massa» ma l’ingresso del pronto soccorso è crollato e l’intero edificio ha subito pesanti danni, costringendo il personale sanitario a prendere in carico centinaia di persone all’esterno.

«Non ho mai visto nulla del genere, tentiamo di gestire la situazione», ha detto un medico all’Afp. Si tratta infatti della scossa più forte nel Paese dal 1946 e, secondo l’Ingv, è stata 300 volte più potente di quella che devastò Amatrice nel 2016.

La giunta ha quindi dichiarato lo stato d’emergenza in sei delle sette regioni del Paese (Sagaing, Mandalay, Magway, nel nordest dello le nord-est dello Stato Shan, Naypyidaw e Bago). Anche a Mandalay, la seconda città più grande del Myanmar e a pochi chilometri dall’epicentro, sono crollati diversi palazzi, compresi un ospedale e un hotel.

Ovunque il manto stradale è divelto, la principale autostrada, vicina a Mandalay, è interrotta, alcuni ponti sono crollati, come quello di Sagaing. A Taungoo, a sud di Naypyidaw, una ventina di bambini sono rimasti intrappolati sotto le macerie di una scuola: secondo una testata locale, Eleven Media Group, cinque di loro sarebbero stati estratti senza vita.

Drammatica la situazione anche nella vicina Thailandia, dove il premier Paetongtarn Shinawatra ha interrotto una visita ufficiale nell’isola di Phuket per tenere una «riunione urgente» e ha dichiarato lo stato di emergenza. Almeno 9 persone sono morte a Bangkok, mentre si ritiene che siano 110 quelle intrappolate sotto le macerie del grattacielo in costruzione dove erano al lavoro 409 operai: i soccorritori sono al lavoro per cercarli anche con l’aiuto di droni e cani. Il terremoto è poi stato avvertito distintamente fino in Laos e Vietnam. Gli edifici hanno tremato nelle capitali, Vientiane e Hanoi, e a Ho Chi Minh City.

La Farnesina sta verificando attraverso le sue ambasciate l’eventuale coinvolgimento di cittadini italiani nel terremoto: sono circa 100 gli iscritti all’Aire in Myanmar, 7.000 in Thailandia oltre a 700 persone iscritte al sito “Dove siamo nel mondo”. L’Italia sta inoltre verificando a livello europeo la possibilità di azioni comuni del Sistema di Protezione civile europea.





Dal sito Famiglia Cristiana

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