Al Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano si è svolta questo pomeriggio, 27 maggio, la presentazione del nuovo strumento liturgico, la cui pubblicazione è stata promossa dal Dicastero per le Chiese Orientali. Un testo che è “fonte” di “speranza” per i fedeli e il clero, ha detto il prefetto, il cardinale Gugerotti
Isabella H. de Carvalho – Città del Vaticano
“In un momento così difficile” per l’Etiopia e per l’Eritrea, il nuovo Messale in lingua ge’ez è una “fonte di quella speranza, fonte di quella capacità di sopravvivere e di sognare, che è la radice di esistenza di un popolo”. Il cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, ha sottolineato con queste parole l’importanza della pubblicazione del nuovo strumento liturgico per le Chiese orientali cattoliche nei due paesi africani, alla presentazione svoltasi oggi pomeriggio, 27 maggio, nel Pontificio Collegio Etiopico, in Vaticano. Presenti il segretario del Dicastero, monsignor Michel Jalakh, il cardinale Giovanni Lajolo e diversi sacerdoti, religiose e fedeli delle Chiese orientali cattoliche in Etiopia ed Eritrea che hanno potuto assistere ad un canto liturgico, con tamburi, strumenti e danze, nell’antica lingua semitica ge’ez, utilizzata nelle celebrazioni e nei riti delle due nazioni. L’evento ha evidenziato l’importanza e la necessità del libro liturgico per servire e guidare i fedeli e il clero etiopi ed eritrei .
Il lavoro frutto di due commisioni
“Se ad un popolo si toglie la fede, il canto – e nel vostro caso anche la danza – che unisce la terra al cielo, c’è la possibilità di sentire che troppo dura è l’esistenza umana, troppo violenta, troppo povera”, nel senso di povertà indotta, ha osservato nel suo intervento il cardinale Gugerotti. “Possa veramente il popolo dell’Eritrea e dell’Etiopia sentire, attraverso questo libro, vibrare ancora la benevolenza amorosa di Dio e la carezza della Vergine”, ha aggiunto il prefetto. Il nuovo Messale, la cui pubblicazione è stata promossa Dicastero per le Chiese Orientali, dovrebbe servire all’incirca 500.mila fedeli, si basa su fonti e tradizioni antiche delle due Chiese africane e include nuove informazioni e dettagli sui canti, l’eucaristia e altro ancora. È frutto di due commissioni, con base nei due paesi, che hanno lavorato insieme per vari anni per produrre i testi, aggiornati anche con quelli del Concilio Vaticano II e del Codice dei canoni delle Chiese orientali.
Uno strumento che potrà essre fonte di unione per i fedeli
Il prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali ha poi consegnato ufficialmente il Messale ad alcuni vescovi delle Chiese eritree ed etiopi. Tra loro monsignor Kindane Yebio, a capo dell’eparchia di Keren, il cui auspicio, manifestato ai media vaticani, è che il libro liturgico possa “essere una fonte di unione” per i fedeli nei due paesi. Un pensiero condiviso anche dal confratello etiopie, Tesfasellassie Medhin, vescovo dell’eparchia di Adigrat, il quale ha aggiunto che “nei momenti più difficili, quando la Messa è celebrata in unione di spirito, dà gioia interiore, forza e speranza”. Per monsignor Yebio questo messale sarà anche uno strumento ecumenico che aiuterà ad avvicinarsi e a trovare punti comuni con i cristiani ortodossi. Infine, nel corso dell’incontro con la stampa è stato ricordato l’incoraggiamento e il sostengo di Papa Leone XIV alle Chiese orientali nel recente discorso ai partecipanti al Giubileo dedicato, il 14 maggio scorso, quando ha detto: “La Chiesa ha bisogno di voi. Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano”.