Sudan: la comunità internazionale sostiene la riduzione del debito

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A Parigi la Conferenza internazionale sul Sudan presieduta dai Paesi creditori che vogliono aiutare Khartum nella transizione democratica. Pronti aiuti di miliardi per cancellare parte del debito estero. Di Liddo (Cesi): importate diversificare gli investimenti per un economica che non si basi solo sulle materie prime

Marco Guerra – Città del Vaticano

Ridurre il debito internazionale e attrarre investitori esteri per sviluppare e stabilizzare il Paese nel suo processo di transizione verso la democrazia. Questi gli obiettivi a cui guarda la conferenza Conferenza Internazionale sul Sudan di oggi a Parigi. Tra i partecipanti il capo di Stato francese, Emmanuel Macron, il suo omologo sudanese, Ab­del Fat­tah al-Bu­rhan, il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, presente in videocollegamento. Presente l’Unione Europea, rappresentata dall’Alto Rappresentante Josef Borrell. Partecipazione da remoto anche del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Paesi disponibili a ridurre il debito

Il Sudan intende attirare gli investitori e assicurarsi accordi per pagare i suoi arretrati al Fondo Monetario Internazionale (Fmi), aprendo la strada a un più ampio sollievo sul suo debito estero di almeno 50 miliardi di dollari. Allo scopo di rafforzare il sostegno politico ed economico alla transizione sudanese, il ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire, ha già fatto sapere che concederà un prestito ponte di 1,5 miliardi di dollari, per cancellare parte degli arretrati del Sudan all’Fmi. Anche la Cina, uno dei principali creditori, ha ridotto e condonato alcuni debiti e spingerà la comunità internazionale a fare lo stesso, ha detto Hua Chunying, portavoce del ministero degli esteri cinese. L’Arabia Saudita, un altro grande creditore, ha riferito che farà pressione per un ampio accordo sul debito del Sudan. In cambio degli aiuti economici sul piatto progetti del valore di miliardi di dollari nel campo dell’energia, delle miniere, delle infrastrutture e dell’agricoltura, ha annunciato, prima della Conferenza, Khalid Omar Youssef, ministro sudanese per gli affari di gabinetto.

I passi in avanti

Khartum ha accumulato enormi arretrati sul suo debito, ma recentemente ha fatto rapidi progressi verso la cancellazione di gran parte di esso nell’ambito del programma HIPC (Highly Indebted Poor Countries) del Fmi e della Banca Mondiale. Grazie ai prestiti ponte dei singoli Stati, il Sudan ha ridotto il debito con gli organismi internazionali e questo permetterà al Paese africano di accedere a finanziamenti internazionali più economici. Le recenti riforme adottate, sotto un programma di monitoraggio del Fmi, includono il taglio dei sussidi per il carburante e una forte svalutazione della moneta.

Il processo di transizione democratica

Il Sudan, che conta oltre 41 milioni di abitanti, sta uscendo fuori da decenni di sanzioni economiche e isolamento subiti sotto l’ex presidente e uomo forte del Paese, Omar al-Bashir, che l’11 aprile del 2019 è stato destituito dai militari dopo circa 30 anni di esercizio autoritario del potere. L’attuale governo di transizione, nominato, dopo un accordo di condivisione del potere tra militari e civili, sta cercando di tirare il Sudan fuori da una profonda crisi economica, con un’inflazione superiore al 300% e carenze di beni di prima necessità. La Dichiarazione costituzionale firmata nell’agosto 2019 della giunta militare e dalla coalizione delle Forze per la libertà e il cambiamento (Ffc) ha stabilito una spartizione del potere per tutta la fase di transizione.

Transizione ancora in una fare critica

“L’appuntamento è importante, perché si introduce nel solco dell’azione europea per la riduzione del debito dei Paesi africani. In particolare si vuole aiutare la transizione sudanese che è ancora in una fase critica, con le opposizioni che accusano la giunta militare di avere un ruolo preminente nella vita pubblica”, spiega a Vatican News Marco Di Liddo, analista del Centro studi internazionali (Cesi).

Ascolta l’intervista a Marco Di Liddo

Il nodo dei movimenti indipendentisti

L’esperto dell’area africana parla anche di un doppio tavolo negoziale interno, uno tra militari e la società civile, per garantire la transizione democratica, e l’altro tra il governo di Khartum e i movimenti indipendentisti e secessionisti, su base etnica, delle regioni del Darfur e del Kordofan: “Al momento i ribelli hanno firmato una sorta di cessate il fuoco, ma attendono progressi in termini di concessioni di autonomie”. “Dal punto di vista occidentale la stabilizzazione è fondamentale – prosegue Di Liddo – perché per anni il Paese è stato una base dei movimenti jihadisti regionali e perché è attraversato dalle rotte migratorie dell’Africa orientale”.

Le prospettive economiche

Secondo il ricercatore del Cesi, le criticità del Sudan al momento sono superiori alle potenzialità. “Una parte importate del territorio è arido o semiarido- afferma ancora -, le vere ricchezze sono quelle del sottosuolo, ma sfruttarle pone il classico rischio di tanti Stati africani, che basano l’economia nazionale solo sulle materie prime. L’imperativo in questo momento è diversificare gli investimenti stranieri”.

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