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Riti, sorteggio delle camere, menu, voto “a distanza”, elettori. Tutto quello che c’è da sapere sul Conclave


Il Conclave che inizia mercoledì 7 maggio è chiamato a scegliere il successore di papa Francesco e il 267° Papa della Chiesa cattolica.

Come si svolge l’elezione? Quali sono i riti e le preghiere? Come si svolgono gli scrutini? Quanti sono i cardinali elettori? Chi deve prestare giuramento? Dove alloggiano i cardinali durante la “reclusione”? Si può votare “a distanza”? Come viene garantita la riservatezza considerate, anche, le nuove tecnologie? Conclave, infatti, deriva dal latino cum clave, “sotto chiave”, e descrive la situazione di isolamento dal mondo esterno cui è chiamato il Collegio cardinalizio mentre vota il nuovo Papa.

Ecco una guida tra storia, curiosità, luoghi, numeri, cronaca e attualità.

CAPPELLA SISTINA – Non è sempre stato il luogo della scelta del Papa. Il prossimo, infatti, sarà il 26° Conclave della storia della Chiesa che si svolge in questo luogo che è anche uno scrigno d’arte visitato da milioni di persone ogni anno per ammirare lo splendido Giudizio Universale di Michelangelo. Anche perché non tutte le elezioni dei Papi si sono svolte in Italia: nel 1119, ad esempio, si svolse a Cluny, nel 1314-1316 a Carpentras e Lione, e poi più volte ad Avignone nel corso del Trecento e nel 1417 a Costanza. In tutto a Roma l’elezione si è svolta cinquantatré volte, dieci nella cappella Paolina, tra il 1550 e il 1700, venticinque, a partire dal 1513, nella Cappella Sistina. Quasi tutti i Papi sono stati eletti per votazione, ma non tutti: nel 731 Gregorio III fu scelto “per acclamazione”, Sisto V nel 1585 per “quasi ispirazione”. Il primo vescovo di Roma a essere eletto in Conclave fu Gregorio X scelto nel 1276 nella cattedrale di Arezzo.

GIURAMENTO/1 – Attraverso una cerimonia ad hoc, in programma lunedì, 5 maggio alle ore 17 nella Cappella Paolina, nella Prima Loggia del Palazzo Apostolico, sono tenuti a prestare giuramento nelle mani del cardinale camerlengo Kevin Farrel tutti gli officiali e addetti al Conclave, sia ecclesiastici che laici. Si tratta di: il Segretario del Collegio Cardinalizio; il Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie, l’arcivescovo Diego Ravelli che pronuncerà anche l’Extra Omnes; i cerimonieri Pontifici; l’ecclesiastico scelto dal Cardinale che presiede il Conclave perché lo assista nel proprio ufficio; i religiosi addetti alla Sagrestia Pontificia; i religiosi di varie lingue per le confessioni; i medici e gli infermieri incaricati dell’assistenza medica; gli addetti agli ascensori del Palazzo Apostolico; il personale addetto ai servizi della mensa e delle pulizie; il personale della floreria e dei Servizi tecnici; gli addetti al trasporto degli Elettori da Casa Santa Marta al Palazzo Apostolico; il Colonnello e un Maggiore della Guardia Svizzera Pontificia, addetti alla sorveglianza vicino alla Cappella Sistina; il Direttore dei Servizi di Sicurezza e della Protezione Civile dello Stato Vaticano con alcuni suoi collaboratori. La formula che dovranno pronunciare è la seguente: «Io N. N. prometto e giuro di osservare il segreto assoluto con chiunque non faccia parte del Collegio dei Cardinali elettori, e ciò in perpetuo, a meno che non ne riceva speciale facoltà data espressamente dal nuovo Pontefice eletto o dai suoi Successori, circa tutto ciò che attiene direttamente o indirettamente alle votazioni e agli scrutini per l’elezione del Sommo Pontefice. Prometto parimenti e giuro di astenermi dal fare uso di qualsiasi strumento di registrazione o di audizione o di visione di quanto, nel periodo della elezione, si svolge entro l’ambito della Città del Vaticano, e particolarmente di quanto direttamente o indirettamente in qualsiasi modo ha attinenza con le operazioni connesse con l’elezione medesima. Dichiaro di emettere questo giuramento, consapevole che una infrazione di esso comporterà nei miei confronti la pena della scomunica “latae sententiae” riservata alla Sede Apostolica. Così Dio mi aiuti e questi Santi Evangeli, che tocco con la mia mano».

SCOMUNICA – Le regole da rispettare sono rigide. Officiali e addetti non potranno rivolgere la parola ai cardinali, se non per svolgere le proprie mansioni. Non potranno comunicare con l’esterno per tutto il tempo dell’elezione né riferire in seguito quanto visto in quei giorni. Pena la scomunica latae sententiae, ossia immediata e automatica, senza cioè bisogno di una sentenza da parte di un tribunale ecclesiastico.

GIURAMENTO/2 – L’altro giuramento è quello che devono prestare i cardinali elettori prima che venga pronunciato l’Extra Omnes e inizino le operazioni di voto vere e proprie. Ciascuno, a turno, mette la mano sul grande libro del Vangelo al centro della sala, pronuncia il proprio nome e afferma in latino: «Spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deo audivet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango». Cioè: «Prometto, mi obbligo e giuro, così Dio mi aiuti e questi santi evangeli che tocco con la mia mano».

MESSA – Una celebrazione eucaristica ad hoc, detta Pro eligendo Romano Pontifice viene presieduta dal cardinale decano, Giovanni Battista Re, insieme a tutti i porporati, elettori e no, alle ore 10 del 7 maggio nella Basilica di San Pietro. Il decano inviterà i confratelli a procedere nel pomeriggio verso la Sistina con queste parole: «Tutta la Chiesa, unita a noi nella preghiera, invoca costantemente la grazia dello Spirito Santo, perché sia eletto da noi un degno Pastore di tutto il gregge di Cristo».

LITANIE E VENI CREATOR – Nel pomeriggio, alle 16,30, solo i cardinali elettori, cioè coloro che hanno meno di 80 anni, in abito corale, entrano in processione nella Cappella Sistina mentre vengono cantate le litanie dei santi, per invocare il “soccorso” della Chiesa del cielo nei confronti di quella sulla terra impegnata a scegliere il nuovo Papa e vescovo di Roma. Prima di prestare giuramento, i cardinali cantano, in latino, il Veni Creator, l’inno d’invocazione allo Spirito Santo perché ispiri le loro scelte. Si tratta di un inno molto suggestivo, in sei strofe, che unisce preghiera, meditazione e invocazione, attribuito all’arcivescovo di Magonza Rabano Mauro e risalente al IX secolo. Ecco l’incipit: «Vieni, o Spirito creatore, / visita le nostre menti, / riempi della tua grazia / i cuori che hai creato. / O dolce consolatore, / dono del Padre altissimo, / acqua viva, fuoco, amore, / santo crisma dell’anima».

PROVENIENZA – Sono 108 (su 135 aventi diritto) i cardinali nominati da papa Francesco che entrano in Conclave. Guardando alla provenienza geografica, 59 sono gli europei (di cui 19 italiani), 37 gli americani (16 dall’America del Nord, 4 da quella centrale, 17 dall’America del Sud), 20 gli asiatici, 16 gli africani, 3 dell’Oceania. Il più giovane è l’ucraino Mykola Byčok, 45 anni compiuti il 13 febbraio, vescovo della Chiesa greco-cattolica di Melbourne (Australia). Il più anziano lo spagnolo Carlos Osoro Sierra, arcivescovo emerito di Madrid, che compirà 80 anni il prossimo 16 maggio, seguito di solo un mese dal guineano Robert Sarah, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino.



I preparativi nella Cappella Sistina per l’allestimento del Conclave (Vatican Media)

EXTRA OMNES – Quando tutti gli elettori hanno pronunciato la formula del giuramento, entra in scena il maestro delle cerimonie pontificie, Diego Ravelli. È un arcivescovo, non un cardinale: è quindi escluso dalla Sistina durante le votazioni, ma guida le fasi di preghiera previste nei giorni in cui i cardinali restano isolati. Spetta a lui, in particolare, compiere il rito della chiusura delle porte. Pronunciando la famosa frase: “Extra omnes”, fuori tutti. (nella foto in alto, la chiusura della porta della Sistina nel 2013, ndr). Il Conclave, a questo punto, entra nel vivo.

SCHEDA – È un piccolo rettangolo di carta su cui scrivere, con grafia non riconoscibile, il nome del candidato scelto sotto la scritta in latino: «Eligo in summum pontificem» («Io scelgo come sommo pontefice»).

FASI DEL VOTO – La procedura si divide sostanzialmente in tre fasi. Nell’antescrutinum le schede per la votazione vengono distribuite dai cerimonieri ai cardinali dopo che l’ultimo cardinale diacono sorteggia tre scrutatori, tre revisori e tre infirmarii che raccolgono i voti dei cardinali infermi che si trovano a Casa Santa Marta ma non possono fisicamente raggiungere la Sistina. In questo Conclave non dovrebbero essercene perché il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo emerito di Sarajevo, ha detto che riuscirà, se aiutato, a raggiungere la Sistina per votare. Le schede vengono consegnate bianche e i cardinali procedono con il voto sotto la scritta «Eligo in Summun Ponteficem».

Nella fase dello “scrutinium vere e propique” gli elettori procedono con la compilazione della scheda che avviene in segreto: i cardinali possono scrivere un solo nome. Il rettangolo di carta viene poi pietà a metà e i cardinali sono tenuti a mantenerlo sollevato. Con la scheda tra le mani raggiungono l’urna posta sull’altare della Cappella Sistina. Lì pronunciano il giuramento scandendo, in latino, la frase: «Chiamo a testimone Cristo Signore, il quale mi giudicherà, che il mio voto è dato a colui che, secondo Dio, ritengo debba essere eletto» per poi adagiare la scheda su un piatto d’argento poggiato sull’urna e la lascia scivolare all’interno.

Quando le operazioni di voto sono dichiarate concluse, siamo al post-scrutinium, le schede vengono mescolate. I cardinali scrutatori contano le schede: se il numero non corrisponde a quello degli elettori, tutte le schede vengono bruciate e si ripete il voto. In caso di numero corretto i primi due scrutatori aprono e leggono in silenzio il nome scritto sulla scheda, mentre il terzo pronuncia il nome. Le schede vengono forate e legate insieme, per poi essere sempre bruciate all’interno della stufa. Nel caso in cui la votazione non porta all’elezione del nuovo Papa viene aggiunta una miscela composta da perclorato di potassio, antracena e zolfo che produce la caratteristica fumata nera.

VOTO “A DISTANZA” – Oltre ad essere la residenza degli elettori, per uno di loro Casa Santa Marta potrebbe essere una sorta di propaggine della Sistina: un altro porporato, di cui ancora non si conosce l’identità, dovrebbe infatti venire sì a Roma per prendere parte al Conclave, ma sarebbe malati. Le norme prevedono in casi di problemi di salute una sorta di voto “per corrispondenza”, per quanto a pochi metri di distanza. La Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis emanata dal Giovanni Paolo II nel 1996, infatti, prevede che ci siano tre cardinali incaricati a raccogliere i voti degli infermi, denominati per brevità Infirmarii, i quali si recano dai confratelli infermi «con una cassetta, che abbia nella parte superiore un foro, per cui possa esservi inserita una scheda piegata. Gli Scrutatori, prima di consegnare tale cassetta agli Infirmarii la aprono pubblicamente, in modo che gli altri elettori possano costatare che è vuota, quindi la chiudano e depongono la chiave sull’altare. Successivamente gli Infirmarii con la cassetta chiusa ed un congruo numero di schede su un piccolo vassoio, si recano, debitamente accompagnati, alla Domus Sanctae Marthae presso ciascun infermo il quale, presa una scheda, vota segretamente, la piega e, premesso il suddetto giuramento, la introduce nella cassetta attraverso il foro». Poi i cardinali infirmarii riportano in Cappella Sistina, e, fatte tutte le verifiche del caso, le schede vengono poste «una ad una sul piatto e con questo le introducono tutte insieme nel recipiente».

QUORUM – I cardinali elettori aventi diritto al voto, cioè con meno di 80 anni, sono 135. Due di loro, però, hanno annunciato che non saranno a Roma per motivi di salute. Si tratta dello spagnolo Antonio Cañizares Llovera, 79 anni, arcivescovo emerito di Valencia, e del keniota John Njue, 79, arcivescovo emerito di Nairobi. Per essere eletto Papa, bisogna ottenere i due terzi dei voti dell’intero collegio. Quindi il quorum è di 89 voti. Con la Universi Dominici Gregis, Giovanni Paolo II ha abolito due dei tre metodi tradizionali di voto. Non è più possibile la nomina per acclamazione unanime da parte del collegio dei cardinali e l’elezione per compromesso, ovvero il sacro Collegio non può più delegare la decisione a un gruppo di grandi Elettori (composto da 9 a 15 cardinali). Con la Lettera apostolica De aliquibus mutationibus in normis de electione Romani Pontificis, dell’11 giugno 2007, Benedetto XVI ha infatti ristabilito la norma, sancita dalla tradizione, secondo la quale per la valida elezione del Romano Pontefice «è sempre richiesta la maggioranza dei due terzi di voti dei Cardinali elettori presenti», per tutti gli scrutini e indipendentemente dalla durata del Conclave.

BALLOTTAGGIO – Le votazioni possono andare avanti a oltranza, ma dopo un certo numero di scrutini (33 o 34) e dieci-tredici giorni di votazioni andate a vuoto, si passa al ballottaggio tra i due candidati più votati. Il Papa deve però comunque essere eletto con il quorum dei due terzi. Secondo il Diritto Canonico, può essere eletto Papa qualsiasi maschio battezzato e celibe. In teoria, anche chi è fuori dalla Cappella Sistina.



L’entrata dei cardinali nella Cappella Sistina per il Conclave del 2013 che elesse papa Francesco (Ansa)

CASA SANTA MARTA – È l’albergo, completamente isolato come la Sistina, dove alloggiano i cardinali che partecipano al Conclave. Si trova a due passi da piazza San Pietro, entrando dall’Arco delle Campane, sulla sinistra della Basilica. Affaccia sul lato dell’entrata nella grande piazza che poi sale verso la Stazione vaticana e i Giardini vaticani. Papa Francesco l’aveva scelta come sua residenza fissa rinunciando all’appartamento al terzo piano del Palazzo Apostolico. La residenza attualmente ha 105 suite con due camere e 26 camere singole ed è gestita dalle suore Figlie della Carità di San Vincenzo De’ Paoli. Il nome viene dalla chiesa e dalla casa adiacente che era nata come un piccolo ospedale nel 1538 e rimase tale fino al 1726, quando diventa un convento per i padri Trinitari per quasi cento anni. Santa Marta è stata destinata a residenza dei cardinali durante il Conclave dalla Costituzione apostolica di Giovanni Paolo II Universi dominici gregis promulgata il 22 febbraio 1996. La sicurezza e la riservatezza del luogo e del percorso tra Santa Marta e la Cappella Sistina, dove si svolge il Conclave per eleggere il nuovo Pontefice, sono state poi definite nei particolari dal Motu proprio di Benedetto XVI Normas nonnullas del 22 febbraio 2013. Siccome i cardinali elettori sono 133 (due aventi diritto non saranno presenti per motivi di salute), le stanze di Casa Santa Marta non sono sufficienti per tutti, tanto più che una suite, la 201 al secondo piano, l’appartamento di papa Francesco in tutti questi anni, è stato sigillato, come vogliono le norme, con la sua morte, e verrà riaperta solo a Conclave concluso. Si è deciso allora di adattare a dépendance per gli elettori anche l’ex ospizio Santa Marta, un edificio attiguo a Casa Santa Marta, normalmente abitato da officiali vaticani e dove stava per trasferirsi monsignor Georg Gaenswein, il segretario storico di Benedetto XVI, dopo aver lasciato il monastero dove aveva vissuto col Papa emerito e prima di tornare in Germania.

SORTEGGIO – Le stanze vengono assegnate per sorteggio, come ha confermato il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni. Ogni cardinale ha una camera singola: semplice, essenziale, con un piccolo bagno privato. Ognuno si sistemerà nella sua camera tra la serata di martedì 6 e la mattinata di mercoledì 7 maggio, giorno di inizio del Conclave.

GIORNATA TIPO – Come si svolgono le giornate? Il programma dell’ultimo conclave del 2013 prevedeva dal secondo giorno la colazione tra le 6,30 e le 7,30, alle 7,45 si ripartiva per il Palazzo apostolico dove alle 8,15 veniva concelebrata la messa nella Cappella Paolina. Alle 9,30 si tornava nella Sistina, dove si recitava l’Ora media. E a quel punto si procedeva con le votazioni della mattina. Alle 12,30 il ritorno a Santa Marta, alle 13 il pranzo. Poi il riposo fino alle 16, quando si tornava in Cappella Sistina per un’altra preghiera e l’inizio delle votazioni pomeridiane previsto attorno alle 16,50. Alle 19,15 la recita dei vespri, il trasferimento a Santa Marta e alle 20 la cena. «Non è prevista la ricreazione», ha detto scherzando un cardinale.

MENÙ – Al mattino, una colazione leggera a base di tè, caffè, pane e marmellata; a pranzo e cena pasta o riso, carne bianca o pesce, pane, verdure e frutta di stagione. Vino previsto in piccole quantità, niente superalcolici. Il dolce solo per eventuali occasioni particolari. Cuochi e camerieri che preparano i pasti non possono avere contatti con l’esterno, né scambiare parole inutili con gli elettori. Ogni giorno i cardinali saranno accompagnati alla Cappella sistina a bordo di autobus isolati, lungo un percorso protetto da ogni contatto col mondo. Il menù nella storia dei Conclavi ha avuto un ruolo non di poco conto. In quello di Viterbo (1268-71), per sollecitare una decisione che tardava ad arrivare i pasti dei cardinali vennero progressivamente ridotti fino a pane e acqua. Un gesto drastico che segnò la storia, tanto da indurre il papa eletto, Gregorio X, a promulgare nel 1274 la Costituzione Ubi Periculum stabilendo che dopo tre giorni di Conclave senza elezione i cardinali ricevessero solo una portata per pasto; dopo altri cinque giorni, solo pane, vino e acqua. Nel Conclave del 1351 le restrizioni furono allentate e ai cardinali fu concesso un menu a tre portate.

SPONSOR – Riguardo ai costi del conclave, il portavoce vaticano, Matteo Bruni, in risposta alle domande dei giornalisti, ha risposto che «non c’è nessuno sponsor specifico» e che la Santa Sede affronta i costi con una somma che «viene messa regolarmente a budget».

BUNKER  – Per assicurare un totale ed effettivo isolamento dei cardinali elettori dal resto del mondo antico e moderno si mischiano. Sono stati installati disturbatori di frequenze per impedire ai telefoni cellulari di ricevere o trasmettere: i cosiddetti Jammer. Inoltre, sono state montate speciali pellicole anti droni e anti laser spia alle finestre. Le bonifiche ambientali contro eventuali microspie si sono accompagnate alle consuete verifiche. Gli esperti vaticani hanno assicurato che la Cappella Sistina diventerà un vero e proprio bunker digitale. Verranno ritirati — prima dell’ingresso — cellulari, computer portatili, iPad e qualsiasi altro dispositivo digitale in grado di comunicare con l’esterno. Silvio Screpanti, vice direttore del Settore Infrastrutture e Servizi del Governatorato, in una intervista a www.vaticanstate.va, ha spiegato il tipo di lavoro per isolare gli elettori: Le attività prevedono «lo sgombero, la revisione pittorica ed impiantistica e la pulizia straordinaria degli alloggi assegnati ai Cardinali elettori ed al personale di supporto presso la Casa Santa Marta, l’ex Ospizio Santa Marta ed il Collegio Etiopico, per un totale di circa 200 stanze. In ciascun edificio», ha spiegato Screpanti, «si realizzano poi le compartimentazioni che garantiranno l’isolamento dei partecipanti, mediante tramezzature, porte provvisorie e chiusura temporanea di alcune finestre per eliminare gli introspetti. La direzione provvede infine all’allestimento di tutto il mobilio mancante. Si tratta delle dotazioni minime necessarie a soddisfare le necessità degli occupanti (letto, comodino, armadio). Infine, il personale della Direzione provvede inoltre, come da tradizione, all’oscuramento di tutti i vetri del Palazzo Apostolico nelle aree destinate al Conclave». Mentre alla vigilia, il 6 maggio, vengono apposti quasi 80 sigilli di piombo su tutti gli accessi al perimetro del Conclave.

OPERAI – Screpanti ha anche reso noto il numero di persone impegnate nell’allestimento del Conclave: 40 maestranze interne fra falegnami, fabbri, pontaioli, allestitori, florieri, personale delle pulizie, oltre a circa 20 operai di supporto, messi a disposizione da ditte esterne, una decina di tecnici impegnati nella progettazione, nella supervisione dei lavori e nel coordinamento della sicurezza dei lavoratori. Inoltre, ha aggiunto, «durante l’evento saranno presenti in Conclave, 5 fra elettricisti ed ascensoristi, 5 termo-idraulici e 2 florieri, che presteranno giuramento e saranno in servizio a tempo pieno, pernottando in Vaticano, senza poter avere contatti con le proprie famiglie».




DURATA – Imprevedibile, ovviamente. In questi giorni di Congregazioni generali alcuni porporati hanno detto che sarà breve, altri, invece, hanno detto che hanno bisogno di più tempo. Nell’ultimo secolo si sono svolti otto conclavi e molti sono stati piuttosto brevi. Il più lungo, con quattordici votazioni, è stato il Conclave che elesse Pio XI nel 1922, il più corto quello che nel 1939, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, elesse Pio XII al terzo scrutinio.

Giovanni XXIII fu eletto nel 1958 all’undicesima votazione, Paolo VI nel 1963 dopo sei scrutini. Alla morte di Montini, nel 1978, l’anno dei tre Papi (e dei due Conclavi), Giovanni Paolo I, ad agosto, fu eletto al quarto tentativo mentre Giovanni Paolo II, a ottobre, all’ottavo. Benedetto XVI nel 2005 è stato eletto alla quarta votazione, Francesco nel 2013 alla quinta.

ACCETTAZIONE – Quando uno scrutinio raggiunge il quorum previsto per l’elezione, viene chiesto al prescelto se accetta la nomina. Tocca al cardinale Pietro Parolin, a meno che la scelta non cada proprio su di lui (in quel caso subentrerebbe Fernando Filoni), rivolgere al potenziale papa la domanda: «Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?». («Accetti la tua elezione canonica a sommo pontefice?»). Nel caso arrivi il consenso, si chiede il nome con cui il nuovo successore di Pietro vuole farsi chiamare da quel momento: «Quo nomine vis vocari?». E a quel punto c’è formalmente il nuovo papa: può scattare la fumata bianca che annuncia alla Chiesa e al mondo l’avvenuta elezione del nuovo Pontefice. Il dialogo si deve svolgere obbligatoriamente nella lingua latina che è la lingua ufficiale e istituzionale della Santa Sede.

STANZA DELLE LACRIME – Diventare il successore dell’apostolo Pietro, il capo e guida spirituale per un miliardo e 400 mila cattolici sparsi in tutto il mondo è un compito di grande responsabilità di fronte al quale si rischia di restare schiacciati e sgomenti. Il pianto è spesso la prima reazione del neo Papa. Nella sua esperienza bimillenaria, la Chiesa lo ha previsto e ha dedicato al primissimo turbamento del Pontefice un piccolo spazio, spoglio e intimo: la “Stanza delle lacrime”, detta anche “Stanza del pianto”. Si tratta di una piccola anticamera all’interno della sacrestia della Cappella Sistina. Quando il neo-eletto arriva, trova un appendiabiti con la talare bianca di tre taglie (50, 54 e 58) da indossare per il saluto ai fedeli e la benedizione Urbi et Orbi (Alla Città e al mondo), una croce, qualche immagine mariana, un divanetto rosso, resti di antichi affreschi sulle pareti. È stato qui che il 28 ottobre 1958 Angelo Roncalli appena diventato papa Giovanni XXIII, scoppiò in singhiozzi irrefrenabili alla vista della talare bianca, nonostante i suoi 77 anni e la lunga esperienza diplomatica, da Parigi a Istanbul. In questa stanza Benedetto XVI parlò di «ghigliottina» definendo la sua elezione nel 2005. Ed è sempre qui che, secondo una leggenda mai confermata, Francesco si rivolse con un brusco «Il Carnevale è finito» al maestro del Cerimoniale pontificio che voleva fargli indossare, come da tradizione, le scarpe rosse e la mozzetta rossa.

BIANCO – Fino a metà del Cinquecento i Papi vestivano di rosso e non di bianco. La talare candida risale all’elezione nel 1566 di Pio V, Antonio Ghislieri, che in quanto teologo e frate domenicano, decise di mantenere l’abito bianco del suo ordine religioso anche da Pontefice. Una scelta «copiata» dai suoi successori, fino a farla diventare una tradizione.

ANNUNTIO VOBIS – Dalla fumata bianca all’annuncio del nome del nuovo Papa trascorre circa un’ora. Quando finalmente si apre la porta vetrata dietro alla Loggia delle benedizioni della Basilica di San Pietro vuol dire che il mondo sta per conoscere il risultato del voto. Ad affacciarsi è il cardinale protodiacono, il corso Dominique Mamberti. La sua voce è chiamata a scandire la formula forse più nota: «Annuntio vobis gaudium magnum. Habemus Papam». Poi arriva il momento di rivelarne il nome: «Eminentissimum ac reverendissimum dominum», l’eminentissimo e reverendissimo signore. E si ripete per la seconda volta dominum aggiungendo il nome di battesimo. Poi il protodiacono completa la frase: «Sanctae romanae ecclesiae cardinalem» e a quel punto aggiunge il cognome specificando poi il nome con cui verrà chiamato il pontefice: «Qui sibi nomen imposuit…». Il cardinale Mamberti che darà l’annuncio ha 72 anni, è stato “ministro degli Esteri” vaticano con Benedetto XVI mentre papa Francesco lo ha creato cardinale e gli ha affidato la presidenza della Segnatura Apostolica, il massimo Tribunale della Santa Sede. Francese della Corsica, è giurista di formazione ma nella sua carriera ha fatto soprattutto il diplomatico, specialmente in Africa. L’ultimo cardinale protodiacono a cui è toccato il compito di pronunciare l’Habemus Papam è stato nel 2013 il francese Jean-Louis Tauran. Nel 2005 toccò al cileno Jorge Arturo Medina Estevez. Nei due conclavi del 1978 fu l’italiano Pericle Felici.





Dal sito Famiglia Cristiana

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