Presentata dalla Commissione di Bruxelles la bozza di nuovo regolamento sui rimpatri, che prevede un sistema comunitario e “return hubs” in Paesi extra-Ue. I vescovi europei e la Fondazione della Cei: non si punti su criteri punitivi
Roberto Paglialonga – Città del Vaticano
Ursula von der Leyen l’aveva annunciato domenica 9 marzo, nel discorso per i 100 giorni — del secondo mandato — a capo della Commissione europea. Ieri, la bozza di regolamento dell’Ue che modifica la direttiva sui rimpatri del 2008 è stata presentata ufficialmente. Ora spetterà al Parlamento di Strasburgo e al Consiglio Ue il lavoro co-legislativo per l’approvazione ed eventuali modifiche. L’obiettivo dichiarato dalla presidente è di dar vita a un «sistema veramente europeo», superando l’attuale frammentazione tra i 27 sistemi nazionali.
La bozza di nuovo regolamento Ue
Previsti in particolare l’introduzione di procedure comuni e di un ordine di rimpatrio europeo, valido in tutta l’Unione; rimpatri forzati e incentivi ai ritorni volontari; inoltre, inasprimento delle norme per la detenzione in caso di rischio di fuga. Infine, ed è la norma che più sta facendo discutere, la costituzione dei cosiddetti “return hubs”: ovvero centri in Paesi extra-Ue, verso i quali sarà possibile trasferire coloro che si trovano illegalmente in uno Stato dell’Unione (con l’esclusione di minori non accompagnati e famiglie con bambini), e a cui sia «stato rifiutato l’asilo o che abbiano già avuto un ordine di espulsione». Questi, si è affrettato a spiegare il commissario Ue all’Immigrazione e agli Affari interni, Magnus Brunner, sarebbero una «nuova possibilità completamente diversa» sia dal «modello Rwanda» che dal «modello Albania», voluti, finora senza successo, da Gran Bretagna e Italia.
Migrantes: rafforzare forme legali di ingresso
Si tratta di «una svolta verso l’esternalizzazione della gestione delle persone che non hanno più titolo a rimanere nel territorio dell’Ue», che «appare dettata da uno spirito prevalentemente punitivo», afferma ai media vaticani monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes. Tra l’altro, in un momento nel quale, aggiunge con riferimento agli hub, «altre esperienze analoghe in strutture di fatto detentive hanno già avuto una valutazione negativa». Sui rimpatri volontari, segnala, «la previsione di spesa per una loro incentivazione è di 8,4 milioni di euro per i prossimi tre anni, contro i 137,5 milioni di euro previsti nel triennio per la “capacità detentiva”». Pertanto, «sarebbe auspicabile che l’Ue, piuttosto, proponesse e finanziasse norme» per il «rafforzamento delle forme legali di ingresso ed, eventualmente, i rimpatri assistiti volontari».
Comece: Rispettare dignità e diritti dei migranti
Un invito cui si associa anche la Commissione delle conferenze episcopali della Comunità europea (Comece), con il segretario generale, don Manuel Barrios Prieto, che ai nostri canali di informazione spiega: «La nostra continua richiesta — anche al di là di questo regolamento — è quella di aprire vie legali e sicure in modo che i migranti possano raggiungere i Paesi dell’Ue senza doversi rivolgere ai trafficanti e ai contrabbandieri». E, stabilito che i rimpatri «devono essere l’ultima ratio», «si dia priorità a quelli volontari, offrendo nella misura del possibile incentivi che possano aiutare alla reintegrazione nel Paese di origine». Rispetto, poi, al tema dei centri di rimpatrio, «questi devono rispettare gli standard dei diritti umani e del diritto internazionale», ma «è dubbio» che ciò accada «alla luce delle pessime condizioni di tutela dei diritti umani in alcuni dei Paesi candidati ad accogliere migranti irregolari», dice ancora. Quindi, bene che «si cerchi di dare una risposta unitaria e coerente al problema di persone irregolarmente presenti nel territorio europeo. Nondimeno, questa risposta deve rispettare la dignità delle persone e il principio di solidarietà», conclude.