Quando occupare la scuola non è un atto democratico

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Sono rimasta molto stupita e anche un po’ indignata sentendo dell’occupazione del liceo Manzoni di Milano. Non è certo con un atto poco democratico che si può rivendicare la democrazia. Vorrei sapere il suo parere in merito. MONICA

— Cara Monica, non è facile spiegare le ragioni dell’occupazione lampo del liceo di Milano all’indomani delle scorse elezioni. Ti chiedi giustamente se questo atto sia legittimo o non sia poco democratico che un drappello di 40 studenti blocchi tutta una scuola. Il 26 settembre, dopo la tornata elettorale e i conseguenti risultati, il Collettivo della scuola ha organizzato un picchetto all’ingresso e in seguito riunito gli studenti in palestra per discutere dell’occupazione.

I motivi della protesta erano da ricercarsi nell’esito delle elezioni con la vittoria della destra, ma anche nei temi legati alla sicurezza durante l’alternanza scuola-lavoro e nei temi ambientali. Qualche cronista, e non solo, ha fatto notare che per manifestare il proprio dissenso ci sono molti modi e che occupare un luogo pubblico come una scuola è illegittimo, visto che viene negato l’accesso e il diritto allo studio di chi magari non si ritrova nella protesta. Per tutta risposta gli studenti dichiaravano: «Manifestiamo dentro le scuole perché esse costituiscono le fondamenta della società del futuro. Queste fondamenta sono costituite da noi, studenti e studentesse, dal nostro pensiero critico, dalla nostra agitazione». Come non concordare con tale dichiarazione? Ma se le scuole sono il luogo dove si impara il pensiero critico, la legalità, la cittadinanza e si studia la Costituzione, viene spontaneo chiedersi perché rispondere con un atto non del tutto democratico al risultato democraticamente uscito dalle urne.

L’articolo 1 della nostra Costituzione recita: «La sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi e nelle forme previste dalla Costituzione». Visto che la Carta costituzionale e le norme che disciplinano le modalità del voto sono state rispettate e che gli elettori hanno liberamente e democraticamente espresso la loro volontà, non resta che prendere atto del risultato. Questo non vuol dire non manifestare il proprio dissenso, ma farlo sempre con metodo democratico e, se si è opposizione, vigilare perché ciò sia sempre possibile. Un’ultima considerazione: dai dati post-elettorali è emerso che il primo partito è quello dell’astensione e i giovani tra i 18 e i 30 anni sono quelli che più hanno disertato le urne.

Allora la mia personale domanda agli studenti del Liceo Manzoni è: dove eravate negli ultimi due mesi prima del voto? Perché non vi siete mobilitati con le forze politiche in cui vi riconoscete per fare campagna elettorale e far conoscere le loro e le vostre istanze? E, se non vi riconoscete in nessuna forza, se davvero pensate che occupare sia l’unica strada, allora assumetevi la responsabilità dei vostri gesti e delle inevitabili conseguenze che possono passare da una sospensione o un cinque in condotta, con buona pace di quei genitori che poi non ci stanno e dicono: “E son ragazzi… ”.





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