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Petriccioli: «Un contratto per i lavoratori più attento alla persona»



Maurizio Petriccioli, segretario Generale Cisl Fp, 62 anni

«L’intesa rappresenta un passo significativo verso una Pubblica Amministrazione più moderna e inclusiva. La possibilità, ad esempio, di articolare l’orario di lavoro su quattro giornate rappresenta una novità molto positiva per il settore pubblico: la “settimana corta” risponde a una domanda crescente di flessibilità, permettendo alle lavoratrici e ai lavoratori di conciliare meglio la vita privata con gli impegni professionali». All’indomani dell’accordo sottoscritto dalla Cisl-Fp e dai sindacati autonomi Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp (ma non da Fp-Cgil e Uil-Pa), per il rinnovo del contratto 2022-2024 del comparto Funzioni centrali, il segretario Generale Cisl Funzione pubblica Maurizio Petriccioli si dice soddisfatto. Tra le misure, gli aumenti mensili, l’ampliamento del lavoro agile e, appunto, la settimana corta di quattro giorni su base volontaria, «una misura che guarda al futuro, rendendo la pubblica amministrazione più attrattiva e al passo con le tendenze europee in tema di organizzazione del lavoro».
Partiamo dalla “settimana corta”, una misura decisamente innovativa per l’Italia…
«Sì, perché non è solo un’opzione di gestione dell’orario ma anche un segnale importante di attenzione verso il benessere dei dipendenti, con un impatto potenziale non solo sulla produttività ma anche sulle comunità grazie alla riduzione degli spostamenti casa-lavoro, determinando un miglioramento complessivo della vita nelle grandi città».
Come valuta, nel complesso, l’intesa raggiunta per il rinnovo del contratto 2022/2024?
«Il rinnovo è il frutto di un lungo lavoro di confronto e negoziazione, che ha tenuto conto delle esigenze dei lavoratori e delle sfide attuali che il settore pubblico deve affrontare».
Siete soddisfatti, quindi?
«Come Cisl Fp abbiamo ritenuto l’intesa raggiunta il punto di mediazione più avanzato possibile: abbiamo infatti sottoscritto il miglior contratto possibile con le condizioni date, consapevoli della fase che sta vivendo il Paese e delle nuove regole di bilancio europee che impongono agli esecutivi scelte chiare in materia economica. Inoltre, la conquista di 5,4 miliardi per i rinnovi 2025-2027, ci aiuterà a portare gli aumenti a circa 330 euro medi lordi mensili, dando sia continuità alla stagione contrattuale sia l’opportunità, alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto, di sedersi al tavolo già dopo la stipula definitiva di questo contratto, che avverrà dopo i controlli di rito e la registrazione della Corte dei conti. È un’assoluta novità avere già disponibili le risorse per il prossimo rinnovo, rispetto alle tornate contrattuali precedenti».
Quali sono le altre novità per i circa 195 mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali, degli enti pubblici non economici tra cui Inps e Inail?
«Gli adeguamenti economici, ma anche misure che puntano alla qualità del lavoro e alla valorizzazione delle competenze professionali e delle responsabilità. In termini economici, il rinnovo prevede un aumento del 6% della retribuzione media lorda, se si considerano anche gli incrementi derivanti dai fondi per la contrattazione integrativa, che si traduce in un riconoscimento concreto del valore dei dipendenti pubblici. L’incremento, su tredici mensilità, del solo stipendio tabellare parte da circa 121 euro per gli operatori fino a quasi 200 euro per le elevate professionalità. Sul piano normativo, sono stati rafforzati i meccanismi di sviluppo economico. Inoltre, abbiamo ottenuto importanti avanzamenti sul tema delle relazioni sindacali, con un rafforzamento delle materie oggetto di contrattazione integrativa nazionale nelle singole amministrazioni e della contrattazione locale di sede».
Dallo smart working all’ampliamento dei permessi per le visite specialistiche, quanto il nuovo contratto impatterà nella conciliazione vita-lavoro?
«Uno degli obiettivi centrali del contratto è stato proprio quello di migliorare il bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa, rispondendo alle esigenze sempre più complesse dei lavoratori. In quest’ottica, l’accordo prevede una regolamentazione più flessibile dello smart working, permettendo ai dipendenti di svolgere parte del loro lavoro da remoto. Ciò è particolarmente importante per coloro che vivono nelle grandi città o devono affrontare lunghi spostamenti. Inoltre, è stato ampliato il diritto ai permessi retribuiti per visite specialistiche e indicata la necessità di una maggiore attenzione delle amministrazioni sulle politiche di age management: un passo importante verso una maggiore flessibilità e attenzione ai bisogni individuali. Questo rinnovo riflette una visione più attenta al benessere della persona, tenendo conto delle necessità di conciliazione familiare e sociale».
I meccanismi di Age management mirano a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni di lavoratori. In quale direzione si va?
«L’introduzione di misure di Age management è un aspetto innovativo di questo contratto. La nostra società è caratterizzata da un progressivo invecchiamento della popolazione attiva e la pubblica amministrazione, purtroppo, non fa eccezione. Per questo motivo, il contratto prevede la possibilità che le amministrazioni possano introdurre specifiche agevolazioni per i lavoratori più anziani ma anche per quelli appena inseriti nei contesti lavorativi, con l’obiettivo di valorizzare le loro competenze e garantire un trasferimento di conoscenze ai nuovi assunti. Sono previste, ad esempio, forme di tutoraggio e mentoring, che permetteranno ai lavoratori più esperti di supportare e formare i più giovani. Questo approccio permette di preservare un patrimonio di competenze e favorisce un ambiente intergenerazionale ricco e inclusivo».
Quali sono, invece, i fronti che rimangono ancora aperti?
«Nonostante i progressi significativi, ci sono ancora aspetti che richiedono ulteriori interventi. Uno dei fronti principali riguarda il tetto al salario accessorio, che limita il riconoscimento economico legato alla performance ma anche la possibilità di adeguare le indennità correlate al disagio e alla condizione professionale. Il tetto agli stessi fondi limita fortemente la possibilità di avanzamenti economici nel corso della vita lavorativa. Questo vincolo rischia di penalizzare i dipendenti, soprattutto quelli con elevate responsabilità, e di rendere il lavoro pubblico meno attrattivo rispetto al settore privato. Un altro tema su cui bisogna ancora lavorare è quello della carriera fino all’accesso alle aree delle elevate professionalità dove dovrebbe essere collocato il personale con responsabilità di natura gestionale e professionale. È essenziale che il Governo destini fondi adeguati per garantire una piena valorizzazione di queste figure e dei funzionari. Infine, rimane aperta la questione dell’ampliamento dei fondi per le risorse decentrate e per i trattamenti accessori, così da garantire una maggiore equità e riconoscimento per tutti i dipendenti pubblici».





Dal sito Famiglia Cristiana

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