Quando qualcosa va storto il più grande dei miei figli, Stefano che ha 6 anni, sembra inconsolabile. Il fratello di 4 anni si arrabbia e fa le scenate, però dopo un po’ è come se non se ne ricordasse più. Il primo, invece, soprattutto quando è successo un fatto legato ai suoi amici, diventa silenzioso e si vede che è deluso e triste. Io quando me ne accorgo cerco sempre di farlo parlare, ma lui spesso non vuole e, nonostante provi a distrarlo e a farlo ridere, non cambia e, anzi, si sposta in un’altra stanza. La madre dice di lasciarlo stare che passerà, ma anche più tardi, se gli chiedo che cosa aveva, se va tutto bene, non risponde. FRANCESCO
— Caro Francesco, sai che cosa vorrebbe risponderti, ma forse non ne avrà mai il coraggio nemmeno più avanti? “No, non va tutto bene!”. Non c’è niente di peggio quando si vive un momento “inconsolabile” di accorgersi che gli altri vogliono sentirsi dire che va tutto bene, per essere consolati e rassicurati loro, come forse accade a te, che vorresti vedere i tuoi figli sempre sereni. Il desiderio irraggiungibile di tutti noi genitori…
Invece non è così e non esistono trucchi miracolistici, perché l’ovvio consiglio di provare a parlarne, come fai tu, non funziona se l’inconsolabile si trova in uno di quei momenti in cui non riesce o comunque non si sente di farlo. Anche perché talvolta succede che nel tentativo di confortare si rischi di sminuire, di archiviare quella delusione o quella difficoltà tra le piccole cose che si dimenticheranno. Ma val la pena di chiedersi: quanto sono piccole le cose deludenti per un bambino di 6 anni? In particolare per uno che, a differenza del fratellino, non riesce a buttare fuori ma tiene tutto dentro di sé? Sono sicura invece che un papà sensibile come te potrà saper aspettare che a poco a poco Stefano digerisca la cattiva parola dell’amico o la presa in giro del compagno.
Potrai sicuramente sederti lì, in rigoroso silenzio, come sa fare chi ti comunica senza parole che è disponibile a vivere insieme il tuo momento difficile, come si prendesse un pezzetto di tristezza per rendertela più leggera. È come gli dicessi “non sei solo”, che pare un’ovvietà e invece talvolta si ha bisogno di capirlo di nuovo, grazie ai gesti e ai fatti concreti, come stare seduti uno accanto all’altro, padre e figlio, senza l’urgenza di passare oltre