Dal 2022 la Fondazione Con il Sud ha avviato un processo di sviluppo locale, da 2.2 milioni di euro, che mette al centro il “cibo sano” e lo sviluppo di un’economia alternativa alla monocultura dell’ulivo. Il presidente Stefano Consiglio: “Lavoriamo assieme per immaginare un futuro nuovo per queste comunità”
Alessandro Guarasci – Città del Vaticano
Non solo ulivi e agricoltura, ma una serie di progetti per fermare lo spopolamento. Il Salento, un tempo zona industriale con poli tessili e calzaturieri, ha subito una crisi del manifatturiero alla fine degli anni ’90. Questo ha portato a un processo di terziarizzazione con un aumento del peso del settore servizi, in particolare del turismo. La zona di Lecce oramai è da qualche anno stabilmente tra le prime 50 provincie d’Italia per benessere e qualità della vita. Nei fatti però l’agricoltura rimane un settore trainante, con quasi il 9 per cento della forza lavoro. La monocoltura dell’ulivo per anni è stata per anni un punto fermo soprattutto del sud del Salento. Poi è arrivata la Xylella, il batterio che secca gli ulivi, e ha mandati in tilt un’intera filiera. Dal 2022, con il sostegno della Fondazione Con il Sud, nell’area del Parco agricolo multifunzionale dei Paduli è attivo il progetto di sviluppo locale “Santi Paduli”, una modalità pe rafforzare le comunità e guardare al futuro.
Il cibo sano del Salento per riscoprire le tradizioni
Tra gli otto comuni dell’Unione delle Terre di Mezzo, la condivisione di una politica alimentare è il cuore di una nuova strategia di rigenerazione territoriale. Santi Paduli valorizza le mense pubbliche, il cibo sano e l’agricoltura locale. Ed ecco allora come ci racconta questo progetto Mauro Lazzari, un giovane che ha deciso di rimanere in questa area interna del sud, e presidente della cooperativa sociale Santa Fucina: “L’obiettivo è ricostruisce un paesaggio, un problema che tocca a noi in maniera diciamo profonda. E ricostruire un paesaggio non lo si può fare con un atto formale, con un progetto diciamo di natura romantica, ma lo si può fare attivando politiche nuove che sono le politiche del cibo. Queste guardano soprattutto alla garanzia alimentare – continua Lazzari – Lo abbiamo fatto andando a colpire soprattutto una parte di fabbisogno che è quello determinato dalle mense pubbliche, una buona domanda di prodotto agroalimentare in grado di innescare l’atto del coltivare che è poi l’atto di cura principale. Un modo per reagire alla crisi ambientale salentina. Accanto alla produzione olivicola occorre costruire nuove produzioni in grado di biodiversificare le produzioni, ma nello stesso tempo introdurre metodi di un’agricoltura sostenibile con approcci agroecologici”.
Il risveglio delle tradizioni per evitare che i giovani lascino queste terre
Uno studio ci dice che nel 2040 ci saranno il 30% dei giovani in meno in Puglia. Il progetto “Santi Paduli” è un intervento che, grazie ad una stretta alleanza tra attori pubblici e terzo settore, consolidata da un percorso di co-progettazione, punta a creare un modello di “welfare di comunità” rurale. L’obiettivo è potenziare ciò che già si stava sperimentando in questo territorio, dunque: attività di ospitalità diffusa, mobilità lenta, gusto, agricoltura e ambiente, percorsi turistici e beni culturali. Per il presidente della Fondazione Con il Sud Stefano Consiglio, “il progetto del Parco dei Paduli nel cuore del Salento, racconta di un Mezzogiorno non arreso allo spopolamento. Si tratta di un Sud che sta reagendo, che sta raggiungendo i primi risultati, in cui una pluralità di soggetti diversi, con culture diverse. Dunque tanti sindaci e tante sindache che lavorano insieme, che lavorano insieme ad enti di terzo settore, e provano ad immaginare un futuro nuovo che coinvolga in primo luogo la popolazione e i residenti. Tutto questo per dare nuove occasioni per ritornare a lavorare nella propria casa, nei propri territori, da parte di chi è andato in giro per studiare oppure per fare esperienze lavorative. Insomma, lavoriamo assieme per immaginare un futuro nuovo per queste comunità”.
Rinascere dopo la Xylella
Dicevamo della Xylella. Questo batterio, sembra arrivato dall’estero con piante importate, ha prodotto danni pesanti. Dal confronto fra il quinquennio 2008-2012 e il quinquennio 2017-2021 sono emerse una perdita di redditività di 132 milioni di euro/anno e una perdita di oltre un milione di ore di lavoro/anno. Giuseppe Agrosì gestisce un’azienda agricola a Supersano, in provincia di Lecce, e ha cercato un’alternativa alla devastazione portata dalla xylella: “Io personalmente volevo andare via, mollare tutto e andare fuori dall’Italia, in un luogo dove ci fosse verde. Cercavo il verde a tutti i costi. Tant’è che con la famiglia, con i bambini, con mia moglie, spesso andavamo anche fuori provincia per cercare un nuovo colore. Qua non c’era più, era tutto grigio. In seguito ai due anni di stop da parte della comunità europea, ci siamo attaccati alla nostra unica risorsa, che era il bosco. Abbiamo cominciato a ripulire vecchie querce, che ci sono state catalogate come querce centenarie. Da lì è nato un bosco didattico. Ogni volta che veniamo qua, ogni giorno, è come se il bosco ci trasmettesse energia. Energia che ci serve per andare avanti”. L’agricoltura però rimane un punto fermo di questa terra, e Agrosì si è rimesso in gioco. “Abbiamo aderito a tutte le misure di rimpianto di olivi – sottolinea – Volontariamente piantiamo girasoli per le api, stiamo ripiantando carrubi. Abbiamo iniziato già da due o tre anni la nuova produzione con i nuovi impianti”.
La Chiesa del leccese: questa è una terra solidale
Questa terra è ricca di testimonianze bizantine. E san Cassiano, la comunità locale ha voluto valorizzare la chiesa rupestre della Madonna della Consolazione e il Miab – Museo Iconografico di Arte Bizantina con l’archivio fotografico digitale che cataloga il ricco patrimonio pittorico medievale del Parco. Don Giuseppe Paglialonga, parroco locale, afferma che “questa è una comunità che vive una stagione di risveglio. In effetti, certo, non mancano le difficoltà, lo spopolamento, la frammentazione sociale, la fatica del lavoro agricolo, spesso si sa anche questo poco valorizzato, ma accanto a queste sfide stanno riferendo semi di partecipazione e di speranza. Un esempio è la buona mensa del parco Paduli, nata dal basso, in ascolto del territorio, come risposta concreta ai bisogni dei bambini, delle famiglie, degli agricoltori. Iniziative così ci aiutano a passare quindi dalla logica del servizio erogato alla logica di una cura condivisa – dice il parroco – E poi c’è la tradizione delle tavole di San Giuseppe. Il cibo viene consumato a mezzogiorno del 19 marzo dai cosiddetti ‘santi’, impersonati da amici o parenti delle famiglie che vanno da un numero minimo di tre a un numero massimo di tredici, sempre comunque di numero dispari. Una forma di condivisione, per rispondere alla domanda di solidarietà che viene dalla nostra comunità”.