La Città dei Ragazzi in Puglia continua ad essere un modello per i giovani. Ieri, lunedì 2 settembre, alla Prefettura di Bari è stato sottoscritto un protocollo che mira a favorire la collaborazione tra i diversi soggetti coinvolti nelle numerose iniziative portate avanti dalla realtà guidata da padre Giuseppe De Stefano
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Ieri mattina, lunedì 2 settembre, è stato sottoscritto in Prefettura a Bari il protocollo d’intesa relativo al progetto “Da la Città dei Ragazzi ad I Ragazzi per la Città”. L’intesa, che ha tra i firmatari il sindaco di Mola di Bari Giuseppe Colonna, l’arcivescovo di Bari-Bitonto monsignor Giuseppe Satriano e il referente dell’associazione Comunità Frontiera padre Giuseppe De Stefano, mira a favorire e realizzare una collaborazione tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti nella prevenzione delle diverse forme di disagio tra i ragazzi. L’atto pattizio è stato favorevolmente accolto dai rappresentanti del territorio in cui opera e dalla comunità coinvolta nel progetto.
La Città dei Ragazzi
“Un piccolo seme, da piantare ogni volta per favorire percorsi di integrazione, di onestà”. Con queste parole padre Giuseppe De Stefano descriveva pochi mesi fa ai media vaticani il lavoro portato avanti nella Città dei Ragazzi dalla Comunità Frontiera. Una realtà che cura dal 2011 e che ogni anno organizza anche un festival, “Eternamente”, dove si mostra come è possibile realmente un futuro diverso per chi ha affrontato un disagio importante in tenera età. La Città dei Ragazzi negli anni è diventato un punto di riferimento per la prevenzione del disagio e della devianza giovanile attraverso attività di aggregazione, formazione e residenzialità.
Il protocollo
“Dopo undici anni questi ragazzi sono cresciuti, abbiamo raggiunto 300 progetti di autonomia di vita e reintegrazione e oggi, con questo protocollo, diamo luce al protagonismo dei nostri giovani. La Città dei Ragazzi è stata creata, ora loro saranno a disposizione della città”, sottolinea padre Giuseppe De Stefano intervenendo in diretta nella trasmissione Radio Vaticana con Voi. “Questo prevede diverse azioni, non solo quelle esistenti come la casa famiglia per l’accoglienza, il centro diurno per l’accompagnamento e il centro sportivo per l’integrazione, ma anche altri progetti che si apriranno sul territorio. Una prospettiva di almeno due decenni che intendere mettere al centro i ragazzi”.
L’amore ferito
“La nostra è un’esperienza di famiglia e come in ogni famiglia ci sono le buone regole”, prosegue il francescano. “Il fallimento degli adulti è diventari amici dei ragazzi. I giovani hanno bisogno di genitori che facciano i genitori, di insegnanti che siano educatori, non di genitori amici, di maestri amici perchè – spiega – educare deriva da educere, tirar fuori. Dobbiamo favorire i ragazzi nel tirare fuori il meglio di loro stessi, e questo è possibile con adulti che ti prendono a cuore, non con ‘adulti amici’. La differenza tra l’amorevolezza e l’amore, come diceva San Giovanni Bosco: preoccupatevi che il vostro interlocutore si senta amato, siate amorevoli”. “Qui – prosegue – sperimentiamo la frontiera dell’amore ferito, i ragazzi e le ragazze che sono da noi hanno vissuto l’amore ferito. Questo crea disagio, ribellione. Quello che gli altri chiamano devianza noi lo chiamiamo rabbia. Dobbiamo prenderci cura, prendersi cura, come ci chiede di fare il Papa. Qui – conclude – abbiamo questa priorità: prenderci cura dell’amore ferito”.