Voglio rivolgermi a uno psicologo per mio figlio Luca di 15 anni e vorrei sapere che cosa ne pensa. È un ragazzo che non ha voglia di studiare, fa solo il calcio con impegno. Io e lui ci scontriamo spesso per la scuola, per il disordine che lascia: se non gli sto dietro, è un disastro.
Però adesso reagisce: si arrabbia, alza la voce, volano parolacce e insulti. Io lo so che sono pesante, ma sono sola, suo padre si interessa solo del pallone e non mi aiuta sulla scuola. Con Luca è difficile parlare, parla poco in generale e reagisce subito. Io sono più forte di lui, ma incomincio a essere stanca.
LEA
Risposta di Fabrizio Fantoni
– Può essere, cara Lea, che il problema stia proprio nella difficoltà di parlare di Luca. Più volte lo descrivi come un ragazzo silenzioso, che fa battute e poco più, poco abituato a trasformare in parole (e in pensieri) i suoi stati d’animo: la gioia per il pallone, la rabbia, la frustrazione. Manifesta di più le sue emozioni attraverso i gesti, anche le reazioni alle tue richieste nello studio o nell’ordine in casa sono scatti e non ragionamenti, spiegazione delle sue motivazioni.
Luca è abituato a mostrare le sue emozioni, ma non a dirle; ciò lo rende anche meno capace di pensare i suoi stati d’animo, meno consapevole di quello che si agita dentro di lui. Per questo è necessario che troviate un accordo fra te e tuo marito su questo nodo problematico. Che mettiate in primo piano una migliore comunicazione affettiva in famiglia.
Spesso i tempi stretti tra lavoro, scuola e sport lasciano poco spazio a momenti in cui si racconta la giornata e ci si sofferma sulle proprie emozioni. Stare con i ragazzi significa trascorrere del tempo con loro, con l’orecchio teso al loro mondo interiore. Prima ancora che andare bene (o male) a scuola o nel calcio, serve parlarsi di cosa si prova in quei contesti e si cerchi di capirne le ragioni.
In questo modo, la relazione tra te e Luca diventerà meno braccio di ferro e più legame d’amore vissuto.