Marinita si esibisce al pianoforte con il percussionista Orhan Agabeyli.
È una serata sorprendentemente tranquilla a Kyiv. Gli allarmi antiaereo, la minaccia continua di attacchi con missili e droni risparmiano, almeno per una notte, la città. Nel jazz club “32”, quartiere Podil, Miriam, 18 anni, la secondogenita di Marina e Boris Zakharov, si esibisce in un concerto, fra brani americani, brasiliani e ucraini. «La nostra è una famiglia piena di arte», sorride e ammette orgogliosa Marina. «Boris ed io abbiamo cinque figli. Anna, 22 anni, è una regista e videomaker, Miriam è una cantante jazz e il suo sogno è continuare i suoi studi in Italia. David, 15 anni, è un animo romantico appassionato di Medioevo; Dinara, 10 anni, è già impegnata professionalmente nella musica ma anche nella pittura. Il più piccolo, Amir, ha compiuto 5 anni e anche lui è uno spirito creativo e pieno di immaginazione».
Cantante, pianista, compositrice di grande talento, conosciuta con il nome d’arte Marinita, Marina Zakharova è nata 46 anni fa a Kharkiv, nel Nordest dell’Ucraina, a 30 km dal confine con la Russia, la seconda città più grande del Paese, bersaglio costante di attacchi. La sua musica è un crocevia di culture, un incontro suggestivo di tradizioni e atmosfere diverse che, unite e mescolate, creano composizioni dallo stile unico. «A casa, sono cresciuta circondata da folk ucraino, musica rom, tatara di Crimea, dell’Azerbaijan», racconta. «Mi esibisco con artisti di tutto il mondo. Ho tenuto la maggior parte dei miei concerti in duo con il mio amico percussionista di origine azera Orhan Agabeyli. Collaboro con musicisti provenienti da Israele, Stati Uniti, Ungheria, Polonia, e suono con il chitarrista ucraino Yevhen Sedko. Amo arrangiare brani tradizionali – di origine sefardita, azera, tatara, turca, ucraina e rom – trasformandole in composizioni più ampie. Per questo la mia musica spesso ha un’influenza orientale».
La mescolanza di culture e tradizioni, del resto, fa parte del vissuto stesso di Marina. «Ho radici ebraiche in modo predominante. Ma il mio bisnonno arrivava dalla Persia e la mia bisnonna era ucraina. La loro storia è come un romanzo: lui si innamorò di lei, la portò via da un treno e insieme scapparono in Siberia. Il mio bisnonno, Iskander, allevava cavalli. Ma fu ucciso dai bolscevichi alla fine degli anni Venti. Mia nonna, Raisa, nacque in Siberia. Durante la Seconda guerra mondiale fece la volontaria al fronte. Lì incontrò mio nonno, un ebreo cresciuto a Odesa. Dopo la guerra si stabilirono a Kharkiv. Una curiosità: ho fatto il test del Dna ed è venuta fuori un’origine prevalentemente ebraica – ashkenazita e sefardita – con ulteriori eredità turche, slave e, con mia grande sorpresa, perfino italiane».
Oltre che in Ucraina, Marinita si è esibita in diversi Paesi europei, in Israele, negli Stati Uniti. In Italia ha partecipato al Festival della musica ebraica a Pisa. E poi al Festival della Musica sacra a Gerusalemme, alla rassegna “Arte della tolleranza” in Ucraina. Ad oggi, Marina ha all’attivo cinque album, tra il 1999 e il 2015. «Tutti i testi delle mie canzoni in lingua ucraina sono scritti da mio marito. I suoi testi sono profondamente filosofici, spesso infusi di tematiche cristiane». E spiega: «Siamo battezzati nella Chiesa ortodossa ucraina, ma tutta la nostra famiglia si definisce secolare e abbraccia valori liberali. Ci consideriamo ecumenici nello spirito: amiamo visitare le chiese cattoliche e mio marito può pregare nelle sinagoghe senza avvertire dissonanza. Del resto, anche Gesù pregava nelle sinagoghe secondo la tradizione ebraica».

Boris Zakharov, attivista per i diritti umani, e sua moglie Marina. La coppia ha tre figlie e due figli.
Convinti sostenitori della sovranità e dell’indipendenza dell’Ucraina, contro l’invasione russa, Marina e Boris uniscono il lavoro artistico e culturale e l’impegno per i diritti umani, che condividono con il resto della famiglia. Figlio di Yevgeniy Zakharov – matematico di Kharkiv, esponente della dissidenza anti-sovietica ai tempi dell’Urss e noto attivista per i diritti umani – Boris, classe 1976, anche lui originario di Kharkiv, è autore e presentatore televisivo e in passato è stato direttore dell’advocacy center (centro per la promozione) dell’Ukrainian Helsinki human rights union. Ha scritto numerosi articoli e progetti sul tema dei diritti umani, oltre al libro Saggio sulla storia del movimento dissidente in Ucraina – 1956-1987 (2003). È inoltre coautore di diverse leggi in Ucraina, come quella che garantisce i diritti e le libertà degli sfollati interni. «Boris oggi è direttore della fondazione filantropica Human and Law che, fin dall’inizio dell’invasione russa, sostiene le Forze armate ucraine e i civili colpiti dalla guerra. Regolarmente raccoglie aiuti umanitari e li consegna personalmente al fronte», aggiunge Marina. «Quanto a me, io tengo concerti di beneficenza in diversi Paesi per raccogliere fondi per le Forze armate ucraine, per gli ospedali e per le persone che subiscono gli effetti devastanti della guerra. Mi sono esibita al Parlamento ucraino a Kyiv, all’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo e al consiglio ministeriale dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) ad Amburgo». La primogenita Anna, fra i suoi lavori, ha realizzato il documentario di 40 minuti Voci di Mariupol, promosso dal Kharkiv human rights protection group, tradotto in nove lingue.
Sulla guerra in Ucraina e sulla situazione attuale, Marina riflette: «La guerra è un riflesso della debolezza delle democrazie occidentali. Hanno permesso a Putin di distruggere il diritto internazionale, minacciare le istituzioni internazionali, minare il principio secondo il quale “la forza della legge è al di sopra della legge della forza”. Un principio che non esiste più. Prima c’è stata la guerra in Georgia. Poi il conflitto in Siria. In seguito, l’annessione della Crimea e l’occupazione di parte del territorio ucraino nell’est nel 2014. Tutte le volte, nessuna reazione decisiva: l’Occidente ha dato a Putin l’illusione dell’impunità e lui ha osato lanciare un’invasione su vasta scala e orchestrare crimini genocidari contro il popolo ucraino. L’Ucraina è stata salvata dalla completa catastrofe dalla solidarietà e dal coraggio della sua popolazione, che si è sollevata per difendere il Paese, oltre che dal significativo sostegno dell’Occidente. Oggi – senza esagerazione – l’Ucraina è lo scudo dell’Europa. La guerra si è evoluta tecnologicamente e nel rinnovato sistema di sicurezza internazionale, specialmente europeo, Kyiv deve giocare un ruolo chiave. Per questo l’Ucraina deve essere sostenuta. E siamo molto grati a tutti coloro che aiutano il nostro Paese, donatori, volontari, giornalisti. Vorremmo ricevere un supporto più sistematico (in termini di armi, aiuti economici e anche sanzioni più dure nei confronti della Russia, inclusa la confisca dei beni per la ricostruzione dell’Ucraina). D’altro canto, non ci sono segnali evidenti che questa guerra finirà presto. Come vedo il futuro? L’Ucraina deve entrare nell’Unione europea. Presto o tardi, vincerà la guerra, riceverà la giusta riparazione e i criminali internazionali saranno portati davanti alla giustizia. In quanto tempo e a quale costo arriverà la vittoria? Quando sarà stabilito un nuovo sistema del diritto internazionale? Non lo sappiamo. In questi tempi di turbolenza, dobbiamo continuare a vivere, a crescere i nostri figli, a cercare di trovare gioia in ogni singolo giorno, seppure nell’incertezza del nostro futuro».
Alla libertà del loro Paese, Marina e Boris hanno dedicato una canzone scritta da loro, cantata dalla figlia Dinara. «Il brano Siverskyi Donets è stato composto nel 2014, quando è cominciata la guerra nel Donbas. A quel tempo eravamo in attesa di Dinara. Quando è iniziata l’invasione russa su vasta scala, a dieci anni di distanza, abbiamo registrato questa canzone specificamente perché lei, Dinara, la cantasse. Il video del brano è stato realizzato da nostra figlia Anna: si basa su materiale video della guerra che ci è stato fornito da corrispondenti di guerra molto conosciuti. Include scene della liberazione della regione di Kharkiv dall’occupazione russa. La canzone è dedicata ai nostri difensori, i volontari che combattono per la nostra libertà e dignità. Come ripete il testo della canzone, loro hanno una missione: salvare l’Ucraina, salvare il mondo intero».