Il raid contro Old Fangak, nella parte settentrionale del “giovane” Paese africano, ha causato la morte di 7 persone e il ferimento di altre 20, tra cui un paziente della struttura e 2 operatori sanitari. Le violenze si inseriscono nel quadro dei combattimenti scoppiati ad inizio marzo tra truppe governative e milizie del cosiddetto White Army
Giada Aquilino – Città del Vaticano
«Senza riserve e con la massima fermezza». È la condanna dell’Unione africana all’attacco perpetrato sabato contro Old Fangak, nel Sud Sudan settentrionale, che ha preso di mira un ospedale di Medici senza frontiere (Msf), alcune zone della città e il mercato locale, provocando la morte di 7 persone e il ferimento di altre 20, tra cui un paziente della struttura e 2 operatori sanitari. Si è trattato, ha scritto in una nota il presidente della Commissione dell’organizzazione panafricana, Mahmoud Ali Youssouf, di una «flagrante violazione del diritto internazionale umanitario».
I danni all’ospedale che serve più di 100mila persone
Due elicotteri da combattimento hanno bombardato l’ospedale, causando «danni ingenti, tra cui la distruzione totale della farmacia», ha riferito Mamman Mustapha, capomissione di Msf in Sud Sudan, spiegando che lì erano conservate «tutte» le forniture mediche, la cui perdita compromette la capacità di assicurare cure a chi ne ha bisogno. «L’ospedale di Old Fangak è l’unico della contea di Fangak e serve una popolazione di oltre 110.000 persone, che già avevano un accesso estremamente limitato all’assistenza sanitaria», ha aggiunto il rappresentante di Msf nel deplorare l’accaduto e chiedere «a tutte le parti in conflitto di proteggere i civili e le infrastrutture civili, compresi gli operatori sanitari, i pazienti e le strutture sanitarie», peraltro già prese di mira in recenti combattimenti: a metà aprile era stato saccheggiato un altro centro di Msf, l’ospedale di Ulang.
La spirale di violenza nel nord
L’ultimo attacco si inserisce nel quadro di violenze scoppiate ad inizio marzo nel nord del giovane Paese africano, indipendente dal 2011, tra truppe governative e milizie del cosiddetto White Army. La situazione è degenerata con scontri tra le forze del presidente Salva Kiir e quelle fedeli al primo vicepresidente Riek Machar, arrestato a fine marzo, che hanno alimentato i timori di un ritorno alla guerra civile conclusasi nel 2018, con un bilancio di circa 400.000 morti. Di fatto gli alleati di Salva Kiir accusano i sostenitori di Riek Machar di fomentare disordini in combutta con le milizie White Army.
Old Fangak, dove è avvenuto l’attacco all’ospedale di Msf, è una delle principali città della contea di Fangak, nello Stato di Jonglei, una zona del Paese a maggioranza nuer e storicamente legata al partito di opposizione Sudan People’s Liberation Movement-in-Opposition (Splm-Io) guidato da Machar. Secondo il commissario della contea, Biel Boutros, gli elicotteri e i droni utilizzati nei raid del week end sarebbero appartenuti alle Forze di difesa del popolo del Sud Sudan (Sspdf) e le loro azioni avrebbero provocato lo sfollamento di oltre 30.000 persone dalla zona. Nelle scorse settimane il gruppo dello White Army aveva attaccato una guarnigione delle Sspdf a Nasir, nello Stato dell’Alto Nilo, scatenando un’ondata di arresti da parte del governo di Juba, dominato dalla tribù dinka, e una campagna militare contro la milizia.