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La scuola di Valditara: la riforma deve partire dai fondamentali

Premesso che per parlare di una riforma della scuola bisognerebbe leggerne i contenuti, per ora solo annunciati. Alla fine di marzo, pare, «dopo un lavoro capillare e approfondito» da parte di una commissione nazionale. E premesso ciò che dirò alla fine di queste poche righe, si è già molto discusso e polemizzato, tanto per cambiare, sulle novità proposte dal ministro Valditara.

Si è parlato di valorizzazione della tradizione culturale e alla sola parola “tradizione” a mezzo emiciciclo parlamentare è venuta l’itterizia. Bisogna sempre buttare tutto in ideologia e si sa che la scuola è un fortino inespugnabile, da decenni, guai a chi lo tocca.

Eppure tradizione italiana significa eccellenza nel campo della filosofia, letteratura, arte, musica. Significa latino, e qui l’indignazione sale. Una scuola snob, elitaria! No, sarebbe facoltativo, un’ora a settimana. Magari aiuterebbe a capire l’etimologia delle parole e a imparare un po’ l’analisi logica.

Tradizione significa studiare soprattutto la storia e la geografia del nostro Paese e dell’Europa. Capire che la Senna attraversa Parigi e non Berlino, che il Monte Bianco non svetta in Sicilia e che il Po non scorre nel Tavoliere, non mi pare anacronistico. Con la “geostoria” una tantum si approfondisce forse l’ecologia ambientale, senza sapere in che ambiente vivi.

Si è parlato poi di “scuola della memoria”. Filastrocche, miti, poesie da «apprendere par coeur», come dicono sapientemente in Francia, perché poi, entrate nel cuore, le cose restano.

Dulcis in fundo, con un triplo salto mortale il ministro suggerisce perfino lo studio della Bibbia. Parruccone e anche bigotto, si è detto con scandalo. Come se la Bibbia, fede a parte, non fosse un vocabolario di immagini e detti indispensabili per guardare i dipinti nei nostri musei e chiese, per capire i riferimenti dei nostri grandi scrittori, compositori di opere teatrali e sinfoniche. Come entrare agli Uffizi senza conoscere la cultura greco-latina e l’Antico e Nuovo Testamento?

Nella scuola poi deve esserci un voto per la condotta, e che abbia un peso. Se uno dei compiti della scuola pubblica, pagata dei cittadini, è formare buoni cittadini, è ovvio che chi insulta, insozza, rompe, mena le mani debba essere rimproverato e spinto a cambiare, con un voto che segnali anche alle famiglie che bisogna cambiare rotta (i genitori! Se fossero i primi alleati degli insegnanti, anziché giudici e a volte aguzzini, facendo il danno dei propri figli).

E infine la premessa che avevo anticipato: nessuna riforma, ben pensata e ben scritta, ha senso in scuole malandate, in quartieri malandati, lasciati a se stessi o a bande criminali. Nessuna riforma ha valore in scuole dove non ci sono palestre e devi portarti da casa la carta igienica, piove dal soffitto e i compagni girano per i corridoi col coltello in tasca, o le tasche piene di erba. In sintesi, partirei dai fondamentali. E poi viva il latino.





Dal sito Famiglia Cristiana

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