Presentato presso la Sala stampa vaticana il Padiglione “Opera Aperta”, che segna la terza partecipazione del Dicastero per la cultura e l’educazione alla Mostra Internazionale di Architettura, giunta alla sua 19.ma edizione. L’evento si svolgerà dal 10 maggio al 23 novembre 2025
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
“Per affrontare un mondo in fiamme, l’architettura deve riuscire a sfruttare tutta l’intelligenza che ci circonda”: con queste parole, l’architetto e ingegnere Carlo Ratti, curatore della Biennale Architettura di Venezia, ha introdotto il tema dell’edizione 2025: Intelligens. Natural. Artificial. Collective Il Dicastero per la cultura e l’educazione partecipa per la terza volta, quest’anno con un Padiglione chiamato “Opera aperta” che, da quest’anno, ha una sede permanente nel complesso dell’Ex Casa di Santa Maria Ausiliatrice di Castello, un sestiere (quartiere) della città lagunare.
Si è svolta, il 9 aprile, presso la Sala Stampa della Santa Sede, la conferenza stampa di presentazione del progetto che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, e delle curatrici del Padiglione, Marina Otero Verzier, in collegamento da remoto, e Giovanna Zabotti, Art director e vicepresidente di Fondaco Italia.
Esperienza collettiva
Giovanna Zabotti, curatrice del Padiglione della Santa Sede 2025, ha dichiarato: “In una Biennale guidata da Carlo Ratti, dove il tema è Intelligens, il nostro Padiglione propone l’idea di un’intelligenza comunitaria. Ci siamo chiesti come poter rispondere a quelle che sono la missione e la filosofia che il Padiglione vuole esprimere”. Così è nato il progetto ‘Opera Aperta’, frutto di un’esperienza collettiva che coinvolge professionisti da tutto il mondo: studi di architettura messicani, spagnoli, collaboratori austriaci e italiani – molti dei quali veneziani – e rappresentanti della Santa Sede. “Questo sforzo congiunto – spiega ancora la curatrice – vuole recuperare non solo un edificio, ma anche una connessione sociale. Come ha detto il cardinale de Mendonça, citando le parole di Papa Francesco: ‘Non abbiamo bisogno di occupare spazi, ma di inaugurare processi’. Il Padiglione della Santa Sede è un vero cantiere, dove architetti, comunità, associazioni e visitatori della Biennale sono posti a sistema”.
Interpretazione
“Il tema del restauro ha dato la possibilità di lavorare su questa nostra casa comune”, aggiunge la Zabotti. “L’intervento coinvolge un complesso di edifici rimasti vuoti per anni. Cerchiamo di restituire senso a questo silenzio, attraverso un linguaggio architettonico fatto di ascolto e di recupero. Non si tratta tanto di un Padiglione da visitare, ma da abitare”. Un aspetto che infonderà fascino allo spazio espositivo è che questo sarà coperto da un velo, “sarà ‘bendato’, come un ammalato in cura” – spiega la curatrice – “ma si aprirà nei punti d’intervento”. Il visitatore vivrà inoltre un’esperienza, incontrando linguaggi universali come quello dell’arte, del recupero, del restauro. Un altare settecentesco sarà recuperato e i lavori di restauro avverranno giorno per giorno sotto gli occhi del pubblico. Inoltre un ruolo speciale è stato riservato alla musica: molti spazi saranno dedicati ai giovani musicisti di Venezia e del mondo che visiteranno il Padiglione. Previa prenotazione, riceveranno gli strumenti e potranno suonare. “Questo luogo sarà abitato dalla musica, dal restauro, dall’architettura, ma soprattutto da chi vive questi spazi: associazioni, visitatori, comunità”, spiega ancora Giovanna Zabotti.
I protagonisti del progetto
Gli studi invitati sono il Tatiana Bilbao Estudio di Città del Messico e il collettivo MAIO. Le presenze femminili saranno moltissime e questo è un aspetto molto importante. “Insieme a Marina Otero Verzier, co-curatrice, proponiamo un Padiglione che è anche una visione per il futuro: una riflessione concreta su come la Chiesa possa contribuire a delineare nuove linee guida nell’architettura”, prosegue Giovanna Zabotti, che conclude: “Si tratta di una vera e propria ricerca, un’azione di cura, di riparazione. Vogliamo attivare processi che mettano insieme le persone, recuperando la memoria di chi ha abitato questi luoghi e offrendola a chi oggi desidera viverli. ‘Opera Aperta’ non è un titolo casuale: è un cantiere reale, anche dal punto di vista sociale”.
Intelligenza comunitaria
Il cardinale José Tolentino de Mendonça ha spiegato che “la Biennale quest’anno non parla solo di intelligenza artificiale, ma di intelligenza in senso ampio: umana, naturale, collettiva. Il nostro Padiglione riflette sull’intelligenza comunitaria, spesso trascurata, ma fondamentale. Insieme siamo più intelligenti: attiviamo comprensioni e desideri che, da soli, non potremmo generare.” Questa riflessione si ispira profondamente all’enciclica Laudato si’ che quest’anno compie dieci anni. “Le parole di Papa Francesco”, spiega ancora il porporato, “sono una guida concreta: ‘L’importante non è colonizzare gli spazi, ma inaugurare processi’. Due parole sono centrali nel nostro Padiglione: restaurare e riparare”. E il prefetto spiega il senso di queste due parole: “Restaurare un edificio chiuso da anni significa curarne le ferite, ma anche aprirlo alla vita e alle relazioni. Riparare è anche prendersi cura del vicinato, delle associazioni locali, dei legami tra persone, tra locale e internazionale.”
Mani e cuori
“Dare cura a un oggetto vecchio, ripararlo e aprirlo al mondo è un atto generazionale”, osserva infine de Mendonça. “L’edificio che ospita il Padiglione fu il primo ospedale per pellegrini a Venezia: oggi torna a vivere, coinvolgendo persone di ogni età. Papa Francesco ci ricorda che esiste un’intelligenza delle mani e dei cuori, non solo della mente. Con mani, testa e cuore, insieme, costruiremo un’esperienza sociale e culturale. ‘Opera Aperta’ è un invito all’azione, un’apertura al mondo.”
Processo di riparazione
“Siamo felici di proporre un’idea radicale, che centra l’architettura come processo di riparazione”, ha commentato l’architetta Tatiana Bilbao, che presiede il Bilbao Estudio, chiamato a collaborare ad “Opera Aperta”. “Non si tratta solo riparazione fisica degli spazi, ma anche sociale, in dialogo con la comunità di Castello”.