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La mamma di Giulia, terremotata ad Amatrice e battezzata dal Papa: portò tanto calore


La testimonianza di Fabiana Bizzoni, psicologa che incontrò Papa Francesco durante la sua visita nelle zone colpite dal sisma dell’agosto 2016. Ricevette in dono una coperta di lana: “Come se volesse dirci ‘State tranquilli, i vostri bambini li avvolgo, per sempre’”, racconta con commozione.

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

Le parole possono essere conforto, ma anche rifugio retorico. Nei giorni in cui le macerie coprono ogni certezza, serve altro. Serve un gesto. Qualcosa che si possa stringere, che scaldi. Come una coperta. È il 4 ottobre 2016. Sono passati poco più di quaranta giorni da quando, nella notte del 24 agosto, un terremoto ha scosso con violenza Amatrice e il cuore dell’Italia. Il bilancio è una ferita profonda: 299 vite spezzate – 237 ad Amatrice, 51 ad Arquata del Tronto, 11 ad Accumoli. Oltre 41mila sfollati, danni stimati in 28 miliardi di euro. Ma i numeri, di fronte al dolore, sono cornici vuote. In quel contesto, Papa Francesco arriva in silenzio, accompagnato dall’allora vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili. Nessun annuncio ufficiale, solo il desiderio di non essere un peso. “Non volevo dare fastidio”, dirà lui stesso all’uscita dalla scuola “Romolo Capranica”, ricavata in un container grazie alla Protezione Civile. Lì, tra banchi provvisori e sorrisi stanchi, incontra maestri, alunni, genitori. Tra loro c’è Fabiana Bizzoni, psicologa e madre di due bambini. Ha tra le braccia la piccola Giulia, nata da poco, ed è lì per accompagnare il primogenito Federico. “Sapevamo che sarebbe venuto il vescovo a salutare i bambini. Li avevamo sistemati per bene”, ricorda. “Poi ci hanno detto: ‘Fermatevi, sta arrivando il Papa’.”

Ascolta l’intervista a Fabiana Bizzoni, mamma di Giulia

Il calore nella sospensione del dolore

L’atmosfera – dirà poi più volte Fabiana, raccontando l’evento ai media vaticani – è “ovattata”. Come se il dolore, troppo grande per essere afferrato per intero, lasci il posto a una sospensione. Una sorta di anestesia collettiva, dove tutto si svolge al rallentatore, anche l’arrivo del Papa. Eppure, proprio in quella sospensione, Francesco riesce a portare calore. Una presenza che riconduce l’eccezionale alla tenerezza del quotidiano. “Oggi lo racconto e penso: ‘Mamma mia, ho parlato con il Papa’”, sorride Fabiana. Lì per lì, è tutto più semplice, quasi normale. Il loro dialogo nasce da un bisogno. Giulia avrebbe dovuto essere battezzata il 3 settembre. Tutto era pronto. Ma poi la chiesa era crollata. “Magari lui, con una benedizione, me la battezza”, pensa Fabiana. E glielo chiede, con la timidezza di chi si rivolge a qualcosa di immensamente più grande. “Dai il tuo nome al vescovo, poi ci pensiamo”, è la risposta, detta con la semplicità disarmante di Francesco. In quei giorni, la famiglia è ospitata con altre duecento persone a San Benedetto del Tronto. Monsignor Pompili facilita i contatti. Ma Fabiana fa un passo in più: chiede che quel gesto non sia solo per Giulia. “Se una cosa così bella si può realizzare, allora facciamola bene”, dice. E chiede che il Battesimo si estenda agli altri neonati, figli di famiglie terremotate.

“State tranquilli, i vostri bambini li avvolgo”

Del rito, confessa, ricorda poco. L’atmosfera a Casa Santa Marta è ancora impastata di sogni e fatica. “Guardo le foto e mi dico: ‘No, non è possibile’.” Ma dove non arriva la memoria, restano i ricordi che si toccano. “Il Papa ci regalò una coperta di lana cotta. Ce l’ho ancora a casa, e ogni tanto Giulia la prende”, racconta Fabiana, con la voce incrinata dalla commozione. “I nostri figli avevano bisogno di un calore che, forse, neppure noi genitori riuscivamo a dare. Dove non arrivavamo noi, arrivava lui.” E poi, quelle parole. Dolci, lievi, pronunciate come una carezza, che Fabiana immagina accompagnate a quel dono “State tranquilli, i vostri bambini li avvolgo. Li avvolgerò per sempre.” Quella coperta, oggi, è un ponte tra il passato e il presente. Come la copertina di Linus, accompagna Giulia nella sua crescita. Un oggetto divenuto simbolo. La bambina, crescendo, ha iniziato a capire la portata di ciò che ha vissuto. “Durante i funerali del Papa, vedeva la folla e mi chiedeva: ‘Ma perché a me? Perché a noi?’”

Papa Francesco con la piccola Giulia e monsignor Pompili

Papa Francesco con la piccola Giulia e monsignor Pompili

Una mano dall’alto, per la ricostruzione

Domanda che ritorna, anche di fronte alla lentezza della ricostruzione ad Amatrice. Il futuro c’è, ma fatica a farsi strada tra macerie fisiche e interiori. “Troppo, troppo lentamente si va avanti”, sospira Fabiana. Chi non può tornare a casa, se ne va. I giovani lasciano. Le possibilità evaporano. Eppure qualcosa resta. “Ci conosciamo tutti. Il senso di comunità, quella rete invisibile, è ciò che ci tiene in piedi.” E resta la speranza, quella che Francesco ha sempre invitato a custodire. “Magari ora dall’alto, abbiamo una mano in più!”

Papa Francesco prega di fronte alle macerie di Amatrice

Papa Francesco prega di fronte alle macerie di Amatrice



Dal sito Vatican News

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