Uno dei capisaldi del magistero di papa Francesco è stata è la cura del Creato. «Quando nel 2015 pubblicò l’enciclica Laudato Si’» commenta Luca Martinotti del coordinamento della rete delle comunità Laudato Si’ «suscitò subito molto stupore sia all’interno del mondo cattolico sia al di fuori. Il mondo ambientalista vide questo documento come l’arrivo tardivo della Chiesa su tematiche che già da decenni venivano portate avanti; allo stesso tempo, parte del mondo della Chiesa non aveva introiettato – e in parte ancora non lo ha fatto adesso – questa visione del Creato e del bene comune della terra come argomenti interconnessi nella visione di Francesco. “Tutto è connesso” affermava il Pontefice. Poco dopo venne pubblicata anche la Fratelli tutti, ecco allora il legame tra le crisi ambientali e quelle sociali e viceversa».
Le due cose coesistono e vanno affrontate in un solo momento.
«Certo. Chi patisce per primo e da subito gli effetti di una crisi climatica sempre più forte e impattante sono proprio quelle parti di popolazione più emarginate, sia all’interno delle singole società sia nel contesto geografico mondiale. Fasce di popolazione che, infatti, in questo momento si trovano in grave difficoltà».
Ma la vera rivoluzione qual è stata?
«L’umiltà che ha sempre dimostrato. Non ha mai nascosto di essersi trovato da Arcivescovo di Buenos Aires, nel 2007, in un’assise con tutti i vescovi dell’Amazzonia, ovvero degli otto grandi Stati che contengono all’interno del loro territorio anche parte della foresta amazzonica, e sentendo parlare molti dei suoi colleghi di queste tematiche all’epoca, di sentirsi totalmente stranito dal fatto che un’enclave di religiosi potesse entrare nel merito di queste tematiche, se vogliamo, poco spirituali. L’ umiltà di riconoscere questa urgenza l’ha portato a definire quella che lui stessa chiamava una “conversione ecologica” e che, a oggi, è una condizione necessaria per tutti per capire lo stato della crisi climatica attuale».
Una conversione ecologica che ci insegna a tenere alta l’attenzione sui temi ambientali, anche nelle scelte quotidiane che facciamo.
«Il fatto di scrivere un’enciclica così semplice ma pregna di contenuti, leggibile davvero da parte di tutti testimonia il fatto che ognuno di noi, attraverso le sue scelte, può impattare, nel bene o nel male, sia sulle crisi ambientali sia su quelle sociali. Ha il potere di indirizzare il mercato e il benessere delle società in cui vive. L’esempio delle Comunità Laudato Si’ che sono nate nel 2017 per volere dei due fondatori molto eterogenei tra di loro- il vescovo allora di Rieti, oggi di Verona, monsignor Domenico Pompili e Carlo Petrini, fondatore anche di Slow Food – sono proprio la testimonianza che i singoli individui aggregandosi hanno la forza di impattare in maniera importante nei territori, con piccole azioni a seconda delle esigenze dei contesti in cui si vive. Si può fare la differenza a partire da piccole cose, come la pulizia dei parchi o la gestione attenta dei rifiuti casalinghi ad azioni più importanti come quella educativa, entrando in connessione con le scuole, o coinvolgendo una parte di popolazione molto emarginata, come può essere quella dei migranti che si ritrova nel nostro territorio, spesso senza alcun punto di riferimento. Inserirli nella società con diversi progetti può davvero essere l’esempio concreto del messaggio di Francesco».
È quello che fa la rete delle comunità della Laudato Si’.
«Oggi ci sono circa 70 comunità attive e ognuna agisce secondo le esigenze del territorio e della comunità in cui vive. Sono basate sull’intelligenza affettiva e l’austera anarchia i due capisaldi che, in maniera anche simpatica, i due fondatori hanno dato come punto di riferimento. L’intelligenza affettiva perché non c’è nessun ordine gerarchico, si ha piena consapevolezza che si sta agendo per il bene comune e che dagli errori si si può imparare».
E la l’Austria anarchia?
«Perché ogni gruppo territoriale deve sentirsi libero di portare avanti dei progetti, delle iniziative secondo il periodo storico di riferimento e le esigenze che il territorio ha, perché non non è pensabile che le stesse urgenze siano presenti nello stesso momento in Trentino come in Sicilia. La cosa bella di fare rete tra così tante comunità è quella di condividere le iniziative e che quindi poi, per emulazione, per condivisione, queste circolino e si realizzino in maniere differenti anche in altri territori».
Due “imperativi” quelli che vi siete dati molto calzanti anche per il Pontefice.
«Assolutamente. Diciamo che la professione agnostica di uno dei due fondatori, Carlo Petrini, con il messaggio dell’enciclica, al fondare insieme a un vescovo una rete di Comunità di questo tipo entra molto in sintonia con l’apertura che questo Papa ha sempre saputo dare a 360 ° e in tutto il mondo. Come il sinodo Panamazzonico, dove c’è stato un riconoscimento delle religioni e dei credo ancestrali dei territori amazzonici nel pieno rispetto del credo religioso o della fede del singolo e di ogni tipo di differenza. Anche questo fa parte del messaggio del Santo Padre».
Francesco ha avviato dei processi. Come continuerà il vostro lavoro?
«È stato determinante il suo punto di vista e il suo posizionamento anche a livello politico. Ha segnato un punto di partenza e siamo sicuri che continuerà a germogliare nel tempo e sempre più anche nel nello spazio. La tristissima notizia è stata in qualche modo preannunciata dall’ultimo periodo di grandi sofferenze che ha dovuto sopportare. La sua morte crea sconforto in questo momento storico, viene a mancare una figura importante a livello mondiale, un punto di riferimento importante non solo per il mondo cattolico. Speriamo assolutamente di poter rispettare quello che era un po’ il suo volere e il suo credo e di portare avanti le importantissime sfide che ha messo sul tavolo».