Di quel giorno di 24 anni fa, quando l’Italia della pallavolo vinse il suo ultimo mondiale contro la Jugoslavia, l’Italia dell’11 settembre 2022 non può avere memoria: i suoi ragazzi hanno 24 anni di età media. Potrebbero esserle figli. Dei “fenomeni” del Millennio hanno solo sentito parlare, per loro sono leggenda, ma li hanno visti giocare solo in qualche spezzone su youtube. Il loro Ct, invece, c’era: era là, in quel campo ad alzare palloni agli azzurri guidati da Julio Velasco. Fefé De Giorgi, già non più di primo pelo, sostituì il titolare Meoni e smistò palle fino al titolo mondiale, il terzo di quella generazione, come ieri sera Simone Giannelli (miglior giocatore della manifestazione). Lui sa. Lui ricorda. Questo Mondiale non è l’Europeo postolimpico dello scorso anno, in cui mettere in conto qualche avversario con le pile scariche. Qui c’erano da battere la Francia, la Slovenia e la Polonia, con le batterie in perfetta efficienza. Un gruppo di ragazzi, con 12 esordienti su 14 al Mondiale, in un’arena tutta bianca e rossa pronta a fare pollice verso – un’arena che voleva i leoni, i gladiatori, il sangue metaforico e tutto quanto – aveva tutto, ma proprio tutto, per farsi mangiare. Anche perché di là dalla rete, in finale, c’era la Polonia padrona di casa, una delle migliori squadre al mondo, ma soprattutto una squadra di “polpi”: quando arriva un pallone tirano fuori otto tentacoli ciascuno e tirano su da terra anche le palle impossibili contrattaccando su tutto. Significa che per portarsi a casa un punto bisogna realizzarne sempre due o tre: uno sforzo enorme ogni volta per riposizionarsi e saltare ancora, anche tre o quattro volte, ma soprattutto un gigantesco sforzo di concentrazione che richiede calma, esperienza, maturità.
Le seconde due qualità non si potevano chiedere a una squadra giovanissima, ancorché già campione d’Europa e figlia di una programmazione federale lunga e intelligente, la calma invece, virtù dei forti, l’hanno avuta, tanto da mandare in confusione i più esperti polacchi.

È questa la cifra di Fefè De Giorgi, il Ct sorridente che sa chiamare timeout e challenge con straordinario tempismo e infondere tranquillità, coraggio e, se del caso, anche felicità di giocare. Il carismatico Julio Velasco, suo maestro, al posto suo, vent’anni fa, otteneva il meglio talvolta provocando e sfidando i suoi campioni, De Giorgi trasmette loro forza tranquilla. Dagli occhi di tigre al sorriso da Stregatto. L’Italia della pallavolo è di nuovo dentro una storia che, per età della squadra e potenziale, può diventare infinita. C’è una meta di là dalla rete, che tutti sanno, ma che è bene non nominare se non altro per scaramanzia.