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In principio era la Grazia: l’attualità di un santo che visse nel quinto secolo

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Più volte papa Leone XIV si è definito «figlio di sant’Agostino». Chi era Agostino? Cosa ha scritto e quale eredità spirituale lascia oggi? Vi proponiamo un viaggio in quattro puntate pubblicato su Credere n. 28/2018    per scoprire più da vicino questo gigante della storia della Chiesa e la sua spiritualità che segna profondamente quella del Pontefice americano.

di fratel Michael Davide Semeraro

Agostino è un genio e un santo ed è impossibile esaurire tutti gli aspetti del suo pensiero. Tra i tanti e vastissimi aspetti della sua dottrina possiamo concentrarci sulla sua sete di senso che si trasforma gradualmente in capacità di intelligenza e di preghiera, sempre condivisa con i suoi amici, i suoi fedeli e persino i suoi avversari. Il Dottore della carità fu anche il Dottore della grazia contro Pelagio ma, soprattutto, contro ogni più sottile tentazione di autarchia mascherata da emancipazione. Egli amava citare continuamente l’apostolo: «Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto?» (1Corinzi 4,7). Tutto quello che abbiamo e soprattutto quello che siamo lo abbiamo ricevuto e non possiamo inorgoglircene: in questo Agostino è Dottore dell’umiltà. Poiché riceviamo tutto, allora tutto dobbiamo chiedere nella preghiera, la quale ci forma e ci scava dentro, rendendoci atti a ricevere il dono di una ­figliolanza che rende fratelli. Troviamo in Agostino una splendida sintesi che lega tra loro carità, grazia, umiltà e preghiera. Si potrebbe dire che tutto il percorso di Agostino è un processo che va dalla ragione al cuore, dalla ­filosofi­a alla carità. Tutto il suo cammino di uomo e di credente è segnato da una indomita ricerca che risponde a una domanda che da inconscia si fa sempre più consapevole e appassionata: «Dov’è il tuo Dio?» (Salmo 41). La domanda del salmista diventa per Agostino struggente: «Chi è il tuo Dio?». Una risposta che ciascuno è chiamato a dare in modo personale, intimo, unico.

Da credente a credente: l’amore al di sopra di tutto

Il principio dell’imitazione della primitiva comunità cristiana è il perno principale dell’insegnamento di Agostino. Tutto, persino la vita monastica, deve essere regolato dalla carità come forma ineludibile di obbedienza al Vangelo. Il discepolo è chiamato a vivere con rigore, ma senza rigidità, un’osservanza senza strettezze, in un ritrovato equilibrio tra studio e preghiera che si fa testimonianza discreta e affi­dabile. Persino per i monaci e le monache del suo tempo l’amicizia e la fraternità rimangono il fondamento della ricerca di Dio condivisa e della disponibilità a farsi prossimo con tutti. Una parola di Agostino risuona al cuore del cammino della Chiesa dei nostri giorni: «Devi proporti sempre come oggetto l’amore; di qualsiasi cosa tu parli devi sempre e solo rapportarlo all’amore, come pure tutto quello che dici» (Le catechesi ai principianti, 4,8). Come ricorda papa Francesco denunciando la tentazione sempre presente di cadere nel pelagianesimo: «Abbiamo detto tante volte che Dio abita in noi, ma è meglio dire che noi abitiamo in Lui, che Egli ci permette di vivere nella sua luce e nel suo amore. Egli è il nostro tempio e in Lui veniamo santificati» (Gaudete et exsultate, 51).

 

 

 

 

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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