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In Ecuador il Congresso eucaristico internazionale. Il Papa: «Il pane accenda il desiderio di fratellanza»


Delegazioni da 53 paesi del mondo sono arrivate a Quito, in Ecuador, per partecipare, nel parco del Bicentenario, alla solenne celebrazione eucaristica, che domenica 8 settembre ha aperto ufficialmente il 53° Congresso eucaristico internazionale, intitolato “Fraternità per sanare il mondo”.

La Messa è stata presieduta dall’arcivescovo metropolita di Quito e primate dell’Ecuador, monsignor Alfredo José Espinoza Mateus, e concelebrata dal cardinale Baltazar Porras Cardozo, arcivescovo emerito di Caracas e legato pontificio, da decine di vescovi sia ecuadoriani che provenienti dall’estero, numerosi sacerdoti. Più di 1600 bambini dell’arcidiocesi di Quito hanno ricevuto la prima comunione, e circa 25 mila fedeli hanno riempito la spianata del parco del Bicentenario.

Domenica 15, la messa di chiusura sarà presieduta dal cardinale Cardozo. In mezzo, giornate durante le quali, con qualificati relatori e testimoni, si rifletterà sulle ferite del mondo attuale, sulla fraternità redenta in Cristo, su eucaristia e trasfigurazione del mondo, sul legame tra sinodalità ed eucaristia. Sarà dato spazio a testimoni della fede, come san Óscar Arnulfo Romero e l’indimenticato vescovo di Riobamba Leonidas Proaño, che mostrò coraggiosamente in Ecuador, in anni difficili, la strada dell’opzione per i più poveri, e in particolare per la popolazione indigena. «Quito, il ‘Piccolo volto di Dio’ come la chiamiamo affettuosamente, sarà un luogo di incontro per tutti i continenti», ha detto nell’omelia monsignor Espinoza Mateus, «riuniti per riflettere e vivere il grande mistero dell’Eucaristia che ci sfida a essere veri costruttori di fraternità per guarire le ferite del mondo e ci impegna a essere autentici fratelli in mezzo ad un mondo pieno di violenza, morte, guerre; un mondo che divide, non un mondo che unisce; un mondo che trasforma l’uomo in un nemico e non in un fratello».

Rivolgendosi ai bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione, l’arcivescovo ha aggiunto: «Oggi è un giorno di festa, un grande giorno nella vostra vita» e ha ricordato loro le parole di Papa Francesco che dice: «La Prima Comunione è soprattutto una festa in cui celebriamo che Gesù ha voluto stare sempre al nostro fianco e che non si separerà mai da noi». La scelta di Quito per ospitare il Congresso eucaristico è dovuta al fatto che quest’anno ricorre il 150° anniversario della consacrazione del Paese sudamericano al Sacro Cuore di Gesù.

«La fraternità», ha detto Papa Francesco in un videomessaggio in lingua spagnola per l’apertura dell’evento, «è condizione essenziale per un mondo nuovo, più giusto, più umano. Il segno del pane, ricorda il Pontefice, accende infatti nel popolo di Dio il desiderio di fratellanza, perché «proprio come non si può impastare il pane con un solo chicco, così anche noi dobbiamo camminare insieme» perché siamo un unico corpo e un unico pane. Solo così cresciamo come fratelli e come Chiesa, uniti dall’acqua del battesimo e purificati dal fuoco dello Spirito Santo. È questo il modo, prosegue Francesco, per realizzare una fratellanza profonda con Dio, «che nasce dal lasciarci macinare, come il grano, per poter diventare pane e corpo di Cristo». La fratellanza, tuttavia, deve essere anche “proattiva”. L’esempio che il Papa propone è quello di Angela Autsch, religiosa tedesca morta nel campo di concentramento di Auschwitz, che esortava frequentemente a fare la comunione e a pregare per il Papa e la Chiesa – che allora era perseguitata – e a trovare nell’Eucaristia un vincolo che rafforza il vigore della Chiesa stessa e dei suoi membri e con Dio. In questo modo lei organizzava «la trama di una resistenza che il nemico non può sbaragliare, perché non risponde a un disegno umano. Ancor prima di essere arrestata», infatti, «quando il male che incombeva sul mondo era già evidente», ha ribadito Francesco, «invitava i nipotini, che si avvicinavano per la prima volta alla Santa Comunione, invitava i suoi parenti che si erano un po’ allontanati, e invitava anche quelli che erano restati devoti, a ribellarsi contro quel male con gesti semplici e, in certi ambiti, pericolosi, ad avvicinarsi il più possibile al Sacramento dell’altare». In altre parole invitava «a ribellarsi comunicandosi».

Se un membro soffre, infatti, tutto il corpo soffre con lui, come soffrì Cristo «che prese su di sé il peso del dolore del mondo per guarirlo». Imparando questa lezione, conclude Francesco, possiamo recuperare «questa fratellanza radicale con Dio e tra gli uomini» e soltanto in quell’unità possiamo servire il mondo e guarirlo.





Dal sito Famiglia Cristiana

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