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Il Papa non c’è ma la Cina sceglie due vescovi per le diocesi di Shangai e Xinxiang

Con la morte di papa Francesco e l’avvio della Sede Vacante che culminerà con il Conclave, in programma dal 7 maggio, la vita della Chiesa – salvo l’ordinaria amministrazione – si ferma quasi totalmente. È stata sospesa la canonizzazione del beato Carlo Acutis, in programma il 27 aprile scorso durante il Giubileo degli adolescenti, le nomine dei capi dicastero sono decadute, in attesa che il prossimo Papa le rinnovi o le cambi. Anche le nomine dei vescovi, di esclusiva competenza papale, sono ferme, in attesa, appunto, del successore di Bergoglio.

Nessuno, insomma, prende decisioni salvo la Cina che ha annunciato qualche giorno fa la scelta di due nuovi vescovi, come ha scritto Asia News. Si tratta di padre Wu Jianlin, direttore della Commissione per gli affari educativi, eletto nuovo vescovo ausiliare della diocesi di Shangai, e di padre Li Jianlin, scelto per guidare la diocesi di Xinxiang, nella provincia dell’Henan.

Come ha spiegato sempre Asia News, i sacerdoti di Shanghai, insieme ad alcuni rappresentanti delle religiose e dei laici, sono stati convocati per ratificare la scelta di un nuovo vescovo ausiliare. Cosa puntualmente avvenuta alla fine di aprile. Wu Jianlin, attuale vicario generale, è stato eletto con appena una manciata di voti contrari. La stessa cosa è accaduta nella diocesi di Xinxiang dove però c’era un candidato unico, ossia padre Li Jianlin. La modalità di scelta e designazione è quella consueta.

Nonostante l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica popolare sulla nomina dei vescovi fortemente voluto da papa Francesco nel 2018 e rinnovato lo scorso ottobre per altri quattro anni, Pechino, che ha sempre teorizzato (e cercato di attuare) l’autonomia della Chiesa in Cina, anche stavolta ha scelto i nomi dei due vescovi da alcune assemblee del clero registrato negli organismi controllati dal Partito, che poi il Pontefice si riserva di approvare oppure no in un secondo momento. Va anche detto, come ha ricostruito Asia News, che le due elezioni probabilmente erano già state fissate prima della morte di papa Francesco. «Il fatto di averle rese note durante la Sede Vacante», spiega a Famiglia Cristiana padre Gianni Criveller, direttore del Centro missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere), direttore editoriale di Asia News, nonché sinologo con una lunga esperienza nella grande Cina (dal 1991 al 2017 è vissuto e ha insegnato a Hong Kong, Taiwan, Macau e Cina popolare), «indica che chi gestisce la politica religiosa in Cina va avanti come se nulla fosse e che il fatto che il Papa non ci sia più non è un ostacolo a proseguire per la propria strada. È una mancanza di tatto e di delicatezza ma non c’è nulla da stupirsi per chi conosce le dinamiche della politica cinese. D’altra parte, le stesse reazioni alla morte di papa Francesco sono significative. Contrariamente a quanto accaduto per il Sinodo di ottobre, nessun vescovo dalla Repubblica popolare cinese è giunto in Vaticano per le esequie di papa Francesco. Nel frattempo», continua Criveller, «sul sito internet dell’Associazione patriottica anche le due stringate righe di cordoglio, pubblicate quattro giorni dopo la morte del Papa, sono già sparite dall’home page, trascinate via da notizie più urgenti, come l’incontro dei cattolici della provincia di Hanui con il Comitato del Partito e quello sul bilancio del Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo nella provincia dell’Hubei. Un comportamento che sembra quasi una risposta al coraggio con cui tanti cattolici cinesi (e anche qualche vescovo) hanno condiviso sui propri profili personali sui social network le immagini di papa Francesco in occasione della sua morte e che noi abbiamo raccontato su Asia News».

L’annuncio della morte recitava così: «Papa Francesco è stato chiamato dal Signore alle 7:35 del mattino del 21 aprile 2025 (13:35 ora di Pechino) presso la Casa Santa Marta all’età di 88 anni. Preghiamo insieme perché Dio nella sua misericordia accolga papa Francesco nella beatitudine eterna in Paradiso».

La reazione ufficiale alla morte del Papa da parte del governo di Pechino (con il quale la Santa Sede non ha rapporti diplomatici formali) era stata affidata al portavoce del ministero degli Esteri, Guo Jiakun, che a margine di una conferenza aveva espresso il cordoglio della Cina per la morte del Pontefice, sottolineando che negli ultimi anni Repubblica popolare cinese e Santa Sede hanno mantenuto contatti costruttivi e avviato scambi proficui.

Tornando, invece, all’elezione dei due vescovi, si tratta, in entrambi i casi, di due designazioni molto delicate. La diocesi di Shanghai, infatti, ha già due vescovi ausiliari. Il primo, Joseph Xing Wenzhi, è stato nominato da Giovanni Paolo II e poi confermato da Benedetto XVI. Aveva ottenuto anche il riconoscimento del governo ma dopo aver dimostrato scarsa obbedienza a Pechino è stato fatto sparire. Al suo posto è stato nominato Taddeo Ma Daqin, il quale, il giorno dell’ordinazione episcopale nel 2012, aveva annunciato clamorosamente di abbandonare l’Associazione patriottica perché inconciliabile con il suo ruolo di vescovo. Fu subito arrestato e rinchiuso nel seminario di Sheshan, dove si trova tuttora nonostante nel 2016 si sia scusato pubblicamente.

Infine, bisogna ricordare che l’attuale vescovo di Shanghai, monsignor Shen Bin, è stato trasferito nel 2023 dalla diocesi di Haimen senza neanche consultare il Vaticano. Papa Francesco ha acconsentito allo “spostamento” solo dopo tre mesi per preservare l’unità della Chiesa e non introdurre nuove lacerazioni.

Non meno problematica è l’elezione di padre Li Jianlin nella diocesi di Xinxiang che per le autorità cinesi è vacante, ma dove in realtà un vescovo (sotterraneo) c’è, il 67enne Joseph Zhang Weizhu, ordinato clandestinamente nel 1991 e più volte arrestato anche in anni molto recenti per il semplice fatto di svolgere il suo ministero. E anche in questo caso il candidato unico scelto come vescovo è un fedelissimo del Partito: nel 2018, infatti, Li Jianlin era tra i firmatari della circolare con cui nella provincia dell’Henan si formalizzava il divieto di ingresso ai minori nelle chiese per le Messe. «Nell’Henan», diceva la circolare, «è vietato organizzare attività di qualsiasi forma per l’educazione o la formazione religiosa dei minori. Si invitano i fedeli che vanno a Messa a lasciare i propri bambini in custodia ad altri per non portare i bambini con sé in chiesa. Si tratta di una “linea rossa”».

L’Accordo, il cui contenuto non è stato reso noto, tra Santa Sede e Cina è stato siglato per la prima volta nel 2018, poi rinnovato nel 2020 per due anni, nel 2022 per altri due e nel 2024 per altri quattro ancora. Nell’ottica del Vaticano l’accordo serve per dare nuovi pastori alla Chiesa cinese (ad oggi ci sarebbe bisogno di almeno 30 nuovi vescovi) e riconciliare i due rami della Chiesa, quella ufficiale, sottoposta al controllo del governo, e quella non ufficiale (sotterranea), considerata illegale da Pechino.

Dal 2018, per esercitare il ministero, sacerdoti e vescovi devono sottoscrivere l’adesione all’Associazione patriottica (che controlla la Chiesa); aderire alla politica socialista del Partito; sostenere il Partito comunista e la sua leadership; rifiutare l’evangelizzazione dei giovani al di sotto dei 18 anni; esercitare la missione solo all’interno dei luoghi registrati col governo.

«Se dovessimo abbozzare un bilancio sull’impegno di papa Francesco verso la Cina», ha scritto su Tempi padre Bernardo Cervellera, missionario del PIME ora ad Hong Kong, «dovremmo dire che al presente la Chiesa cinese ha molta meno libertà ed è sottoposta a un maggiore controllo; ma l’accordo ha frenato una valanga di nomine episcopali illecite (40!) che a partire dal 1980 il ministero degli Affari religiosi aveva promesso».

Una cosa è certa: sulla scrivania del prossimo Papa il rapporto con la Cina sarà uno dei dossier aperti, dall’Accordo in vigore alle due ultime “nomine” effettuate dopo la morte di Francesco.





Dal sito Famiglia Cristiana

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