Il Papa arriva nel cuore dell’Europa, in quel Lussemburgo che, primo tra i Paesi del Continente per Pil procapite, vanta anche una accoglienza senza precedenti. Il 47 per cento dei suoi abitanti, infatti, non è autoctono. A questa che è tra le sei nazioni fondatrici dell’Unione, Francesco, al suo 46esimo viaggio internazionale, ricorda il dramma delle guerre mondiali e il ruolo di questa terra che, «a motivo della sua particolare posizione geografica, sul confine di differenti aree linguistiche e culturali», si è trovata a essere «al crocevia delle più rilevanti vicende storiche europee. Per ben due volte, nella prima metà del secolo scorso, ha dovuto subire l’invasione e la privazione della libertà e dell’indipendenza», sottolinea il Pontefice. Ma proprio per questo, «ammaestrato dalla sua storia, la storia maestra di vita, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, il vostro Paese si è distinto nell’impegno per la costruzione di un’Europa unita e solidale, nella quale ogni Paese, piccolo o grande che fosse, avesse il suo proprio ruolo, lasciando finalmente alle spalle le divisioni, i contrasti e le guerre, causate da nazionalismi esasperati e da ideologie perniciose, le ideologie sempre sono un pericolo».
E se, quando prevalgono gli scontri e le violenze, chi si trova al confine delle potenze che si fronteggiano viene coinvolto suo malgrado, è anche vero che, quando «invece gli spiriti finalmente ritrovano vie di saggezza, e alla contrapposizione sostituiscono la cooperazione, allora questi stessi luoghi diventano i più adatti a indicare, non solo simbolicamente, le esigenze di una nuova epoca di pace e di strade da percorrere». Così è stato per il Lussemburgo e per la sua capitale, che, a poco più di 200 chilometri da Bruxelles, al Nord, e ad altrettanti chilometri da Strasburgo al Sud, si trova a essere una delle tre capitali europee e sede di numerose istituzioni tra le quali la Corte di Giustizia dell’Unione, la Corte dei Conti e la Banca degli Investimenti.
Questo si fa sempre con la apce, non dimentichiamo che la guerra sempre è una sconfitta. è triste che oggi in un Paese dell’Europa gli investimenti che danno più profitto sono quelli in costruzioni di armi, dice Francesco. E intanto ricorda che il Lussemburgo ha sviluppato una «solida struttura democratica» che «ha a cuore la dignità della persona umana e la difesa delle sue libertà fondamentali». Pur essendo un Paese piccolo per dimensioni territoriali e numero di abitanti (674mila in tutto), il Lussemburgo svolge un ruolo importante sul piano internazionale ed è diventato un centro nevralgico a livello economico e finanziario. Un esempio di inclusione e sviluppo resi possibili da un lavoro «paziente di costruzione di istituzioni e leggi sagge, le quali, disciplinando la vita dei cittadini secondo criteri di equità e nel rispetto dello stato di diritto, pongono al centro la persona e il bene comune, prevenendo e contrastando i pericoli di discriminazione e di esclusione. Il Lusssemburgo è un Paese dalla porte aperte e ha una bella testimonianza di integrazione e di non esclusione».
Pensando ai 170 Paesi diversi da cui proviene larga fetta degli abitanti, Francesco auspica che l’esempio del Lussemburgo e la sua «volontà di solidarietà unisca sempre più le comunità nazionali» e che «sia di aiuto e di esempio» per altri Paesi d’Europa e del mondo, «nell’indicare il cammino da intraprendere per accogliere e integrare migranti e rifugiati. Inoltre rinnova «l’appello affinché si instaurino relazioni solidali tra i popoli, in modo che tutti possano diventare partecipi e protagonisti di un ordinato progetto di sviluppo integrale».
Parlando alle autorità del Paese il Pontefice ricorda gli insegnamenti della Dottrina sociale della Chiesa e le caratteristiche che deve avere lo sviluppo. In particolare si sofferma su due di esse: «la cura del creato e la fraternità». Infatti, dice il Papa, lo sviluppo, «per essere autentico e integrale, non deve saccheggiare e degradare la nostra casa comune, la natura e non deve lasciare ai margini popoli o gruppi sociali. La ricchezza – non dimentichiamolo – è una responsabilità. Pertanto chiedo che sia sempre vigile l’attenzione a non trascurare le Nazioni più svantaggiate, anzi, che esse siano aiutate a risollevarsi dalle loro condizioni di impoverimento». Solo così può diminuire il numero di coloro che sono costretti a emigrare «spesso in condizioni disumane e pericolose».
Francesco torna a parlare della guerra e del riemergere «anche nel continente europeo, di fratture e di inimicizie che, invece di risolversi sulla base della reciproca buona volontà, delle trattative e del lavoro diplomatico, sfociano in aperte ostilità, con il loro seguito di distruzione e di morte. Sembra proprio che il cuore umano non sappia sempre custodire la memoria e che periodicamente si smarrisca e torni a percorrere le tragiche vie della guerra. Siamo smemorati in questo. E per sanare questa pericolosa sclerosi, che fa ammalare gravemente le Nazioni e rischia di gettarle in avventure dai costi umani immensi, rinnovando inutili stragi, occorre alzare lo sguardo verso l’alto, occorre che il vivere quotidianamente dei popoli e dei loro governanti sia animato da alti e profondi valori spirituali. E questi valori saranno quelli che impediranno l’impazzimento della ragione e l’irresponsabile ritorno a compiere i medesimi errori dei tempi passati, aggravati per giunta dalla maggiore potenza tecnica di cui l’essere umano ora si avvale. Vi è un impellente bisogno che quanti sono investiti di autorità si impegnino con costanza e pazienza in oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace».
Il Lussemburgo, proprio per la sua storia, «può mostrare a tutti i vantaggi della pace rispetto agli orrori della guerra, dell’integrazione e promozione dei migranti rispetto alla loro segregazione, e su questo vi dò tante grazie per questo spirito di accoglienza dei migranti, i benefici della cooperazione tra le Nazioni a fronte delle nefaste conseguenze dell’indurimento delle posizioni e del perseguimento egoistico e miope o addirittura violento dei propri interessi. Mi permetto di aggiungere una cosa. Ho visto la percentuale di nascite. Per favore più bambini, più bambini. Non dico più bambini e meno cagnolini, questo lo dico in Italia. A voi dico più bambini».
E, infine, riprendendo il motto scelto per questo viaggio, «Pour servir, “Per servire”» spiega che «esso si riferisce direttamente ed eminentemente alla missione della Chiesa, che Cristo, Signore fattosi servo, ha inviato nel mondo come il Padre aveva inviato Lui. Ma permettetemi di ricordarvi che questo, il servire, è anche per ognuno di voi il più alto titolo di nobiltà, è per voi anche il compito principale, lo stile da assumere ogni giorno».