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Il futuro della Chiesa? Lo Spirito soffia verso Oriente

Proveniva dal continente più cattolico del mondo, quanto a numeri, ma ha mostrato una spiccata predilezione per quello dove i seguaci di Gesù sono un piccolo gregge. Papa Bergoglio – che di sé disse di venire «quasi dalla fine del mondo» – per tutta la vita ha coltivato un sogno impossibile: visitare la Cina, la terra che il grande gesuita Matteo Ricci definì «fine del mondo». Da giovane, è noto, Bergoglio nutriva il vivo desiderio di farsi missionario e, sulle orme di Francesco Saverio, evangelizzare il Giappone. Poi le cose sono andate diversamente, ma nel profondo del cuore del Papa argentino l’anelito per la missione e la passione per l’Asia sono rimaste intatte.

I numerosi e significativi viaggi compiuti da papa Francesco nel vicino e nel lontano Oriente (Emirati Arabi Uniti, Bangladesh, Myanmar, Thailandia, Giappone, Filippine, Corea del Sud e Indonesia, solo per ricordare i principali) si collocano nella scia dell’intuizione di Giovanni Paolo II che in “Alzatevi, andiamo” scriveva: «L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio». Con le sue scelte profetiche, specie nella nomina dei cardinali provenienti dalle “periferie”, Papa Bergoglio ha educato la Chiesa ad allargare lo sguardo a 360 gradi, a considerare le “Chiese sorelle” dell’Asia – numericamente poco consistenti, ma vivaci quanto alla testimonianza di fede – non meno importanti di quelle di antica tradizione.

Ebbene. Oggi, come ha osservato AsiaNews, per la prima volta nella storia siede in conclave più di un cardinale asiatico davvero papabile. È forse tempo, quindi, che conosciamo meglio il contributo delle Chiese asiatiche alla vita della cattolicità globale. Sulla base delle esperienze condotte in numerosi viaggi in Oriente nell’arco di vari anni, mi pare siano almeno quattro le perle preziose che le Chiese di quelle latitudini portano in dono alla Chiesa universale.

In primo luogo, la capacità di testimoniare la fede in contesti politici delicati, dove cioè la libertà religiosa non è garantita o lo è solo parzialmente. Penso al Myanmar, al Vietnam e in particolare alla Cina. Ancora oggi vivere il Vangelo a quelle latitudini può assumere le forme della pesante discriminazione o, perfino, del martirio, seppur in misura minore del passato. E il martirio, scriveva Francesco nella bolla di indizione del Giubileo, rappresenta la forma di testimonianza più convincente della speranza cristiana.

Una seconda dimensione è l’incontro/scontro costante con la diversità etnica, culturale e religiosa. La presenza in Oriente delle più antiche tradizioni religiose, alle quali tuttora aderiscono miliardi di persone, costringe inevitabilmente quanti professano la loro fede in Cristo a misurarsi con donne e uomini che anelano al Mistero per altre vie e chiamano Dio con nomi differenti. Tutto ciò educa i cristiani al dialogo, al confronto rispettoso con l’altro: un tesoro particolarmente prezioso oggi, in tempi di globalizzazione, in cui sempre più il “diverso” lo abbiamo in casa.

Ancora. L’Asia è Tokyo, Shanghai, Giacarta, Manila, Dhaka, Mumbai… Metropoli con decine di milioni di abitanti, motori di trasformazioni potentissime sotto vari aspetti. Dal 2009 a oggi la metà della popolazione mondiale abita in contesto urbano: un trend che va progressivamente accentuandosi. Vivere in una megalopoli significa percepire sulla propria pelle una molteplicità di problemi sociali che si intrecciano e sperimentare le innumerevoli forme che assume quella che papa Francesco denunciava come la “cultura dello scarto”. Anche questo talento è qualcosa che la Chiesa asiatica condivide con le altre “sorelle” del resto del mondo.

Infine. Da comunità cristiane quali quelle coreane, birmane, indonesiane, di Hong Kong e altre, riceviamo la testimonianza di un fervore missionario (anche fuori dai propri confini nazionali) inversamente proporzionale alla consistenza numerica dei fedeli che le compongono. Un messaggio squisitamente evangelico, secondo il quale, per usare parole di Bergoglio, «nessuno è così povero da non avere qualcosa da donare».

Al di là che nei prossimi giorni venga o meno eletto un Papa che viene da Oriente, i nuovi scenari ecclesiali (sintetizzati efficacemente dall’inedito conclave 2025) sembrano in ogni caso confermare la verità di quanto papa Francesco ha confidato in due occasioni al cardinale Luis Antonio Gokim Tagle, già arcivescovo di Manila: «Il futuro della Chiesa è in Asia».

 

nella foto, il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila





Dal sito Famiglia Cristiana

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