Abbiamo assistito a un Giorgetti bifronte, simbolo perfetto delle contraddizioni della politica italiana. Da un lato, sul prato polveroso di Pontida, indossa la solita polo verde e declama con tono acceso i successi dei decreti sicurezza. “Abbiamo ridotto i flussi migratori, garantito maggiore sicurezza ai cittadini”, proclama, e la folla plaude, assetata di rassicurazioni e nemici da combattere. È il rito annuale dell’identità leghista, un copione consumato che si ripete senza variazioni significative, una sorta di liturgia laica per consolidare il consenso.
Ma poi, tolta la divisa da combattente padano, Giorgetti entra in Parlamento con l’abito grigio del ministro dell’Economia. Qui la musica cambia radicalmente. L’Aula della Camera approva con 183 voti a favore la risoluzione di maggioranza sul Piano strutturale di bilancio, respingendo le proposte delle opposizioni. Giorgetti prende la parola e ammette, con toni quasi rassegnati: “Stiamo diventando una società signorile di massa, in cui il Pil pro capite cresce, ma quello aggregato no. Perdiamo 300-400 mila italiani ogni anno, non possiamo immaginare una crescita al 3, 4 o 5%”.
È una confessione amara che mette il dito nella piaga della decrescita demografica, ma che ignora volutamente le responsabilità politiche. Perché mentre si lamenta del calo della popolazione, la stessa maggioranza continua a ostacolare politiche migratorie razionali e a trascurare seri interventi a sostegno delle famiglie. È un gioco delle parti dove le soluzioni strutturali vengono sacrificate sull’altare del consenso immediato.
Giorgetti si vanta di aver abbassato lo spread di 100 punti base, quasi a voler indossare i panni di un novello Draghi. Ma dimentica che senza una visione a lungo termine, senza investimenti sulle nuove generazioni e senza l’apporto dei migranti, l’Italia è destinata a un inesorabile declino. È il paradosso di una classe dirigente che da un lato alimenta paure e chiusure, e dall’altro si stupisce delle conseguenze economiche e sociali di tali scelte.
In questa schizofrenia politica, il paese rimane impantanato, incapace di affrontare le sfide reali. E mentre Giorgetti cambia abito a seconda del palco, l’Italia continua a perdere pezzi, invecchia, si impoverisce. Ma forse, a ben vedere, è proprio questa l’immagine più fedele della nostra classe politica: attenta alle apparenze, sorda alle urgenze, prigioniera delle proprie contraddizioni.