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I bambini americani abbandonati nel mondo virtuale. E qui da noi?

Ah, l’America! Tutto pare crearsi là, nel bene e nel peggio. E forse stiamo imparando a non prendere per buono e per nuovo ogni atteggiamento, vizio o moda che in America nasce, prospera, si crepa e si distrugge, proprio quando noi iniziamo appena ad abituarci.

Secondo un recente report, il 40% dei bambini americani di due anni ha un tablet, uno su quattro un cellulare personale a otto anni. Ma soprattutto, un bimbo sta due ore e mezzo al giorno da solo davanti allo schermo digitale. A guardare i cartoni animati, fiabe, storie di animali, si dirà. Affatto: sta appiccicato ai videogiochi o alle clip di TikTok.

Poiché i ragazzini vanno all’asilo o a scuola, in tenera età, e finiscono l’orario regolare a metà pomeriggio, signica che il loro tempo libero – escluse cena doccia nanna – è vissuto in solitudine, deprivato di movimento, di relazioni, di gioco vero, di creatività.

Significa che i piccoli schermi fanno da babysitter, che i genitori non ci sono, o sono assenti. Nel nostro mondo dominato da sociologia e psicologia spicciola, esaltate da una comunicazione superficiale e ansiogena, la reazione a queste evidenze è lo stato d’allarme, «l’urgenza di fornire orientamenti, politiche e strumenti pensati per arginare il fenomeno». Ma perché mai agitarsi tanto, se la soggezione a certi media è pilotata con una pubblicità martellante? Se il marketing anticipa e sollecita non solo i desideri, ma crea bisogni e dipendenze? Se passa per contagio la legge del “così fan tutti” che condiziona e costringe anche i più riluttanti? Perché agitarsi tanto se i nostri bambini vengono tra sformati in utenti senza neppure accorgersene? Qualcuno ci scampi dagli “orientamenti”: convegni, trattati, tutorial. Chiacchiere.

Attenzione anche alle politiche, lente nell’applicazione e invasive della libertà: il proibizionismo non ha mai funzionato coi grandi, figurarsi coi piccoli. Un’ulteriore spinta semmai alla trasgressione o alla depressione.

Basterebbe diffondere i dati, scriverli sulle bacheche degli istituti scolastici, sportivi, parrocchiali: «Non lasciate i bambini in balìa di smartphone e tablet». Basterebbe un po’ di riprovazione sociale: «Che peccato, quel bambino per non annoiarsi sta al tablet, invitalo a stare con noi!». Basterebbe la buona volontà, per distrarre i bambini in altri modi antichi e nuovi. Non è affatto impossibile: prendete un adulto con una palla o seduto a raccontare una storia e i piccoli accorreranno stupiti e coinvolti. Certo, ci vogliono adulti: papà e mamme con orari di lavoro decenti, alleanze educative con spazi aperti per esercitarle, lo sprone a un volontariato preparato, non occasionale.

Basterebbe far spegnere smartphone e tablet ai genitori, convincerli a comprare libri e biciclette. E smetterla con quell’adagio cui ci siamo a dati: «Non conta la quantità del tempo coi propri figli, conta la qualità». Mica vero, conta anche la durata, la tenuta, la partecipazione convinta e appassionata.

I nostri figli forse non diventeranno Elon Musk e non sarà un gran male. Perché Make America Great Again non funzionerà, con piccoli cloni maniacali e soli. E a proposito: stiamo copiandola bene, questa America.

(Foto in alto: Reuters)





Dal sito Famiglia Cristiana

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