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Giovanni Paolo II, il papa che ha spalancato le porte a Cristo

Vent’anni fa Giovanni Paolo II consumava la sua lotta, accanto a Dio, davanti alla morte. Così faremo tutti, ma nel suo stare abbracciato alla croce traspariva la certezza della Risurrezione. Piangevamo, in piazza San Pietro, sotto la finestra flebilmente illuminata, come e più che all’addio di un padre. Ma forti della sua forza, resi certi dalla sua fede: della sua santità, del futuro della Chiesa.

Per tanti, allora giovanissimi, Giovanni Paolo II era il vecchio e malato che non si vergognava di mostrarsi debole, di farsi asciugare la saliva dalle labbra dal suo assistente, di sbattere la mano sul leggio, impotente a proferire la sua benedizione al popolo commosso. Ma per tanti è stato anche il Papa della giovinezza, della gioia, del coraggio. Così potente la sua voce, così sereno il suo sguardo, sapiente la sua intelligenza, temprata da una vita di dolore e di scelte.

Sempre con Cristo dalla parte della verità e della giustizia. Accanto ai lavoratori di Solidarnosc, per abbattere i muri della cortina di ferro. Per tener dritta la barra della dottrina. Un grande scrittore, Javier Cercas, in un recente suo libro si lancia in questo giudizio sul «conservatorismo di Giovanni Paolo II che ha mescolato la difesa della cristianità tradizionale con la connivenza e il sostegno a ideologie politiche reazionarie». Che miopia. Il Papa più rivoluzionario del Novecento. Che ha difeso la cristianità perché non si è vergognato di Cristo. Perché difendere la dottrina della Chiesa non significa essere reazionari. Chiedere ai preti di deporre le armi non significa essere reazionari. Chiedere ai cristiani di non confondere la Chiesa con una Ong non significa essere reazionari.

Che tristezza di sguardo se ci siamo ridotti a parlare così di Giovanni Paolo II, contrapponendolo ai Papi successivi, cioè il suo più caro amico e quello che l’ha reso santo. La Chiesa ci dona in ogni cambiamento d’epoca l’uomo giusto al posto giusto, che lo sappiamo riconoscere o no. Alcuni suoi eletti sono giusti per ogni tempo e per questo li innalza agli altari. Ma il Papa non è un leader politico, da tirare per l’abito bianco a seconda del nostro interesse. Sicuramente ha un ruolo politico, essendo un leader morale capace di far ascoltare al mondo la sua voce. Ma per i credenti è il successore di Pietro, come Pietro forse peccatore, a tratti confuso, ma capace di inchinarsi davanti del Signore e dirgli «ti voglio bene, più di tutti».

Giovanni Paolo II ci ha rincuorato, ci ha spinto a non essere timorosi del mondo, a non rinchiuderci in sacrestia, a non far prevalere le nostre abitudini. Un tornado, che ha spazzato via l’immagine di una Chiesa paludata e polverosa, incapace di rispondere alle sfide del tempo. Non è mai stato così, ma il suo grido accorato e saldo, all’inizio del pontificato, è stato la luce verde del nostro cammino: «Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo… Cristo sa cosa c’è dentro il cuore dell’uomo. Solo lui lo sa». E nel nostro cuore c’è il desiderio di bene, bello, vero, giusto. Cioè di Gesù. In questo tempo di nuove laceranti cortine, di governanti intimiditi o rassegnati, di cristiani divisi, il suo appello risuona con più attualità e forza. Coraggio, Dio c’è e basta dappertutto. Damose da fa.

 (foto Giancarlo Giuliani/PSP)





Dal sito Famiglia Cristiana

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