Giornata dell’aiuto umanitario, tributo a chi opera per migliorare il mondo

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Indetta dalle Nazioni Unite, la ricorrenza celebra gli operatori umanitari ma anche le comunità che si pongono al servizio di chi è in difficoltà. L’esempio Mozambico, dove la Comunità di Sant’Egidio è presente dagli anni ’80. Maria Chiara Turrini: si seguono le tre P di Papa Francesco, preghiera, poveri e pace

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Serve un villaggio per crescere un bambino, così come serve un villaggio per aiutare le persone nel mezzo di una crisi umanitaria. L’Onu sceglie un proverbio africano come metafora per spiegare, come scrive nel messaggio, che “quando e dove le persone sono in difficoltà, ci sono altri che le aiutano”. Tra loro vi sono le stesse persone colpite, “sempre le prime ad attivarsi quando si verifica una tragedia”, vi è la comunità internazionale, che si fa carico non solo della ripresa ma anche della ricostruzione, e ci sono poi le centinaia di migliaia di singoli operatori umanitari che siano volontari o professionisti. A tutti loro è dedicata l’odierna Giornata umanitaria mondiale, istituita dall’Onu nel 2008, che si celebra ogni 19 agosto per ricordare le 22 vittime, nel 2003, di un attentato dinamitardo al Canal Hotel di Baghdad, quartiere generale delle Nazioni Unite. Tra i morti anche Sergio Vieira de Mello, rappresentante speciale in Iraq dell’allora segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. 

La parte migliore dell’umanità

La Giornata 2022 accende i riflettori sull’impegno umanitario di chi fornisce assistenza sanitaria e istruzione, cibo e acqua, rifugio e protezione, aiuto e speranza, “lontano dai riflettori, senza finire sulle prime pagine dei giornali”, scrive ancora l’Onu, mettendo a rischio la propria vita, perché il mondo possa migliorare. Lo scorso anno, 140 operatori umanitari sono rimasti uccisi, 203 feriti e117 rapiti. In testa alla lista dei Paesi per violenza, sempre nel 2021, si trovano Sud Sudan, Afghanistan e Siria. Nel 2022 si dovrà purtroppo tenere conto della guerra in Ucraina, che farà salire di molto il calcolo delle vittime. Il numero di chi, ad oggi, ha bisogno di assistenza umanitaria è altissimo, a causa dei conflitti, dei cambiamenti climatici, della pandemia da Covid, di povertà, fame e flussi migratori. Il 67% della popolazione del mondo, pari a 20,7milioni, ha bisogno di assistenza umanitaria, di questi 12,1 milioni sono in condizioni di bisogno acuto, ed è lo Yemen a rappresentare la più grande crisi umanitaria al mondo. Tenendo conto di tutti questi fattori, le Nazioni Unite celebrano oggi gli operatori umanitari, coloro che “rappresentano la parte migliore dell’umanità”. 

Il Mozambico e la Comunità di Sant’Egidio

“I vicini si aiutano l’uno con l’altro”, è convinzione dell’Onu, a dimostrarlo, tra i tanti esempi, c’è quello di Sant’Egidio, dal 1980 presente, tra i tanti Paesi, in Mozambico, con circa 130 comunità locali sparse in tutte le province, dal nord al sud del paese, anche nei piccoli villaggi, comunità che seguono le “tre P di Papa Francesco: preghiera poveri e pace”, spiega Maria Chiara Turrini, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Mozambico, raggiunta da Vatican News a Maputo.  “A colpire è che siano anche comunità povere, con poche risorse, a mobilitarsi per aiutare chi è ancora più povero, chi non ha una casa, chi è abbandonato o è in carcere”, il che insegna che “non c’è nessuno così povero che non possa aiutare un altro”. Sant’Egidio è presente in Mozambico dall’inizio degli anni 80. È nel 1984 che arriva nel Paese con un cargo carico di aiuti umanitari, spinta dall’appello dell’allora vescovo di Beira (Jaime Pedro Goncalves ndr). Fondamentale l’impegno nel processo di pace nel Paese, la cui firma avvenne esattamente trent’anni fa, il 4 nell’ottobre del 1992, a Roma, nella sede della Comunità. Oggi, l’aiuto umanitario di Sant’Egidio va dal supporto ai bambini di strada a quello scolastico, dall’aiuto agli anziani, spesso emarginati a causa di superstizioni, all’impegno nelle carceri, passando per il programma Dream per la cura gratuita dell’aids, che oggi è un programma che comprende anche malattie non trasmissibili, e per il  programma Bravo, per l’iscrizione anagrafica dei bambini “che chiaramente è molto umanitario perché dà un’identità a dei bimbi che altrimenti non esisterebbero”.

Ascolta l’intervista con Maria Chiara Turrini

La forza dell’essere comunità

Il Mozambico oggi, spiega ancora Turrini, vive la sfida di “uno sviluppo più equo e più giusto”, è un Paese vittima dei cambiamenti climatici, come nel 2019 quando il cicline Idai provocò circa mille morti e danni gravissimi ed è agitato nel nord-est, a Cabo Delgado da una guerriglia di matrice islamista che ha creato quasi un milione di sfollati interni, “il che chiaramente richiede uno sforzo umanitario enorme, perché sono persone, un grandissimo numero di persone, che in poco tempo si sono ritrovate senza niente”. Ed ecco quindi la vera sfida, è la conclusione: quella di trarre forza dall’essere comunità e dall’essere insieme “per poter rispondere alle difficoltà e per poter integrare chi è più emarginato”.



Da vaticannews.va

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