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Gerolamo Fazzini: «Leone XIV, un Papa missionario che parla al mondo»

Stasera, poco dopo le 18, è finalmente fumata bianca. Nel giorno in cui si festeggia la Madonna del Rosario. Quando il cardinale protodiacono appare dalla Loggia centrale della basilica di San Pietro accende la piazza: “Annuntio vobis gaudium magnum; habemus papam”. È cambiato il panorama del mondo: Il cardinale americano, agostiniano, Robert Francis Prevost è ufficialmente il 267° Papa della storia della Chiesa, il Papa di un miliardo e quattrocento milioni di cattolici.
Ne parliamo a caldo con il giornalista Gerolamo Fazzini, esperto di temi religiosi e internazionali e profondo conoscitore del mondo missionario, già direttore di “Mondo e Missione”, mensile del Pime.

Diverse le correnti nel Conclave più numeroso ed eterogeneo della storia, con cardinali elettori da settanta Paesi, e temi divisivi. Si aspettava l’elezione già oggi?

Si e no. Da un lato è presto, ma dall’altro è positivo un accordo in poco tempo perché significa che, anche se ci fossero divisioni, queste sono abbastanza risolte. È un segno di unità del collegio dei cardinali.  Sembrava una chiesa lacerata tra progressisti e conservatori, ma nei fatti non è così. Ed è arrivato un nome pronosticato da pochissimi: lo Spirito Santo ci ha spiazzati.

“Siamo fratelli tutti”: questa elezione è sintomatica di una Chiesa sempre più globale?

Sì, è il primo Papa nordamericano, ma ha fatto il missionario per vent’anni in Perù. Mi ha colpito il fatto che pur essendo anglosassone ha salutato in italiano e in spagnolo, non ha voluto fare “l’americano”, perdonatemi la battuta, ma il Papa, usando la lingua dei Papi, di Roma, insieme al latino, e la sua da missionario. In questo preciso momento storico non ha voluto identificarsi con l’America.

Il nuovo pontefice quale messaggio vuole trasmettere ai fedeli nel mondo e, soprattutto, sarà nel segno della continuità con papa Francesco?

Sì, ha fatto riferimento esplicito a lui più volte, e non era scontato. È un Papa che avanzerà per il bene della Chiesa. Ha scandito la parola “pace”, significativa in un mondo in guerra del suo ruolo nel dialogo. Sarà una Chiesa che costruisce ponti, missionaria, con le braccia aperte verso tutti. Una Chiesa sinodale, che cammina e vicina a chi soffre. Mi ha colpito l’Ave Maria finale, in continuità con papa Francesco.

La scelta del nome Leone XIV cosa rappresenta?

Leone XIII aveva scritto la “Rerum Novarum”, grande enciclica sociale alla fine dell’Ottocento. Dopo la seconda rivoluzione industriale il mondo conosceva una svolta economica molto importante. Mi viene da pensare che anche lui sarà attento e vicino alle tante “rerum novarum” della società contemporanea, le cosiddette sfide globali: dall’intelligenza artificiale agli scenari geopolitici mondiali. Il suo passato missionario lo avvicina alle questioni sociali che sfidano la fede e che il cristianesimo in qualche modo deve farsi carico.

Acceso è il dibattito giornalistico se in questa fase storica serva più un papa politico o un papa che dia linfa spirituale al mondo…

Chi ha fatto il missionario per tanti anni ha una grandissima sensibilità verso i poveri, che ha conosciuto di persona, ha scelto la vocazione che più esprime la volontà di annunciare la fede, vocazione che assomiglia a quella degli apostoli. È un Papa né diplomatico né politico, ma molto missionario. In questo senso c’è una continuità con papa Francesco, che da giovane voleva fare il missionario, non in America Latina, la sua terra natale, ma in Asia, fuori dal suo continente, scelta che ha fatto Prevost andando ad annunciare il Vangelo fuori dai suoi confini, dalla sua confort zone.

Suggestivo il riferimento a Sant’Agostino…

“Con voi sono cristiano e per voi vescovo” è una frase che fa riflettere, è come dire che viene prima il fatto di condividere con tutti la fede da battezzato che mettersi al servizio della Chiesa come pastore. Non si è posto come colui che comanda, ma come cristiano in mezzo a noi.

 

 





Dal sito Famiglia Cristiana

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