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Francesco: i Paesi collaborino per combattere le mafie e riutilizzarne i beni



Nel messaggio ai partecipanti al convegno sul tema organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il Papa sottolinea che il crimine organizzato “attenta al bene comune”: “Il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possono essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Per la comunità internazionale è una delle sfide più importanti la lotta alla criminalità organizzata, che minaccia la sicurezza di ogni Paese e la stabilità economica mondiale, per questo “gli Stati, attraverso le loro istituzioni, non solo devono indagare” e giudicarla ma “anche collaborare tra loro per identificare i suoi beni e recuperarli”, e questo per “rendere impossibile la prosecuzione” degli illeciti. È quanto scrive Papa Francesco nel messaggio ai partecipanti al convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, che si svolge oggi e domani, 19 e 20 settembre, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, sottolineando che “dinanzi alla ferita che implica per la società la criminalità organizzata transnazionale”, deve esserci “la volontà politica di affrontare un problema mondiale con una reazione mondiale”, come ha indicato nella Convenzione Onu di Palermo del Duemila l’allora segretario generale Kofi Annan.

Non dimenticare le vittime

“La criminalità organizzata, che si profila come un gruppo strutturato che si stabilizza nel tempo e agisce in modo congiunto per commettere reati” per avere dei benefici materiali o economici, e che avendo “carattere transazionale, abbraccia tutti i grandi traffici”, in pratica “attenta al bene comune”, a discapito di “milioni di uomini e donne che hanno diritto a vivere la propria vita e a crescere i propri figli con dignità e liberi dalla fame e dal timore della violenza, dell’oppressione o dell’ingiustizia”. Inoltre approfitta delle persone socialmente emarginate che sono particolarmente vulnerabili alle sue attività. E per questo, per il Pontefice, “non è possibile né tollerabile dimenticare queste vittime” ed è solo tenendole presenti che “si può comprendere il danno provocato dalla criminalità organizzata”, valutando in che modo avere riguardo agli aspetti essenziali nel risolvere conflitti e trovare soluzioni pacifiche.

Il modello italiano sull’utilizzo dei proventi del crimine

“Il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possono essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune” scrive Francesco, che raccomanda pure che i beni sequestrati alla criminalità organizzata vengano destinati “alla riparazione e alla ricostruzione del bene comune”, definito dalla Costituzione conciliare Gaudium et spes “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione”.

Recuperare il bene di tutti

Insistendo sull’indispensabilità di “un approccio integrato di lotta contro la criminalità” e sul rafforzamento della cooperazione internazionale, il Papa, invita, inoltre “a incentrare i colloqui di questi giorni sull’urgenza di recuperare il bene di tutte le persone”, perché “tutti contano” e nessuno deve essere scartato, e perché prevalga “il progetto comune, al servizio della dignità umana”. Infine, Francesco incoraggia i partecipanti al convegno a condividere le loro esperienze e a riflettere, “senza perdere di vista le vittime e la comunità” e a orientarsi all’azione “intendendo il diritto e la giustizia come una pratica che ha come scopo la costruzione di un mondo migliore”.



Dal sito Vatican News

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