Nel 1990, intervistai Adriana Valerio, per la rubrica “Al femminile” che la rivista Jesus dedicava alle donne. Da allora ho sempre seguito la sua attività di docente di Storia del cristianesimo e delle Chiese all’Università Federico II di Napoli. Napoletana, 72 anni, sposata, due figli e una nipotina, una vita, la sua, dedicata alla famiglia e alla ricerca storica e teologica sulla realtà femminile: «È per passione che mi sono accostata alla teologia», ci confida, «ed è sempre per passione che continuo a restituire memoria storica alle donne». È stata anche presidente della Società Europea delle donne per la ricerca teologica e della Fondazione Valerio per la storia delle donne; tra le fondatrici del Coordinamento delle teologhe italiane, dirige il progetto internazionale e interconfessionale “La Bibbia e le donne”.
Da pochi giorni è stato pubblicato il suo ultimo libro “Le radici del mondo. Eva, le donne e la Bibbia” (Mondadori, (2025), in cui condivide il frutto di oltre quarant’anni di lavoro proponendo «una rilettura delle figure femminili della Bibbia che supera le interpretazioni tradizionali. Andando oltre la semplice lettura del testo, smaschera i pregiudizi storici e indaga il complesso rapporto tra il sacro e le questioni di genere, con particolare riferimento alla reinterpretazione». La docente si sente interpellata e orienta la sua ricerca all’interno della Chiesa «per andare alla radice dei motivi profondi che avevano determinato invisibilità, marginalità e discriminazione della donna nel mondo cristiano». La lettura di questo libro, fa riscoprire che «anche la storia del cristianesimo è, come tutte le esperienze umane, una storia di genere, un intreccio di rapporti complessi in cui i codici del maschile e femminile interagiscono, si intersecano e si delineano nel dispiegarsi di una vita di compartecipazioni entro spazi di mutuo scambio e arricchimento, in un variegato panorama di sensibilità e di approcci interpretativi». Diversi i libri di Adriana Valerio che testimoniano questa attenzione, ne accenniamo alcuni: “Donne e chiesa. Una storia di genere” (Carocci editore, 2016); Madri del Concilio. Ventitré donne al Concilio Vaticano II (Carocci editore, 2012). Eretiche. Donne che riflettono, osano, resistono (il Mulino, 2022). Il sottotitolo è “Eva, le donne e la Bibbia”.
Proprio Eva, perché?
«Perché la prima donna è un archetipo dalle mille sfaccettature e dai tanti significati, molti ancora da esplorare: una rappresentazione simbolica dell’umano alla ricerca di una propria autonomia. È l’archetipo della nostra esperienza il cui racconto non offre risposte ma domande, non chiude nel passato, ma apre al futuro, e la forza evocativa della sua figura invita a pensare alle ambiguità della vita e all’enigma dei rapporti umani».
Significa che la Bibbia, la sua interpretazione, ha influenzato alle radici la storia delle donne in occidente?
«La Bibbia è stata usata per definire l’identità maschile e femminile e per circoscrivere i ruoli secondo modelli gerarchici e maschili. L’inferiorità femminile è stata giustificata, per esempio, facendo ricorso ad alcuni brani tratti dalla Sacra Scrittura. La pericope «le donne tacciano in assemblea» (1 Cor 14,34) ha offerto il fianco per escludere le donne da tutti quegli ambiti che richiedono una parola pubblica autorevole (magistratura, politica, predicazione). L’espressione «la donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alla donna di insegnare né di dominare sull’uomo» (1 Tim 2,11-12) ha legittimato la supremazia maschile nella famiglia, nella società e nella comunità ecclesiale».
Questo rientra nel peccato di Eva?
«Con la sua trasgressione (Gen 3) al comando divino ha fatto addirittura entrare la morte nel mondo secondo una radicata e secolare tradizione che ha interpretato quel mito come un avvenimento storico e pensato che fosse realmente esistita una prima donna colpevole dei mali dell’umanità. Per questo, ci chiediamo se la Bibbia, redatta in epoche antiche, pre – moderne e patriarcali, possa dire qualcosa di nuovo a noi che viviamo in un mondo di tecnologie e di scienze e, in particolare, se possa comunicare oggi un messaggio positivo alle donne sempre più desiderose di affermare la propria dignità e libertà».
Questo libro comprende dodici capitoli, ognuno dei quali parte da un versetto biblico relativo al mito delle origini che ci parla di Eva (Gen 1-2) e viene commentato alla luce di altri passi della Scrittura indicando alcune ricadute che l’interpretazione di quei brani ha avuto sulla storia delle donne.
«I temi che emergono non appartengono al passato e non sono confinati a curiosità storico-accademiche, perché interrogano profondamente l’attualità. L’essere in relazione, il generare vita, la cura del creato, l’impegno per la pace, l’essere stranieri, l’esercizio del dubbio, il dolore della maternità e tanto altro ancora emergono dai testi, aprendo nuove prospettive, così da far riscoprire le capacità che le donne hanno avuto nell’assumersi la responsabilità delle scelte, nell’esercitare la libertà, nel saper reggere il peso dei figli, nel custodire la vita e progettare un’umanità pacificata e rispettosa della terra tutta».
Quindi simbolicamente, Eva con la sua scelta ha messo in movimento la storia.
«Consentendo all’umanità di entrare nel tempo, di riconoscere la propria parzialità nella relazione e di assumersi la responsabilità della vita e della cura del mondo; ha indicato che Eden non è nel passato remoto, ma è davanti a noi, come luogo di consapevolezza e felicità da raggiungere. In tal senso il mito parla di un futuro inedito che va atteso e costruito, e, per questo motivo, non consola ma scuote, perché ci richiama nel profondo del nostro essere: alle radici del mondo e della nostra storia».