Ieri mattina a Santa Marta l’incontro riservato di alcuni preti che hanno subito in passato violenze da parte di altri sacerdoti. Don Mathias: soffro ancora oggi, il Santo Padre ci è molto vicino. Don Liudger: Francesco ci ha incoraggiato a rendere feconde le nostre ferite aiutando le persone abusate
Salvatore Cernuzio e Mario Galgano – Città del Vaticano
Da 45 anni don Mathias Wuensche vive un dilemma interiore: la vocazione profonda a servire la Chiesa e la ferita per l’abuso subito all’interno di quella stessa Chiesa, quando ancora era minorenne, da parte di un sacerdote. Cosa che comunque non gli ha impedito di seguire successivamente la chiamata a diventare lui stesso sacerdote. Una storia che don Mathias condivide con altri preti e che, insieme a loro, ha presentato ieri, martedì 25 giugno, a Papa Francesco in un incontro privato a Casa Santa Marta.
Non farsi rubare la dignità
“Sono un sacerdote di 63 anni e un prete ha abusato di me 45 anni fa. Soffro ancora oggi”, racconta don Mathias, della Diocesi di Bamberg, a Radio Vaticana – Vatican News. “Il Santo Padre ci ha detto che questo è il volto brutto della Chiesa. Io sono sempre lo stesso, oggi sono sacerdote e questo è un grande dilemma per me”, spiega, sottolineando la grande vicinanza mostrata dal Papa: “Il Santo Padre era molto consapevole, questa è una consolazione”. “Noi – aggiunge don Mathias – abbiamo come abusati una dignità che non vogliamo dimenticare, anche il Papa lo ha ripetuto a noi con forza”.
Invisibili…
“Come sacerdoti che hanno subito abusi, ci troviamo in una situazione difficile nella Chiesa. Idealmente dovremmo essere invisibili perché ricordiamo costantemente questo problema”, fa eco don Liudger Gottschlich, dell’arcidiocesi di Paderborn, anch’egli vittima di abusi da parte di un prete quando aveva 11 anni, oggi impegnato nella pastorale per le persone che hanno subito violenze. In Germania, racconta, tante persone lasciano la Chiesa a causa di questo problema.
Il pellegrinaggio in bici da Monaco a Roma nel 2023
Alcuni di questi sacerdoti avevano già incontrato il Papa a maggio dello scorso anno, quando, con un gruppo di una quindicina di persone, anche anziani e giovani, hanno preso parte ad un “pellegrinaggio” in bicicletta partito da Monaco di Baviera e terminato a Roma, con la partecipazione all’udienza generale del mercoledì in Piazza San Pietro. Una iniziativa, sostenuta dall’Arcidiocesi di Monaco e Frisinga, volta a chiedere un maggiore impegno contro gli abusi sessuali, affinché la Chiesa sia “un luogo sicuro” per tutti. Obiettivo ribadito in una lettera che il gruppo aveva consegnato al termine dell’udienza al Papa.
Incontro familiare
L’incontro di ieri con Francesco, racconta ancora Gottschlich, è avvenuto in un “clima speciale” fatto di vicinanza e sincerità. “Questa conversazione con il Papa è stata diversa… molto intima, molto familiare. Lo abbiamo trovato molto incoraggiante e rafforzante”.
Pastorale di vicinanza alle vittime
Papa Francesco, raccontano i sacerdoti, ha incoraggiato il lavoro con le persone colpite: “Ci ha fortemente incoraggiato a rendere feconde le nostre ferite per il lavoro pastorale e a cercare, per quanto possibile, di avere un effetto risanatore. Ci ha incoraggiato moltissimo in questo. Allo stesso tempo, questo incontro ha dimostrato ancora una volta che non bisogna tacere, ma mantenere vivo questo tema nella Chiesa”.
Don Mathias, don Liudger e gli altri si sentono di lanciare un appello: “Non avere paura di avvicinarsi alle persone vittime di abusi. Penso che questo sia il problema più grande, che le persone che si aprono e dicono di aver subito abusi scatenano ansia. Come gestire questa cosa? Cosa fare?”. Il rischio è di ferire di nuovo le vittime che finiscono per sentirsi ancora più “sole e abbandonate”. Invece è importante chiedere: “Di cosa hai bisogno?”.