«Essere un seme di speranza, un seme piccolo, un seme circondato dal buio, ma un seme che porta frutto». Il cardinale Pietro Parolin, nell’inaugurazione del nuovo santuario dedicato al Battesimo di Gesù, a al-Maghtas, in Giordania, riprende le parole del Papa per esortare i cristiani a «non lasciarsi vincere dalle gravi difficoltà di questo momento», e per spronarli a continuare ad avere «fiducia che Dio governa la storia degli uomini, anche se questa porta i segni della violenza, del peccato e della morte». Nella sua omelia il segretario di Stato ha ricordato che «i cristiani possono dare il loro contributo alla pacificazione del Medio Oriente» e «a una società giusta e pacifica». Il Segretario di Stato vaticano, delegato dal Papa a presiedere questo evento cui ha partecipato anche il cardinale Pier Battista Pizzaballa, patriarca dei latini di Gerusalemme, ha parlato anche del conflitto tra Israele e Palestina: «Vorrei anche volgere lo sguardo al di là del Giordano, chiedendo che tacciano le armi, che si liberino prigionieri ed ostaggi, che sia garantito il diritto umanitario, che il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli. Non deve essere la violenza a determinare il nostro futuro», ha dichiarato. E ancora, ha sottolineato che la sua presenza «qui oggi, anche per volontà del Papa, vuol essere un segno tangibile della vicinanza di tutta la Chiesa alle comunità cristiane del Medio Oriente. Questa presenza si è espressa in molti modi in questi ultimi mesi, mesi dolorosi e di guerra, soprattutto attraverso le parole di Papa Francesco». Dalle rive del Giordano, «da questo luogo, il più basso della terra, da questa Terra benedetta in cui sentiamo tutta la sofferenza dei conflitti e della disumanità e del peccato, da questo luogo in cui tuttavia si è aperto il cielo, chiediamo al cielo il dono della pace, quella vera, che nasce nei cuori e si diffonde in tutto il tessuto sociale», ha poi concluso consacrando «questa Chiesa, che diventa ufficialmente un luogo di culto. Con essa offriamo a Dio i nostri cuori, la nostra vita, affinché nel Medio Oriente regni la pace».