Covid-19: un anno di pandemia, un anno in prima linea

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Nel marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarava lo stato di pandemia globale a causa della diffusione del coronavirus. Varie le fasi che sono state attraversate in dodici mesi e che hanno impegnato oltremodo le strutture sanitarie

Giancarlo La Vella – Città del Vaticano

Dall’incredulità alla drammatica certezza di essere potenzialmente a rischio di contagio, non per una semplice influenza, ma per un virus, il Covid-19, che in 12 mesi in tutto il mondo ha fatto registrare circa 118 milioni di casi, oltre 2 milioni e 600 mila decessi, ma anche 67 milioni di guarigioni, secondo i dati che riguardano 200 Paesi. 

A guidare la classifica sono gli Stati Uniti, con quasi 30 milioni di casi e oltre 529 mila morti. Un anno fa l’OMS, oltre ogni legittimo dubbio sul coronavirus, dichiarava la pandemia globale. Oggi, in piena seconda fase e forze alle soglie di un ulteriore aggravamento della situazione, oltre alle misure di prevenzione, è il vaccino la via d’uscita principale dalla pandemia. Nonostante le lentezze e la difficoltà nel procurarsi le dosi, bene o male, sia pure a macchia di leopardo, tutti i Paesi hanno iniziato a vaccinare. Dall’avvio della campagna, più di 326 milioni di dosi sono state somministrate: in testa Israele, ma anche Stati Uniti e Regno Unito sono a buon punto. Anche i Paesi più poveri e vulnerabili, soprattutto in Africa, grazie al programma Covax, promosso dall’OMS col supporto dell’Unicef, hanno cominciato le vaccinazioni.

Gestire l’emergenza in emergenza

In questo anno di pandemia inizialmente l’emergenza è ricaduta soprattutto sugli ospedali civili, che hanno fatto di tutto per fronteggiare l’aumento dei ricoveri, ampliando le terapie intensive e aumentando i turni di lavoro del personale medico in una corsa in cui nessuno si è risparmiato. E il settore sanitario ha purtroppo pagato un forte tributo di vite umane. Solo in Italia sono 332 i medici che hanno perso la vita, bilancio simile per gli infermieri. Agli operatori sanitari più di una volta è andata la gratitudine di Papa Francesco, che ha sottolineato “l’esempio di tanti nostri fratelli e sorelle che hanno messo a repentaglio la propria vita fino a perderla”. 

Inizia il secondo anno di pandemia

Mascherina, lavaggio mani, distanziamento sociale e, quando possibile, vaccino. Rimangono queste le misure, identificate come le più efficaci, per prevenire il coronavirus. In particolare è il vaccino l’arma preferenziale per fare fronte al contagio e soprattutto al rischio di una nuova ondata di infezioni. Di prodotti ormai ce ne sono diversi nel mondo: nomi fino a poco tempo fa sconosciuti ai più e ora diventati decisamente familiari. L’Unione Europea sta puntando su Pfizer-BioNTech (prodotto da una sinergia tra Stati Uniti e Germania), Moderna, AstraZeneca, Johnson&Johnson. Questi quelli sinora approvati o in via di approvazione da parte dell’Agenzia Europea del Farmaco. Israele, che è a buon punto nelle vaccinazioni, ha puntato sullo Pfizer. In America Latina Brasile è Argentina utilizzano rispettivamente il vaccino cinese Sinovac e quello russo Sputnik V. Anche Turchia, Emirati Arabi Uniti ed Egitto si sono rivolti alla produzione cinese. Globalmente l’obiettivo è raggiungere almeno l’80% della popolazione mondiale vaccinata. Solo così si potrà arrivare alla cosiddetta ‘immunità di gregge’. 



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