È l’apoteosi di quel che Elisabetta II confidò una volta alla sua biografa americana Sally Bedell Smith: «Devo essere vista per essere creduta». Una convinzione onorata in vita e che ha raggiunto il suo apice in morte. Su Londra sono puntati gli occhi di quattro miliardi e mezzo di telespettatori collegati da ogni angolo del globo. Una marea umana ha invaso Hyde Park per seguire il rito sui maxischermi dopo quattro giorni e quattro notti di omaggio ininterrotto nella camera ardente. Quasi due milioni di londinesi sono assiepati lungo il tragitto che il feretro della sovrana compie verso il castello di Windsor, il luogo della sepoltura. Sono stati aperti anche i cinema per permettere agli inglesi di seguire il rito sul maxischermo che le Tv britanniche rilanciano a reti unificate.
I grandi del mondo sono (quasi) tutti nell’Abbazia di Westminster. Tra questi il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e la first lady Jill, il capo dello Stato Sergio Mattarella accompagnato dalla figlia Laura, il presidente francese Emmanuel Macron e la moglie Brigitte e quello tedesco Frank-Walter Steinmeier, il re Felipe VI e la regina Letizia di Spagna, i reali di Norvegia, Svezia, Danimarca e Monaco, l’imperatore giapponese Naruhito e l’imperatrice Masako, i leader dei paesi del Commonwealth. In rappresentanza di papa Francesco, c’è il “ministro degli esteri” della Santa Sede, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher. E poi, i dignitari reali, gli ex premier britannici, da Tony Blair a Boris Johnson, i capi delle confessioni religiose.
Funerale sontuoso. Senza singhiozzi e senza lacrime ma di commozione diffusa. Nessuno è straziato, nessuno è estraneo. Perché lei è stata tutti loro e tutti in lei si sono riconosciuti. Il ritorno del sempre uguale, l’illusione dell’eternità, il dovere fatto persona, il tocco glamour anche.
La campana del Big Ben – dove, in segno di lutto, hanno messo un cuscinetto di pelle per attutire i colpi – batte novantasei rintocchi, tanti quanti gli anni di vita della Regina. Era dal 1760, dai funerali del re Giorgio II, che all’abbazia di Westminster non si celebravano i funerali di un sovrano regnante. Gli ultimi – dopo giorni di polemiche furibonde in cui la connessione sentimentale tra la corona e il popolo britannico rischiò di andare in tilt – furono quelli di Lady Diana nel 1997 e poi, nel 2002, le esequie della Regina Madre, morta a 101 anni.
È stata Elisabetta a scegliere questa chiesa perché per lei aveva un significato affettivo particolare: qui nel 1947 fu unita in matrimonio con il principe Filippo quando ancora era principessa ereditaria (inaugurando quella che sarebbe stata un’unione durata 73 anni) e qui fu incoronata solennemente regina nel giugno del 1953, poco più di un anno dopo essere salita sul trono dove è rimasta per settant’anni.
Il feretro della Regina Elisabetta – avvolto nella bandiera della Union Jack con un cuscino di fiori di campo scelti appositamente dalla sovrana e raccolti nelle residenze reali di Buckingham Palace, Clarence House e Highgrove e i simboli della monarchia, il globo, la corona e lo scettro – è adagiato su un affusto di cannone e incede lento e solenne tra gli onori militari e il suono commovente delle cornamuse. Non ci sono gli amatissimi cavalli a trainarlo perché non è previsto dal protocollo delle esequie di Stato. Uno dei paggetti che sorregge il feretro ha una smorfia di commozione. Edoardo non riesce a trattenere le lacrime che asciuga con un fazzoletto bianco, dettaglio poco british e che poco s’intona con il rigidissimo protocollo.
Re Carlo III e gli altri Windsor, i figli Anna, Edoardo e Andrea, seguiti da William e Harry (quest’ultimo senza uniforme militare come lo zio Andra), seguono il feretro. Al corteo in chiesa si uniscono anche i principini George e Charlotte, 6 e 4 anni.
Quando Elisabetta II entra a Westminster per l’ultima volta tutti si alzano in piedi e molti chinano il capo. Nel rito anglicano questa processione non è l’esaltazione del regno della sovrana ma una “consegna” simbolica della sua vita e del suo potere nelle mani di Dio, il cui regno – come ricorda la Bibbia e la fede cristiana – non avrà mai fine. Si leggono alcuni passi della Scrittura. Paolo a Timoteo: «Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portare via. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto». La speranza di Giobbe: «Io so che il mio Redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non più da straniero». Un passo del Vangelo di Giovanni: «Io sono la risurrezione e la vita, chiunque vive e crede in me non morirà in eterno».
A presiedere la liturgia è il reverendo David Hoyle, rettore dell’abbazia, mentre il sermone funebre è affidato all’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, primate della Chiesa d’Inghilterra di cui la Regina è stata capo nei settant’anni di regno. «Con gratitudine lodiamo Dio per il suo costante esempio di fede e devozione cristiana», scandisce Hoyle all’inizio, «con ammirazione ricordiamo il suo senso del dovere e la sua dedizione al suo popolo. Con gratitudine lodiamo Dio per il suo costante esempio di fede e devozione cristiana. Con affetto ricordiamo il suo amore per la famiglia e il suo impegno per le cause che le stavano a cuore».
Una lacrima scende dal volto di Carlo III. La Royal family è in prima fila ai lati del feretro. Accanto al Re, la regina consorte Camilla, sobria nella sua mise scura: un abito nero con ricami applicati seguendo la linea dello scollo a v, corredato da un cappellino con veletta. Sull’altro lato sono seduti i principi di Galles: William e Kate con i figli George e Charlotte. Il primo siede fra il papà e la mamma: composto, indossa un completino scuro e la cravatta. La sorellina Charlotte ha un cappello a falde rigide decorato da un fiocco dello stesso colore, i capelli sciolti sulle spalle e un cappottino che arriva alle ginocchia, abbottonato fino al colletto in velluto. Rispettosa e quasi immobile anche lei in prima fila, era entrata in abbazia con grazia e con la compostezza dettate dalla circostanza. Kate Middleton con un cappello a falde larghe e un collier di perle a più fili. Cappello a falde larghe anche per Meghan Markle, la moglie del principe Harry, che indossa un abito a mantella.
L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, nel sermone ricorda la fedeltà della sovrana: «Al suo ventunesimo compleanno, la regina Elisabetta II, promise di servire il Paese e il Commonwealth, raramente una promessa è stata meglio mantenuta. Era gioiosa. Presente a tanti, e ha toccato tantissime vite». Welby ricorda il «We’ll Meet Again» («Ci incontreremo di nuovo») che la sovrana indirizzò nel 2020 in un messaggio ai sudditi nel pieno del lockdown per la pandemia di Covid, ribadendolo ora in nome della fede nella vita eterna promessa da Gesù. «Pochi leader ricevono l’amore che abbiamo visto», dice Welby. Alle 12.57, al termine del rito funebre, gli squilli di tromba (The Last post) annunciano i due minuti di silenzio per la sovrana che vengono osservati nel Regno Unito, nei Paesi del Commonwealth e in tutto il mondo.
Molti inglesi, fuori, chiudono gli occhi. Si fermano anche i conduttori delle TV inglesi, listate a lutto, a cominciare dalla BBC.
Per l’ultima volta viene intonato l’inno che i sudditi britannici hanno cantato per settant’anni: God save the Queen. Il re in carica, Carlo, da protocollo non può cantare, ma ha il volto rosso di commozione.