Carlo e il disgelo con Diana poco prima della sua morte

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Nell’ultima esternazione della principessa Diana, la lunga intervista rilasciata ad Annick Cojean di Le Monde e pubblicata dall’autorevole quotidiano parigino, il 27 agosto 1997, quattro giorni prima della tragedia dell’Alma, a differenza che in quella televisiva a Panorama del 1995, non vi è più traccia dell’astio o del rancore verso il marito Carlo, che anzi non viene neppure nominato.

Forse è esagerato ipotizzare che Diana covasse il sogno di ricongiungersi con lui, e che questo desiderio potesse anche essere condiviso dal principe di Galles, come sostiene, con un certo piglio, Tina Brown nelle sue Diana Chronicles. Ma è indubbio che mai, dal loro crack coniugale in poi, i rapporti tra i due erano stati sereni, come nel periodo che precedette la morte della principessa. Ha riferito la sensitiva ed esperta in medicina naturale Simone Simmons: «Dalla fine del 1996 Diana e Carlo erano diventati davvero buoni amici e lui era solito bussare alla sua porta per prendere un té insieme, di tanto in tanto. Entrambi erano maturati e avevano in comune alcuni grandi interessi come le questioni ambientali».

La convinzione della Brown su un possibile ritorno di fiamma si basa su un commento che il principe di Galles affidò a Mark Bolland, il suo consulente numero uno per la comunicazione degli anni ‘90, quando ancora, quella notte tra il 30 e il 31 agosto, si sperava che Lady D sarebbe riuscita a sopravvivere all’incidente, forse con qualche grave menomazione: «Ho sempre pensato che Diana sarebbe ritornata da me, aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lei».

Ha spiegato la Brown: «La struggente tenerezza di questo commento rivela la complessità dei sentimenti di Carlo. Per il principe poteva costituire una sorta di riscatto se la sua ex moglie fosse tornata da lui in una condizione di dipendenza».

Il giorno del compleanno dell’ex consorte, a luglio, Carlo si era presentato a sorpresa a Kensington Palace. «Sei venuto a vedere i tuoi mobili?», aveva chiesto la principessa, sulla difensiva. «No, sono venuto a farti gli auguri», rispose Carlo che si fermò a lungo nel salotto privato della ex moglie. Chiacchierarono e risero. Aggiunge la Brown: «La persona che mi ha raccontato questo fatto mi ha confidato di aver pensato, quel giorno, che in fondo quel matrimonio avrebbe potuto essere altro, un rapporto complice, un amore maturo».

Quando, nel dicembre 1996, morì Laurens van der Post, un mentore per Carlo, che, fra l’altro, aveva iniziato entrambi alla ricerca sul paranormale e l’aldilà, Diana gli aveva scritto un’affettuosa lettera di condoglianze: «So quello che si prova quando si perde qualcuno cui si è fortemente legati». E il principe aveva subito richiamato per ringraziarla della sua comprensione. Chiosa, quindi la giornalista e scrittrice: «Nessuno può dire come si sarebbe comportato Carlo nei confronti di Camilla, se il potere ammaliatore di Diana e la sua indipendenza fossero stati limitati da una menomazione fisica o mentale. La sua linea era sempre stata che Camilla non fosse “negoziabile” ma non c’è dubbio che se Diana fosse tornata a casa con gravi lesioni, Carlo avrebbe fatto qualunque cosa par la sua guarigione».

Le questioni ambientali tirate in ballo dalla Simmons comunque non erano il solo interesse in comune tra loro. Tutte e due erano affascinati dal dialogo interconfessionale e ritenevano indispensabili gli scambi tra le varie religioni per l’armonia nel mondo. Era per questo che Diana, teneva sul comodino anche una copia del Corano, particolare riferito dalla stessa sensitiva, e non perché meditasse di abbracciare la confessione del suo ultimo compagno.

Incontrai il principe Carlo nell’aprile 2001, durante un’iniziativa, “Painting & Patronage” della Prince Khalid Foundation a Riyad, la fondazione d’arte creata dal fratello del sovrano d’Arabia, convinto che anche la pittura potesse avvicinare l’Oriente e l’Occidente. C’erano altri reali all’evento: Simeone di Sassonia Coburgo Gotha, allora premier di Bulgaria, Carlo e Camilla di Borbone, Duarte e Isabel di Braganza, Emanuele Filiberto di Savoia. Il principe di Galles manifestò la piena disponibilità a progetti congiunti con la fondazione che porta il suo nome a Londra. Durante la visita a una mostra di opere arabe, i curatori accennarono a un artista morto precocemente. Carlo, con occhio malinconico, scandì: «Non si sa mai quanto tempo ci riservi la vita». Forse alludeva anche all’ex moglie Diana. Lo pensai subito, ma come avrei potuto chiedergli.





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