Il presidente della Conferenza episcopale siciliana ha presieduto oggi, 4 ottobre, la Messa per la festa del Patrono d’Italia, e ha rappresentato i vescovi della Sicilia che insieme alla Regione Siciliana hanno offerto l’olio per la lampada che arde perennemente davanti alla tomba del Poverello. Serve un risanamento nel profondo delle radici, ha affermato, il presule, sorgente dei valori sono il perdono e la riconciliazione, l’umiltà e la mitezza
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Vogliamo seguire le orme di San Francesco che “con sicurezza ci rendono veri discepoli” di Cristo, “venuti dalla Sicilia, siamo una porzione di italiani che cerca in questo frate del Medioevo un sicuro orientamento per il proprio cammino lungo una strada che appare piena di insidie”. È quanto ha detto stamani, nella Basilica di San Francesco, ad Assisi, nella Messa presieduta in occasione della memoria liturgica del Patrono d’Italia, monsignor Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza episcopale siciliana. Proprio i vescovi della Sicilia, insieme alla Regione Siciliana, hanno donato quest’anno l’olio per la lampada votiva la lampada che arde perpetuamente davanti alla tomba del Poverello. L’offerta dell’olio è una tradizione che ogni anno vede protagonista una regione italiana per esprimere il legame con il messaggio francescano. “L’olio che portiamo in dono raffigura noi stessi perché esprime il nostro desiderio di rimanere vicini a lui nelle sue spoglie mortali, qui custodite – ha sottolineato monsignor Raspanti -, per attingere alla sua ispirazione spirituale, conservata dai Frati, e non smarrire la giusta direzione”.
Raggiungere la sorgente dei valori
Nella sua omelia, il presidente della Conferenza episcopale siciliana ha indicato San Francesco come “eccellente testimone e profeta che indica la sicura via della pace”, aggiungendo che oggi “non riusciamo nell’odierna convivenza sociale ad accogliere il migrante, a frenare la violenza, a curare i deboli e i poveri, a respingere il malaffare” perché non si raggiunge “la sorgente dei valori, cioè il perdono e la riconciliazione, l’umiltà e la mitezza”. “Se il risanamento non accade nel profondo delle radici – ha sottolineato – non vedremo mai i frutti dell’albero”.
Nel ricordo del “San Francesco dei palermitani”
Ad accendere la lampada votiva di San Francesco è stato il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla in rappresentanza di tutti i sindaci dei Comuni d’Italia. Il primo cittadino del capoluogo siciliano ha evidenziato che l’offerta dell’olio “cade in concomitanza con l’anno Rosaliano, durante il quale Palermo festeggia il quarto centenario del ritrovamento delle spoglie di Santa Rosalia”, il cui percorso “ricorda simbolicamente quello di San Francesco, anima pura e generosa guida” per Biagio Conte, che, scomparso prematuramente lo scorso anno, “ha dedicato la sua vita ai poveri e agli indigenti” ed è “ritenuto da tutti il San Francesco dei palermitani, per la sua capacità di donare amore e speranza oltre ogni difficoltà”.
La pace è frutto del perdono
Da parte sua, Davide Rondoni, presidente del comitato per le celebrazioni dell’ottavo centenario della morte del Patrono d’Italia, ha rimarcato che il Poverello “continua a chiederci perdono e pace”, da qui l’idea di sollecitare il Governo “perché chiami, magari ad Assisi o a Roma, in nome di San Francesco, i contendenti del mondo”. Rondoni ha sottolineato, infine, che “il perdono è la qualità della nostra libertà” e che “senza perdono ci si fa la guerra. San Francesco chiede la pace come frutto massimo del perdono”.